sabato 23 maggio 2015

ANCHE NEL 2003 NON CI FU POSTO PER LORO

Nel recente periodo natalizio sia visitando i presepi come ascoltando le omelie di chiesa ci si sentiva tutti riemergere dentro di noi un senso di compassione in occasione del racconto evangelico riferentesi al viaggio di Giuseppe e Maria incinta da Nazareth a Betlemme. Dopo di aver bussato invano a diversi centri di accoglienza furono costretti a cercare riparo in una grotta dove nacque Gesù. La dolente esperienza di questa coppia è ancora oggi dopo 2 mila anni rivissuta da altri innumerevoli poveri cristi per i quali ancor oggi nel nostro mondo e nella nostra società non vi è posto. E qui si inserisce bene un gesto altamente simbolico non violento, promosso dai missionari Comboniani (possibile, sempre loro?...) Di Castelvolturno in Campania, i quali si incatenarono tutto il mese di giugno davanti alla questura di Caserta per protestare contro l'applicazione della legge Bossi-Fini, la quale ha consentito si di mettere in regola 700 mila stranieri nell’anno in corso, ma la cui concezione di fondo, secondo molti, è sbagliata perché collega permesso di soggiorno a livello produttivo delle singole persone. Mentre l'uomo vale in quanto è non per ciò che produce. Noi italiani lo recepiamo molto bene questo discorso perché brucia ancora sulla pelle il ricordo di quel tempo:” braccia sì, uomini no.” Esperienza che noi ora siamo tentati di scaricare sulle spalle degli immigrati in Patria a conferma delle sacrosante verità espresse nel libro di G. A. Stella “Quando gli albanesi eravamo noi”, una documentazione che abbiamo visceralmente rigettato perché ritenuta calunniosa e lesiva al nostro buon nome. Ma oggi noi in ltalia arrischiamo di comportarci con gli stranieri proprio come dal 1870 si comportavano con i nostri antenati i fazendeiros del Brasile, i lord dell'America del Nord, e dal1920 gli gnomi della Svizzera.  Orbene in considerazione di ciò i missionari comboniani su citati hanno voluto istituire un Ministero (simbolico) dell'accoglienza. ll 15-16 novembre in tutte le città d'Italia da Milano a Messina hanno organizzato delle bancherelle e distribuito permessi di soggiorno in nome di Dio, rilasciato, cosi portava la stampiglia, dal Dipartimento del Regno di Dio. All'apparenza un'ingenuità, ma in fondo un gesto che vuole provocare una reazione. La prima persona ad avvicinarsi a questo originale ufficio anagrafico è stata una ragazza moldava. La data del permesso consegnatole scadeva il15.11.2093, esattamente fra 90 anni. La ragazza divertita ha chiesto: "ma poi me lo rinnoverete ancora". 
                                                   Gesti e linguaggi di esclusione
Concedere un posto a questa gente non significa certo lasciare porte aperte alla discriminazione e alla clandestinità, senza controllo e nella illegalità. Significa cambiare rapporto mentale nei confronti di coloro (siano essi il 2 o il 20%) di cui abbiamo bisogno per vile manodopera, dal momento che noi certi lavori non li vogliamo più fare e preferiamo la professione dei colletti bianchi. Non c'è posto per loro nella nostra stima e nella nostra considerazione. l casi sono tanti, troppi, sia a livello quotidiano sia a livello di linguaggio. Fra i primi, uno per tutti. Recentemente il Governo italiano ha istituito un bonus di 1.000 Euro per le famiglie che quest'anno avranno il secondo figlio. A condizione che siano cittadini italiani o comunitari e ovviamente residenti in Italia. Orbene un connazionale sposato con una extracomunitaria, da 12 anni residente, con pieno titolo di conseguire la nostra cittadinanza non ancora ricevuta causa le solite burocrazie, nonostante il primo figlio sia italiano, non potrà ricevere il bonus. Ha inoltrato reclamo, ma nulla da fare. Intendiamoci non è che si fa un figlio per questa calzetta della nostra befana governativa. Offende la discriminazione subita, fra chi è dei nostri e chi non lo è: e ciò su diritti fondamentali della dignità umana.  Per Maria e Giuseppe non c'era posto a Betlemme, per questa moldava non c'è posto nelle nostre Betlemme di oggi.  Se passiamo sul piano del linguaggio poi non c'è più limite. Il nostro Ministro delle Riforme tuonò alla TV che contro le carrette provenienti dal mare bisogna sparare a vista. Ed è di questi giorni il suo grido d’allarme: "Uno di noi qui lavora una vita e poi danno la casa al primo bingo bongo che arriva". Capito? Deve putrefarsi nel sottoscala e nelle vecchie mansarde come noi italiani bingo bongo di Svizzera degli anni 50-60. Eppure questi nostri governanti sono i grandi difensori, benedetti da una chiesa compiacente, dell’esposizione, dell’ostentazione, del mantenimento del crocefisso di legno nei luoghi pubblici e alimentano contemporaneamente una campagna di odio e di esclusione verso i crocefissi in carne e ossa, i nostri fratelli più poveri e indifesi. Un altro caso, non va sottaciuto. Piergiorgio Stiffoni, senatore della repubblica, il 22 novembre 2003 ha affermato:” l’emigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso. Peccato che il forno crematorio di Santa Bona a Treviso per loro non sia ancora pronto". Non ci si venga a dire che questi nostri rappresentanti hanno il merito di parlare francamente e di dire ad alta voce quello che tutti pensano sottovoce. Lo slogan è vecchio: non basta dire ciò che si pensa, bisogna anche pensare a ciò che si dice. Certo, tutti sti poveracci oggetto di spregio e di vilipendio non hanno la possibilità di costituirsi parte civile, di autodifesa per risarcimento danni morali, o per allontanare gli incivili dalle poltrone dei nostri palazzi. Chiaro: non c'è posto per loro. E nemmeno parola. Ultimo caso in argomento lo si è avuto di recente nel Canton Zurigo, il 30 novembre 2003 in occasione delle votazioni sulla proposta di riconoscimento per le tre religioni: ortodossa, ebrea, musulmana. Bocciata con il 64% di contrari. Sappiamo che la materia è complessa e richiede un'articolazione a parte. Ma in sintesi viene affermato che il Cantone zurighese certo riconosce libertà di culto per tutte le religioni, ma diritti giuridici e di sostegno finanziario solo per tre confessioni: protestante, cattolica, vecchio-cattolica. Nessun sostegno quindi per gli ortodossi, per gli ebrei, per gli islamici. Si accontentino delle bricciole che cadono dalla tavola del ricco epulone. Per loro non c'è posto.  Un vero fiorellino natalizio comunque e controcorrente ci arriva in questi giorni da una città d'Italia. Il preside cattolico di un Istituto (quindi non Adel Smith) ha interrotto nella sua scuola la tradizione del presepio, aboliti i canti religiosi, sostituendoli con canti per la pace. Certo, una decisione da cattolico presa però su proposta di genitori anche di altre religioni. E cosi si spiegò: "la scuola pubblica ha da essere aconfessionale. Faremo un incontro di folclore in cui ogni scolaro spiegherà i suoi simboli religiosi. La croce (per i cattolici), Maria di Fatima e chador (per i musulmani), stella di Davide e kippah (per gli ebrei)” Sembra partire da una tabula rasa; nel mondo di domani ci deve essere posto per tutti. Un’idea mica male.

Autore:
Albino Michelin
16.01.2004

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