venerdì 16 ottobre 2015

BEATI I COSTRUTTORI DI GIUSTIZIA

In Italia tutti si lamentano che Giustizia e Magistratura siano poco credibili in quanto manipolati da pressioni politiche e da interessi di parte. Può darsi che il giudizio corrisponda a verità se consideriamo il fatto che spesso dai tribunali e dalle Corti di Cassazione giudici, pubblici ministeri, inquisitori risultano più ladri degli inquisiti stessi. E sembra non si tratti solo di casi sporadici, ma di una vera metastasi. Lungo sarebbe qui esaminare le cause, fra cui certo non va dimenticata e sottaciuta anche certa educazione religiosa troppo individualista, basata sulla salvezza dell'anima propria con messa, sacramenti e indulgenze appropriate a scapito un po' del coinvolgimento sociale, legalità, solidarietà. Per cui l'urgenza di salvare la propria pelle di là e anche di qua ha contribuito a sottovalutare la pelle altrui. Di qui lo stile tutto mediterraneo che di fronte alle autorità importante è farla franca, non farsi beccare. È in questo contesto che va inserito il caso Andreotti, non tanto per dare un giudizio sul suo operato, quanto sulle reazioni della gente al Giudizio del Tribunale, su quelle del mondo ex DC e di qualche settore cattolico. La cronaca la conosciamo tutti. Il 30 aprile 1999 il Pubblico Ministero di Perugia chiede 18 anni di condanna per Giulio Andreotti, ex capo del Governo, imputato di associazione mafiosa e l'ergastolo per l'uccisione (20.3.97) del giornalista Mino Pecorelli, in quanto in possesso di documenti segreti sull'uccisione di Aldo Moro. Chiaro che qui si tratta di una richiesta di condanna e non di un verdetto definitivo del Tribunale. Inoltre tale richiesta pare si basi su indizi, non su prove concrete. E cento indizi non costituiscono una prova che sia una. In effetti principio base della Carta Costituzionale è la presunzione di innocenza per tutti i cittadini. Da augurarsi perciò venga affermata la sua estraneità ad ogni accusa: venga assolto perché innocente e non per pressioni esterne all'indirizzo dei magistrati. Non sembra però che le nostre reazioni di fronte al caso aiutino molto alla bonifica della nostra già tanto malata Giustizia italiana. Cito uno fra i tanti, l'articolo di fondo apparso nel Corriere di Como del 6.5.99 con interventi di Maggiolini, Vescovo di quella città. Ovvio che in quanto vescovo e nell'esercizio delle funzioni del suo Magistero va rispettato. Ma in quanto uomo, giornalista, che interviene pubblicamente sulla stampa con le sue esternazioni, può aspettarsi anche esternazioni diverse. Siamo sull'opinabile. Andreotti ingiustamente perseguitato dalla Magistratura e dagli avversari politici di un tempo. Ritiene il suo intervento una doverosa riabilitazione di un uomo che per l'Italia ha fatto e dato tutto. Scrive infatti: "Il Papa ricevendolo personalmente in Piazza S. Pietro in occasione della beatificazione di Padre Pio (2 maggio, tre giorni dopo la richiesta di condanna del Tribunale, N.d.R.) non ha fatto altro che interpretare il senso comune di gran parte della gente ... Tocca al Papa, continua Maggiolini criticando i giudici, interpretare il sentire popolare contro le richieste del Pubblico Ministero che ha perso il principio di realtà in preda ad un delirio di onnipotenza".
L’impressione che molti da questo intervento possono trarre, è che qui si pretenda di ritornare alle regole della monarchia assoluta, quella secondo cui il politico (in primis quello cattolico) è sciolto da ogni legge. È un fronte trasversale, il partito dell'impunità, per cui si vorrebbe trasformare a priori in vittime personaggi eccellenti che noi pretendiamo debbano sottrarsi alla Giustizia. A ciò magari si mettono in moto televisioni, pubbliche manifestazioni e amenità varie onde ridurre la Magistratura alla sudditanza psicologica. È in questa linea che l'autore dell'intervento su citato aggiunge: "sono convinto che se potesse votare Andreotti per il Quirinale la gente lo eleggerebbe, non fosse altro perché lo considera un perseguitato! Ma il sommo della difesa all'imputato e della lezione al pubblico Ministero sta in quest'altra espressione: "Non si possono mettere insieme la messa quotidiana del mattino e per tutta la vita con gli omicidi". Ma ci si può domandare: come la mettiamo allora con la parabola di Gesù "Il fariseo e il pubblicano?" (Luca. 18.9-14). Qui si avrebbe una chiara e saggia risposta. Troppi bacia banchi e baroni di sagrestia lungo la storia hanno seminato stragi di innocenti. Certo c’è da augurarsi che questo non sia il caso del nostro. In secondo luogo: né da parte laica né da quella cattolica si dovrebbe sfruttare una benedizione del Papa a scopi pubblicitari o per secondi fini. Andreotti è un credente (peccatore poco o tanto come tutti), di conseguenza può benissimo chiedere la benedizione del Rappresentante della sua confessione religiosa, come lenimento alle sue sofferenze interiori. Direi che ha avuto anche fortuna e forse in ragione anche alla sua figura politica e al suo blasone. Fortuna che purtroppo non tutti i sofferenti hanno avuto. Pensiamo alle madri di Piazza del Primo Maggio durante la dittatura argentina, cui non è riuscito di incontrare il Papa per ricevere sostegno e conforto. Pensiamo alle madri dei ragazzi uccisi dai contras nel Nicaragua 1983 cui non fu data l'occasione di baciare la mano del Papa e con lui pregare per i loro figli. L'On. Andreotti ha avuto questa fortuna, beato lui, ma non lasciamoci suggestionare, né vogliamo considerarla un'assoluzione polemica. Né interpretarla come intuizione divina di questo Sommo Pontefice che, novello gigante politico sulla scena mondiale alla stregua di Gregorio VII, l'Ildebrando fa piazza pulita di tutti i nostri nanerottoli della Magistratura e della Politica italiana scavalcandoli e sostituendosi alle istituzioni dello Stato. Che questo sia l'anelito di qualche nostalgico DC, parlamentare, militante, membro del clero o meno, si può capire. Ma che questa sia l'intenzione di Papa Wojtyla o dell'alta gerarchia della chiesa ci rifiutiamo di pensarlo. Perché allora al delirio di onnipotenza dei magistrati, di cui parla il Vescovo Maggiolini, se ne sostituirebbe un altro molto peggiore: quello della prepotenza proveniente da altra sponda. E se questo fosse il clima, i giudici del Tribunale Andreotti dovrebbero avere una scorza da elefante per pronunciare un verdetto oggettivo diverso da quello assolutorio. Con la conseguenza che lo Stato perderebbe la sua laicità. Magistratura e Giustizia soffrirebbero di asfissia, il loro risanamento sognerebbe pesanti battute d'arresto, convivenza e pace continuerebbero a poggiare su di un futuro precario a rischio. "Beati i costruttori di pace" proclama Gesù nel discorso della montagna. Senza però dimenticare che la pace è frutto di Giustizia.

Autore:
Albino Michelin
30.06.1999 

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