venerdì 16 ottobre 2015

PERCHÉ NON Ml SONO FATTO SVIZZERO

Farmi svizzero non è una tentazione contro cui abbia lottato una vita, anzi da sempre la considero un traguardo gratificante. In effetti sentirsi cittadini di due mondi o addirittura del mondo intero potrebbe darti la sensazione di uscire da quello angusto e provinciale in cui sei nato. So che molti connazionali per motivi professionali e familiari oggi cercano il doppio passaporto per piantar su una bottega o per rimanere a piacimento in questo ambiente dove stanno crescendo figli e nipoti. Ma io ho e difendo le mie ragioni per non farlo.
Anzitutto non è il motivo della burocrazia che mi trattiene dal diventare cittadino svizzero. Certo bisogna andarsi a cercare in Comune carte e formulari, riempirli, sottoscriverli, inviarli al Cantone, quindi attendere l'esame del Consiglio Comunale, rispedirli al Cantone ed infine alla Confederazione di Berna per il nulla osta. Un tirocinio di 18-20 mesi, ma non sarebbe poi la fine del mondo. Non è nemmeno il motivo finanziario che mi trattiene. Siamo tutti al corrente dei diversi dibattiti fra le associazioni italiane e nella stampa di emigrazione, dove si reclama la cittadinanza svizzera gratuitamente. Al sottoscritto, stato civile celibe, stipendio medio, per una eventuale naturalizzazione verrebbe richiesta la cifra di Fr. 5.000 circa: una mensilità. Insomma non si finirebbe in miseria.  
Non è nemmeno il motivo della buona condotta. E noto che per divenire cittadino elvetico bisogna chiedere all'Ufficio Federale di Polizia un estratto del proprio casellario giudiziario. Ma anche qui, almeno suppongo, non vedrei grossi intoppi, in quanto banche non ne ho mai assaltate, galera mai vista se non per entrarci a visitare i carcerati. Non è nemmeno il motivo linguistico. In effetti per quanto nei miei diversi decenni di Svizzera abbia vissuto sempre con e per i connazionali, le tre lingue ufficiali di questa seconda patria non mi sarebbero del tutto straniere: l'italiano perché io imparai sui banchi della scuola primaria e superiore, il francese perché ho dovuto trasferirmi un certo tempo anche in quel Cantone, e il tedesco perché da tempo mi trovo in questo territorio. E il mio tedesco non dovrebbe nemmeno essere così malvagio se dopo Messa con predica qualche anziana signora del luogo ti viene a dire: '"Kompliment, Herr Michelin, Sermon supper", addirittura con la doppia p, quando ne basterebbe una soltanto. E poi all'esame linguistico per la naturalizzazione, importante che tu, evitando troppi gesti di mano, sappia cavartela con "gruezi ... e ... wiederluege!". Non è nemmeno il motivo dell'integrazione storica in questo popolo. Dopo 3 anni passati a Rorschach (S.Gallo), 3 a Ginevra, 10 a Basilea, 10 a Uster, oltre il doppio ad Affoltern della Svizzera ormai dovrei conoscere il sottosuolo (vulcanico, dolomitico, calcareo, arenario, fluviale ecc.), la preistoria e la storia (Celti, Romani, Goti, Visigoti, Ostrogoti, Longobardi, Carolingi, Asburgici, Guglielmo Tell, e il resto roba dei nostri giorni). All'unica domanda un po' complicata per ottenere il passaporto elvetico e concernente il periodo di origine della Confederazione importante saper rispondere che essa è sorta dopo la morte di Adamo e tu diventi abile e arruolato. Non è nemmeno il problema politico e il diritto di voto. Anzi al contrario questo sarebbe una ragione importante per la doppia cittadinanza. Voce che conta nell'amministrazione, nonché nella chiesa. Ricordo che quando a Uster (ZH) già nel 75 indicevo pubbliche iniziative per il diritto di voto nelle amministrazioni di Chiesa il presidente della Circoscrizione mi rampognò: "se vuoi campare tutti questi diritti fatti svizzero e iscriviti al partito socialista", magari senza sapere che io questo partito l'avevo già scavalcato a sinistra. Il motivo invece per cui non mi sono fatto e non mi farò svizzero (chiedo scusa) è un altro. Quello umano della solidarietà o se vogliamo del Vangelo. Cioè, io "debbo" o sono invitato a rispettare e collaborare con gli Svizzeri non perché sono dei "miei", o possiedo lo stesso pezzo di carta, ma perché sono "diversi" e hanno la mia stessa dignità. E loro "devono" rispettare me non perché sono dei "loro", o possiedo lo stampiglio della Confederazione, ma perché sono "diverso" e ho pari dignità.
E qui ci viene in soccorso Paolo ai Galati, letto e riletto nelle Feste dei popoli d'inizio novembre nelle nostre chiese: "Non c'è più né giudeo, né greco, né schiavo, né libero, né uomo né donna, perché siete tutti uno in Cristo". Non voglio fare il devozionale e usare e abusare del Vangelo per evadere dai doveri e dai diritti della vita civica. Cito questo brano perché convinto possa costituire ai credenti fondamento, costanza, speranza per nuovi rapporti fra le diverse etnie ed i popoli tutti, siano essi ospitanti o ospiti, svizzeri o italiani.

Autore:
Albino Michelin
27.11.1999

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