giovedì 14 maggio 2015

LE MOGLI DEI PRETI: UN DISAGIO, UNA RISPOSTA

A Lucerna in Svizzera Gabriella Laser Friedli fonda nel 1994 un''Associazione di donne confrontate con il celibato dei preti”, con un gruppo di "compagne di sventura " in cui si parlerebbe di circa 31O casi di donne che avrebbero in Svizzera relazioni amorose con membri del clero e viceversa: un prete su due. Il tutto corredato da due lettere firmate da signore che si definiscono mogli segrete di due sacerdoti.  La prima esorta le colleghe a dimostrare ai preti quanto sono forti, la seconda manifesta tutta la sua compassione verso i preti che soffrono di solitudine a mancanza di una compagna. Invita la gerarchia ad adeguarsi ai tempi e chiama tutti a raccolta per abolire il celibato dei preti.
                                               Casi gonfiati o verosimili?
Intanto si suppone che le due lettere "firmate “senza nome e cognome siano autentiche e non inventate a supporto di un pregiudizio costituito. Però anche se non lo fossero potrebbero ugualmente essere verosimili nel senso che molti preti hanno occasione di sentirli questi discorsi e più di una volta. Importante confrontarsi con la richiesta o provocazione. Cioè non prendere il sussiego dei superuomini, degli angeli del cielo, degli intoccabili, ma rispondere pacatamente e senza ritrosia. La premessa base parte da quanto ormai tutti i cattolici o meno dovrebbero tenere per assodato. Il celibato dei preti non è un obbligo del vangelo, ma un vincolo indotto dalla chiesa e tardivamente nel tempo. Per Gesù il celibato è un ideale proposto ad alcuni che si sentono (portati=vocazione), preti o meno, suore o laiche, cattolici o buddisti. E che quindi con tale scelta desiderano testimoniare il regno dei cieli, che non significa primieramente il paradiso dopo la morte, ma le priorità essenziali dell’uomo sulla terra. Che almeno qualcuno le sottolinei è un messaggio che giova a tutti. E per di più un messaggio possibile, essendo l'anima umana un'entità spirituale e non semplicemente un aggregato chimico. Inoltre nella prassi di Gesù il celibato del clero risulta facoltativo, come lo è stato per gli apostoli, alcuni dei quali sposati. In effetti S. Paolo rivendicava il diritto di portare con sé una "sorella ", come facevano altri evangelizzatori, ma sottolineava che personalmente riteneva opportuno non "avvalersi" di tale possibilità. (1a Cor. 9,5). A chi faticava di seguire i consigli evangelici del celibato raccomandava di sposarsi per non bruciare dal desiderio" (1a  Cor. 7,9), ed esortava il vescovo ad essere "marito di una sola moglie" (1 Tim. 3,2) . Tutto ciò testimonia che agli inizi della Chiesa esercitare il ministero non significava tanto essere celibi quanto "giusti davanti a Dio e davanti agli uomini”.  Si può essere sposati e dediti alla promozione umana dei propri simili, all'evangelizzazione ed animazione di una comunità, come tanti pastori protestanti da noi apprezzati, come essere celibi e schiavi della passione per il denaro, per il potere, o accecati dal nepotismo. Storiche compensazioni queste di un celibato mal vissuto. Con San Gerolamo e S. Agostino la sessualità cominciava ad assumere un valore essenzialmente peccaminoso tollerata solo al fine di creare un figlio (verso il 4-5 secolo d.C.). Influenzati dal manicheismo che considera la materia frutto del maligno e da una mancata elaborazione delle loro “licenziose” esperienze giovanili, i santi padri su citati ritornati sulla retta via vedono la sessualità come male mortale da evitare anziché mutua testimonianza d'amore fra uomo e donna. Ma così non era per Gesù dei Vangeli.
                                               Preti religiosi vincolati da un doppio celibato
Per ulteriore completezza va detto che i sacerdoti membri di ordini e Congregazioni religiose (frati, domenicani, salesiani) sono legati da un doppio obbligo al celibato, il primo perché "religiosi”, il secondo perché preti. Che cosa può succedere nella vita cammin facendo? Che o per mancanza di carica interiore o per caduta di tensione o per una diversa maturazione affettiva (non buttiamola tutto sul negativo, alla pari di un tradimento!) ci si innamora di una donna e si desidera assumere un altro stato di vita, il matrimonio appunto. La domanda è d'obbligo: chi potrebbe liberare dal vincolo   del   celibato?  Non Gesù   Cristo, cioè non andiamo troppo in alto perché questa   non è una legge imposta da lui. Il suo è solo un consiglio, un ideale a livello di proposta. Liberare può però la gerarchia ecclesiastica   perché è una sua legge. In effetti, chi fa una legge la può anche abolire. Oppure la chiesa potrebbe darsi un'altra codificazione in materia: "cari preti, c’è chi preferisce esercitare il sacerdozio come celibe, chi invece è portato alla vita coniugale: costui eserciti il sacerdozio da sposato". Nel caso la chiesa non perderebbe la faccia, non si smentirebbe, ritornerebbe alla prassi di Gesù. Indubbiamente restando all'articolo della signora Friedli, fra i diversi oggi in circolazione, piuttosto che dei preti abbiano mogli segrete è preferibile vengano regolarizzati alla luce del sole. Diversamente la chiesa deve accettare di andare incontro a casi (pochissimi, pochi o molti non ha importanza) di illegalità canonica.
                                                 Fra donna e prete un braccio di ferro
Con Papa Paolo VI la dispensa dal celibato si concedeva in breve tempo su richiesta dell'interessato, che ovviamente veniva esonerato dalle sue funzioni.  Con Papa Wojtyla (dal 1978) questa prassi si è fatta più rigida per non dire quasi impossibile. Ovviamente ogni Papa ha il suo profilo e la sua interpretazione personale nell'approccio con la storia della chiesa. Dei preti per non rinviare il loro matrimonio in punto di morte hanno preferito finire all'inferno di là (a sentir loro) piuttosto che finire all'inferno anche di qua’. E quindi si sono sposati civilmente senza dispensa papale. Qui ci sia   consentito   un’osservazione: la gerarchia ecclesiastica può sempre escludere secondo   le sue norme un prete sposato dall’esercizio della sua professione, però quando un sacerdote chiede la dispensa allora misericordia, giustizia, diritti dell’uomo richiedono che egli venga esaudito. Al limite se vuole andarsene all’inferno deve avere dalla chiese la libertà di andarci, diversamente la chiesa non è madre ma matrigna. Degno di riflessione è un episodio rimbalzato sui media nazionali. E' il caso del   Priore del Monastero dei monaci di Chiaravalle Milanese P. Alberto M. Stucchi innamoratosi di Elena Erzegovesi. Dall'abate non gli viene interdetta solo la convivenza, ma anche comminata una condanna di quella "persona che ti ha distolto dalla tua vocazione". E gli ingiunge di non calpestare il grande dono della vocazione che il Signore gli ha concesso. Lo affida alla Madonna perché gli allontani il nemico. Il Priore sotto accusa rispose all’Abate che non stava perdendo la sua vocazione, ma la stava scoprendo. Ed il superiore: "non è lecito, fai quello che vuoi ma fallo di nascosto, devi finirla con questa donna". Una domanda: ma come ci si può permettere di condannare come "nemico" una persona a questo livello? Non esistono forse i diritti dell'uomo e del rispetto verso gli altri anche all'interno della chiesa? Sempre per amore della nostra chiesa cui apparteniamo ci si augura che questo argomento sollevato dall'articolo in questione venga affrontato apertamente. l tempi sono maturi, le pressioni dei credenti, anche onesti e praticanti, chiedono di non ignorare un’istanza che si sta facendo sempre più pressante.

Autore:
Albino Michelin
06.06.2003   

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