giovedì 8 ottobre 2015

UNA CHIESA DI SOLI MASCHI

Prendiamola come un constatazione. Anche se non una rivendicazione di diritto. Certo fa stranezza vedere dentro le chiese (luoghi di culto) molte donne e pochi uomini, mentre sull’altare e sopra la chiesa (gerarchia istituzionale e sacrale) ci stanno solo maschi e nessuna donna. Nell'orientamento attuale vige ancora l'affermazione che se pure la donna possieda uguali diritti e responsabilità nei confronti dell'uomo e della vita pubblica, per la sua vera collocazione però e promozione essa va situata nell'ambito procreativo e materno. Il suo triangolo preferenziale ha da essere: casa, marito, figli. Il suo modello: Maria la madre, vergine. Pure la devozione verso questa figura è stata lungo i secoli ottimo strumento nelle mani del mondo maschile per rendersi sottomesso quello femminile.
Anche il più miope occhio umano deve costatare che per 2000 anni tutta la teologia, la storia del Cristianesimo, la legislazione ecclesiastica, la morale sessuale o sessista è stata formulata sempre e solo dai maschi.
Le donne non ci hanno mai potuto aggiungere neppure una e. Mandare a memoria, eseguire, tacere. Anche oggi alla televisione italiana è raro assistere ad un dibattito di fede o di teologia condotto da donne: pure a legiferare sull'etica familiare ti vedi sempre davanti un prelato, un vescovo, un Cardinale ottantenne et ultra che, per quanto persona degnissima nonostante l'età di Matusalemme, non ha né moglie, né figli. La famiglia è il sacrario della donna? Ma a farci la lezione di buona condotta ci deve stare un predicatore maschio, scapolo, clericale.
Veramente abbiamo o abbiamo avuto qualche teologa come Adriana Zarri, o antropologa come Ida Magli, ma vengono guardate con sorriso di compassione e di supponenza, animali strani dello zoo. Le poche altre teologhe preparate, che non siano di religione protestante (parliamo dell'Italia), sono confinate ad esprimersi solo in qualche rivista per addetti ai lavori. Le stesse religiose, suore possiedono talvolta una laurea per l'insegnamento della matematica, archeologia, e scienze affini, ma in una cattedra universitaria di bibbia, pastorale o teologia, sono mosche bianche: è riserva dei religiosi maschi. Osservazioni, ripeto, che valgono per l'Italia o per le italiane all'estero. Da circa qualche decennio è stata trasportala dall'America del nord all'Europa la teologia femminista, una ventata culturale per contrapposizione a quella maschilista (sostengono gli uomini), o per integrazione alla stessa (rispondono le donne). Certo il termine "femminista" si presenta un po' discusso e discutibile in quanto ti può riportare la donna all'identificazione con l'individualismo, con la borghesia, con la razza bianca, con l'attivismo occidentale, carico di ostilità, mancanza di femminilità. Per cui vale la pena parlare di Teologia femminile. Chiamala come vuoi, ma resta sempre una critica alle strutture patriarcali, feudali, endocentriche della Chiesa e della Fede. Tale movimento si chiede perché le immagini e i linguaggi maschili su Dio siano stati ritenuti più adatti di quelli femminili e perché non sì possano recuperare le immagini femminili della divinità presenti nella Sacra Scrittura e nella Tradizione. L'esempio più evidente è l'uso esclusivo della metafora Padre Figlio per interpretare il rapporto Dio-Gesù, oppure l'identificazione dell'essere maschio di Gesù come essenziale per esprimere rapporti sacrali fra Dio e l'umanità. La domanda cioè che le donne si pongono: ma Dio è padre o madre? O entrambe le realtà? Gesù rappresenta il sesso maschile o anche quello femminile? Solo il "donno" (antico termine sincopato latino da Dominus) o anche la "donna" (Domina)? Certo l'equivoco di aver identificato e di identificare Gesù con il sesso unicamente maschile ha prodotto l'esclusione della donna dal sacerdozio. Motivo, appunto: perché Gesù era un maschio.
Importante esempio al femminile è quando Gesù paragona se stesso alla chioccia (Luca 13, 34) o la simbolizzazione di Dio e Gesù (sempre in Luca) con la figura femminile della Sapienza personificata. La teologia delle donne usa certo concetti meno filosofici, come nel caso della cultura occidentale plurisecolare, metodi meno sociologici, come nell'attuale teologia della liberazione nel Sud America. Preferisce domande e risposte di carattere psicologico, introspettivo, sul mondo interiore dell'uomo, della sua identità, della sua affettività. L'immaginario simbolico della donna è ricchissimo, straripante al riguardo. Il suo contributo sarebbe quindi essenziale alla ricostruzione dell'unità nel messaggio cristiano. La teologia cattolica nella ricerca di Dio sinora ha registrato solo i prodotti dell'intelligenza maschile. Ma come si presenterebbe una dottrina di Dio basata sull'esperienza femminile, nella linea di qualche raro ma eccezionale pensatore maschile come S.Agostino, per il quale "Dio è l'ineffabile, è Amore"? Ancor oggi, quando si discute di questi problemi, molti ti scappano per la tangente e si appellano, in modo invero al quanto caotico, al Nuovo Testamento e alla chiesa Apostolica, onde sistemare le donne al loro posto, ruolo di sudditanza e alternativo. Gli studi attuali fanno giustizia di questi qualunquismi ed affermano che accanto ad enunciati e comportamenti misogini, ne esistono altri assolutamente paritetici. Abbiamo, è vero, alcuni brani e comunità dì Paolo, secondo i quali la donna deve portare il velo, non ha da prendere la parola nelle assemblee liturgiche, è chiamata a sottostare al marito (la Coristi 14, 34), o che come Eva avendo peccato per prima, può salvarsi solo attraverso la procreazione (la Timoteo, 2, 11). Ma tanti altri enunciati e comunità di Paolo affermano l'opposto: problema anche di ambiente, paese che vai usanze che trovi. Mica sempre sì può usare la miccia per piegare il mondo ai propri, sia pure, sacrosanti interessi.
Ma per riferirci solo a Gesù, il modo con cui ha trattato le donne nel contesto culturale del suo tempo è stato assolutamente rivoluzionario. Avesse loro concesso pure il sacerdozio in una mentalità arcaica com'era quella giudaica, sarebbe finito prima del tempo. Ma senza arrivare a tanto, pensiamo solo alla visione da lui prospettata per una comunità di uomini e donne senza il governo di un padre (Marco 10, 29): segnala alle origini una cultura cristiana alternativa e non sessista. E il tanto discusso Paolo, chiamato manager della prima chiesa, afferma alla comunità dei Galati che non ci deve essere più né giudeo né greco, né uomo né donna, perché tutti in Cristo sono unica realtà (3, 27). E nella lettera ai Romani (18. 1-16) delle 29 persone da lui citate come preposte alle varie comunità ben 10 erano donne. Fede, diaconessa in una comunità domestica, Giuna Apostola e missionaria insignita di autorità straordinaria, Prisca ad Efeso con la sua casa a disposizione per le celebrazioni liturgiche: e nessuno al presente può ancora contestare che non le fosse anche concessa funzione sacerdotale. Senza contare poi una quantità enorme di profetesse con ampio incarico di evangelizzazione. L'unità della chiesa cristiana allora non consisteva in una uniformità ma nel riconoscimento delle diversità, salvata la sostanza del messaggio del fondatore. Allorché ci si riferisce alla chiesa di Gesù, a quella degli apostoli, a quella dei successori, a quella primitiva comprendente altre due tre generazioni fino verso l'anno 120, non si può parlare di chiesa dei maschi.
Solo con Ireneo (140-200 d.C.) è iniziato il processo di istituzionalizzazione unisessista e per ben 19 secoli la chiesa gerarchica e dei ministeri è stata appannaggio dei maschi. Ma qui una domanda: come per l'antisemitismo, si tratta di una tradizione costante, di una usurpazione, di una deviazione, di adattamento? Il discorso resta aperto. Non sono certo mancate lungo i tempi contestazioni o reazioni di risveglio da parte di gruppi religiosi che si battevano per la promozione e l'uguaglianza delle donne nei ministeri della chiesa, come i Catari (dal 1000 al 1250), i Valdesi (dal 1100), i Quaccheri (dal 1650), ma furono ovviamente eliminati come elementi di disturbo o registrati nell'album degli eretici e spediti al rogo. Oggi si fa un tanto parlare delle divisioni inaccettabili fra le diverse confessioni religiose, cattolici, protestanti, ortodossi, e ci si adopera giustamente per la ricerca di una comune unità. Da non sottovalutare però che anche all'interno della nostra religione cattolica si dovrebbe operare una ricomposizione uomo-donna a tutti i livelli, affinché essa ritorni e ridivenga a pieno titolo anche la chiesa delle donne e non soltanto dei maschi.

Autore:
Albino Michelin
03.06.1998

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