Mercoledì
sera 17 aprile 1991 verso le ore 23, Antonio Maso di anni 52 e la moglie Maria
Rosa Tessari di anni 48, ritornavano dalla Parrocchia del proprio paese,
Montecchia di Crosara (Verona), dopo un incontro sulla bibbia. Appartenevano ad
una famiglia di buona tradizione religiosa ed avevano 3 figli, ritenuti in
paese bravi ragazzi, Nadia 27 anni sposata, Laura 26, Pietro 19. Entrati in
cucina i due genitori sono stati massacrati a colpi di spranga sulla testa.
Morti in qualche istante in un lago di sangue. Ad organizzare la brutale
eliminazione è stato il figlio Pietro, con altri 3 complici del paese: Paolo
Cavazza 19 anni, Giorgio Carbognin 19 anni e D.B. minorenne 17 anni.
Non
sono riusciti a far fuori Nadia e Laura, le sorelle, perché in quell'istante
erano altrove. Obbiettivo: impossessarsi dei pochi soldi dei genitori,
spartirsi l'eredità, togliersi qualche capriccio giovanile, girare con la BMW
da cento milioni, frequentare i bar esibendo vestiti firmati. Dopo l'eccidio i
4 giovani sono andati tranquillamente in discoteca onde simulare di fronte
all'opinione pubblica una rapina di malviventi. Quattro mostri per 3.000
abitanti, una percentuale che non torna. Ma attenzione, è qui il punto in cui
vale la pena arrivare, andiamoci piano a definirli mostri. Questo è un giudizio
che proviene dalla morale dei genitori, degli adulti, della tradizione. Ma non
sempre coincide con il giudizio dei giovani di oggi. Fa male dirlo, ma vediamo
perché i quattro baby killer, attualmente nel carcere di Verona in attesa del
processo, ricevono posta. Molte lettere specie di ragazzi e ragazze che
vogliono conoscerli. Non certo per linciarli, ma per ammirarli. Più di una
ragazza scrive che vorrebbe sposare Pietro, il figlio organizzatore di tutto lo
sfracello. Lettere dunque di solidarietà, lettere d'amore. Questi imputati non
sono per i loro coetanei degli assassini, ma degli eroi, dei modelli da
imitare. Il doppio omicidio del 17 aprile a Montecchia spettacolarizzato anche
dalla TV costituisce un test molto significativo per la società tutta, e non
solo per quel paesino. Dunque la gioventù di oggi ha i suoi eroi. Gli eroi, si
badi, non devono essere necessariamente buoni, onesti, altruisti. Non sono
quelli che stanno al di sopra del bene e del male, sono coloro che fanno delle
cose straordinarie. Ora certamente questi ragazzi hanno fatto una cosa
straordinaria e dimostrato il maggior coraggio possibile, poiché non è
pensabile nulla che vada al di là della eliminazione dei propri genitori. Un
successo esaltante. I genitori erano solo dei salvadanai da rompere. Questa la
prima impressione che esce dal nostro test.
La
seconda: molti giovani non hanno più il "nostro" codice etico,
ammettono lecito tutto e il contrario di tutto. Una lettera dice: "non ci
importa di come vi giudica la legge, per noi siete degli eroi" tabula rasa
di tutti i valori morali, per cui Pietro, il figlio assassino o l'eroe alla
Freddy Kruger afferma: avrò fatto una cazzata. Ma anche chi fa delle cazzate ha
bisogno di essere capito. Qui siamo proprio al plagio delle mitologie negative,
al mostro di Nightmare dal volto bruciato e le unghie a lamina d'acciaio. La
terza impressione. I giovani di oggi hanno il loro tribunale segreto e
interiore che non coincide con quello della comunità sociale. Si mostrano
indignati o indifferenti di fronte alle punizioni della giustizia umana. Il
fondamento della loro morale è la solidarietà dei coetanei. Legittima per loro
è qualsiasi azione quando tale viene considerata dal gruppo di pari età cui
appartengono e dagli amici. Venire considerato un incapace dai propri coetanei
è per un giovane peggiore di una pena di morte, significa togliergli la
speranza di realizzare il proprio progetto di vita. Infine non si dimentichi
l'altra parte del test di massa, quello degli adulti. Noi adulti infatti ci
sentiamo rassicurati quando possiamo dire che questi ragazzi sono stati dei
mostri. E così ne usciamo puliti e deresponsabilizzati. Noi non c'entriamo con
le nefandezze di questi nostri figli. Ma purtroppo questa morale dei giovani è
frutto di una società impostata e programmata da noi adulti. Gino Bartali, il
campione ciclista degli anni 40-50, gridava dopo certe tappe perdute: ''Tutto
sbagliato, tutto da rifare". Dire che tutto si potrebbe rifare
riproponendo il vangelo di Gesù viene considerato superato. Si vede che non
siamo ancora arrivati al fondo dell'abisso. Abbiamo bisogno di tante altre
lezioni ancora, il massacro dei due genitori di Montecchia non è bastato.
Autore:
Albino
Michelin
23.11.1991
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