sabato 2 maggio 2015

COME PARLARE DI GUERRA AI BAMBINI

Un antico adagio romano suonava letteralmente così: "Se vuoi la pace prepara la guerra". Sono passati due mila anni e questa massima della sapienza o insipienza popolare non si è mai smentita, né ha mai conosciuto pause.
Sempre attraverso i secoli e anche ora in qualche parte della terra siamo spettatori di conflitti belligeranti. Noi adulti ci abbiamo fatto la scorza, vaccinati o meno, è una situazione con la quale dobbiamo convivere. Ma i bambini?  Ci dobbiamo arrendere a che i nostri figli assistano alla Tv ad episodi cosi gravi di sangue senza che noi genitori ed adulti vi prestiamo attenzione, quasi tutto ciò fosse connaturale nella nostra civiltà nella quale sono chiamati a crescere?  Come parlare della guerra ai bambini?
In altra occasione abbiamo tentato di analizzare il quesito "Bambini confrontati con la morte".  Discutendone anche con alcuni gruppi di adulti il risultato fu che non serve a nulla nascondere questi argomenti in tenera età o fingere quasi che tale realtà non esista. La difficoltà consiste soltanto nel modo di introdurre i piccoli all’interiorizzazione di questa esperienza. Così sembra si possa dire sul "parlare della guerra". E anche qui altri porranno l'abbiezione che non vale la pena crearsi dei problemi inutili o proiettare le conflittualità della storia sui figli, tanto i bambini sono sempre in guerra fra di loro. Ma qui non bisogna fare di ogni erba un fascio, necessita qualche analisi dettagliata.
                                                 L’istinto di affermazione
Indubbiamente in ogni uomo, si può dire con lo psicologo Adler, l'istinto piu’ forte è quello dell’autoaffermazione. E lo si costata già nel bambino. Quando vuol toccare tutto, rompere i giocattoli, sfasciare i pupazzi, gridare no per dimostrare a tutti che lui c'è e conta qualche cosa è' una forma di aggressività. Piu’ grandicello quando entra nel gruppo fa a botte per l'innato istinto di supremazia. Istinto che viene controllato dai genitori i quali si preoccupano o dovrebbero preoccuparsi di impedire al figlio di menare le mani verso i coetanei, oppure dalla scuola per canalizzare tale istinto verso una moderata competizione culturale, oppure dalla società affinché lo investa attraverso varie discipline sportive all'indirizzo di un sano e leale agonismo. Ma in definitiva anche quando i bambini fanno alla guerra sanno o sentono che non ci scapperà il morto, tutt'al piu’ qualche muso rotto e la resa del contendente senza gravi spargimenti di sangue. Di fronte alla guerra reale raccontata o vista in Tv invece l'esperienza del bambino è diversa, perché egli è portato a identificare l'immagine con la realtà, la favola con la verità. Non sa distinguere se la trasmissione mediatica è fiction o evento fattuale. Quando assiste a scene di guerra si mette in stato di angoscia perché lui stesso si vede uccisore ed ucciso ad un tempo.
Un episodio per tutti serva a chiarire quanto sopra ipotizzato. Il 20 marzo 2003 giorno in cui si sono iniziati i bombardamenti a Bagdad in Iraq, una bambina di 6 anni tornando da scuola disse al papà: "Siamo in guerra con l'Iraq, vero papà?" La stessa sera, interrompendo le sue suonatine al pianoforte, corse di nuovo dal papà e gli chiese: "papà, come può la musica cambiare il mondo". Da quella sera la piccola ritornava spesso a collegare la musica con la guerra. La musica con il cambiamento del mondo che viveva una brutta guerra. Impartire ad una bambina l'amore per la musica è facile, ma spiegare che tutto ciò può cambiare il mondo facile non è. A quelle domande, allo stesso tempo puntuali e pragmatiche, una sulla guerra, l'altra sulla musica, la terza sul mondo, noi adulti restiamo senza risposte. Specialmente quando i bambini cominciano a frequentare la scuola, quando non riusciamo più a controllare e filtrare tutto ciò cui essi sono esposti, quando il mondo esterno non resta più tale ma entra di prepotenza nel loro, allora noi adulti ci sentiamo spiazzati e perduti. Che rispondere?
                                            Le preoccupazioni dei bambini
La pedagogia odierna sottolinea l'importanza di tenere in considerazione l'egocentrismo dei bambini in momenti traumatici o storici come questo nostro. Cioè nella preoccupazione di salvare e garantire il proprio "io" essi ci vogliono dire: 1) sono io al sicuro? 2) i miei genitori sono al sicuro? 3) quali conseguenze avrà tutto questo sulla mia vita quotidiana?
Affrontare la questione della guerra con i bambini richiede molta delicatezza e sottigliezza. Le nostre risposte non devono essere inventate per non venire scoperte come menzogne negli anni a seguire. Il modo migliore è quello di garantirli sul fatto che loro sono al sicuro, pur riconoscendo l'esistenza della violenza, del male e dei pericoli nel mondo. Evitare l'ansia e mostrare equilibrio è un atteggiamento indispensabile che i bambini vogliono riscontare nei genitori e negli adulti. Imparare e insegnare a vivere con le contraddizioni di quaggiù è fondamentale come determinante è riuscire a mantener verità opposte nella propria mente: cioè sentirsi al sicuro nonostante la nostra perdita di fiducia nel mondo, vivere una vita normale nonostante le nostre paure. Insomma negoziare le proprie ansie: facile a dirsi, difficile a praticarsi. Anche perché affrontare le proprie ansie non significa normalizzarle.
Però tutto questo si ingarbuglia in quanto anche il mondo degli adulti dopo l'Iraq e causa le attuali guerre sta sfasciandosi.  Cioè che tutto oggi si possa risolvere con la forza delle armi, che "la legge sono io", cioè la decisione e la bontà della stessa risieda nelle mani del potente o prepotente di turno.
Oggi guerra è sempre meno parola tabù, associata alle dimensioni del lutto e del dolore. E' invece sempre più cifra di festa, di inebriamento collettivo, della civiltà e del tripudio di massa. Cose che per salvare la nostra coscienza le battezziamo con l'eufemismo di "ingerenza umanitaria". Come parlare della guerra ai bambini? Domanda interessante e di grande attualità". Ma risposte pratiche nessuno riesce a darsele. Per cui il presente articolo non intende prospettare soluzioni, ma è un invito alla riflessione sull'argomento nell'interesse dei nostri bambini.

Autore:
Albino Michelin
27.06.2003

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