lunedì 9 novembre 2015

CORRADO ALVARO: DA SAN LUCA UN RISCATTO PER LA CALABRIA

Due anni or sono il paese di San Luca (RC) è stato scosso da un evento devastante che lo ha fatto tornare indietro verso i secoli bui. Ci riferiamo alla mattanza di Duisburg in Germania compiutasi nella notte di ferragosto del 2007 in cui delle famiglie rivali si sono fatte giustizia (o vendetta) lasciando all'ingresso di una pizzeria sei morti, di cui due provenienti da S. Luca e gli altri dal territorio limitrofo. Stampa e media di tutto il mondo ne hanno dato ampia divulgazione costringendo gli abitanti del piccolo comune a rinchiudersi nella loro rabbia e nel loro silenzio. Addirittura è trapelato dalla TV che l'eccidio sia stato progettato attorno al Santuario Madonna di Polsi, appartenente a San Luca, dove per le feste di ferragosto i boss della ndrangheta tengono il loro quartiere generale.  Nel presente articolo non ci interessa analizzare fatti e misfatti della cupola mafiosa, vera piovra del territorio. Il paese di Corrado Alvaro non esporta solo gente di malaffare ma anche e soprattutto onesti lavoratori ed eventi culturali di alto livello, grazie al lavoro disinteressato di un gruppo di volontari del luogo.
                                            Su per la valle del Buonamico 
E' il fiume che scendendo dall'Aspromonte attraversa il paese e si getta nello Ionio. Sino al 1592 il territorio si chiamava Potamia (dal greco Potamos=fiume) ma siccome questo buon amico spesso diventava un pericoloso convivente finiva per minacciare gli abitanti del luogo con le sue piene e le sue inondazioni, i pastori hanno deciso di costruirsi le loro piccole caratteristiche case su per le pendici del Montalto. A S. Luca ci sono andato anche quest'anno per il tradizionale studio d'ambiente: osservare la natura, la configurazione di luogo, leggerne la preistoria e le vestigia della storia, conoscere gli uomini e le donne di questo paese con le loro passioni, sofferenze, contraddizioni, ribellioni. S. Luca è uno dei paesi più vasti della Calabria con oltre 10 mila ettari. Uscendo dalla statale Ionica ed inerpicandoci verso l'interno ci si trova di fronte all'Aspromonte, con i suoi calanchi, maestoso e suggestivo. Aspro nel nostro senso lo è veramente, però dal greco (asper=bianco) lo si dovrebbe chiamare Monte Bianco anche se, anziché ricoperto di neve è ammantato da un verde intenso e silvestre. Gli studiosi gli danno 400 milioni di anni, come dire nato ieri. I romani già prima di Cristo venivano qui a tagliare il legname per le loro navi e i costruttori della ferrovia Reggio Calabria-Taranto nel 1850 sceglievano le loro traversine da installarle fra le rotaie. E i veneti e lombardi nel 1902 sono immigrati qui dal nord per impiantarvi le loro fabbriche di pipe con segheria per 400 boscaioli. Produzione che poi si bloccò per non chiariti motivi. Proseguendo sempre verso il monte si incontrano blocchi di carabinieri e forze dell'ordine. Ma pare non facciano troppo del male se ragazzi con il motorino sfrecciano loro davanti in slalom, privi di casco protettivo. Infrazioni che altrove verrebbero puniti anche con la confisca del mezzo meccanico. Ai Iati del percorso una flora variata piacevole a vedersi. Mirti, tamerici, pulicani, fichi d'India, margheritine multicolori. Da queste parti 3 mila anni avanti Cristo si aggiravano i primi uomini preistorici. Ci passarono i colonizzatori greci sette secoli prima di Cristo, qui nacque la civiltà italiota.   E dopo i romani fu la volta dei bizantini con i loro monaci che verso il 7° secolo che si insediarono sulle alture di Polsi per fondarvi un romitorio trasformato a metà del decimo ottavo secolo in un santuario mariano, uno dei più famosi della Calabria. Teatro di scontri fra angioini, aragonesi, francesi, spagnoli dal 1000 in poi. Nel 1806 ci passarono i Napoleonici mica solo per un viaggio turistico, quindi fu la volta dei garibaldini in lotta contro le truppe del Re "Galantuomo" con l'effetto di suscitare il brigantaggio: un rappresentante di spicco Nino Martino. E si arriva al 1972 quando una disastrosa alluvione mise in ginocchio il paese. Declino ed aumento dell'emigrazione già da tempo in atto. San Luca apre una finestra sul mondo. Entrando in paese ci si incontra con gli abitanti. Le donne anziane vestono ancora di nero però non se ne vedono di quelle che secondo le foto d'epoca portano sul capo le ceste di genere alimentari con dentro anche i bambini. Le ragazze invece indossano un abbigliamento secondo i nostri modelli della città. Su far della sera le coppie giovani passeggiano con il controllo di qualche fratellino. Con il forestiero di passaggio la gente non si chiude a riccio, è molto aperta e disponibile. Alla richiesta di un luogo si dilunga volentieri in tante indicazioni come ti volesse accompagnare per mano nel luogo da te desiderato.   Gli abitanti nel 1950 erano circa 5000 ora sono 4078 con un migliaio d'emigrati. Scorrendo l'elenco telefonico si riscontra che i nomi di famiglia più ricorrenti sono gli Strangio con una trentina, e una ventina di Giorni, Mammoli ti, Nirta, Pelle, Romeo. Sette-otto bar, due-tre pizzerie. La chiesa parrocchiale dedicata a S. Maria della Pietà, costruita sopra un piccolo promontorio, con attorno una piazza assai ristretta, che a motivo anche del bar centrale Spadolini è spesso intasata da decine di auto con un parcheggio entra ed esci che richiede molteplici svariate manovre. Gli anziani vivono in famiglia, il ricovero in casa di riposo è raro. Qualche badante dall'est esiste già e forse il numero è destinato ad aumentare. Il piano regolatore e l'architettura del paese è molto elementare in cui è pero visibile una certa ingegnosità d'un popolo pastore. Ovviamente e di particolare rilievo, spicca la casa natale di Corrado Alvaro, di fianco alla chiesa, ex palazzo Marchese Clemente, visitata da turisti e illustri personaggi della cultura e della politica, come il caso del Presidente della Repubblica Saragat che nel 1966 onorò San Luca della sua presenza. Due i cimiteri, quello antico verso il monte, e quello nuovo situato al piano. Poco da dire sull'artigianato, qualche ditta di calcestruzzo. Per il resto pastorizia, un po' di agricoltura e qualche coltivazione di mirtillo. Tuttavia ciò che chiaramente caratterizza S. Luca e gli apre le finestre sul mondo è la personalità di Corrado Alvaro (1895-1956). In assoluto uno dei maggiori scrittori del 900. Narratore, saggista, romanziere, giornalista, pubblicista. Scrittore fra i più inquieti della sua generazione, moralista, ingegno sottile, immediato e profondo osservatore di fatti e costumi. Di un'arte sostanzialmente lirica. Calabrese ed insieme europeo, l'unico degli scrittori del Sud del 900 ad essere entrato nella dimensione dei classici. Da ragazzo frequenta l'istituto dei Gesuiti a Frascati (Roma), ma dopo alcuni anni viene espulso perché colto in flagrante a leggersi le poesie di Carducci. Il fatto inciderà anche sulla sua dimensione interiore in quanto si porterà dentro il sentimento di venire espulso anche da Dio. In età adulta percorre tutta l'Europa per comunicare e ricevere cultura. Nel 1928 causa le ordinanze fasciste espatria ed abita per qualche tempo a Berlino, intessendo rapporti anche con Pirandello. Tra le innumerevoli sue opere il capolavoro resta "Gente in Aspromonte", in cui non solo registra, ma penetra nei segreti della Calabria e dei calabresi.  Il mito arcaico della Calabria (espressioni sue) terra ottusa, primitiva, rozza, passionale, avvolta nell'ignoranza, e non v'è calabrese che non ne conosca la sofferenza straziante. Quella di Alvaro per quanto sincera non è un'analisi autolesionista, ma tesa alla promozione e alla liberazione. Per cui San Luca, nonostante ciò, riconosce in lui il figlio più celebre: lo ha riscattato di fronte al mondo. Perciò il paese non vuole consegnarsi né allo scoraggiamento né alla disperazione.   Dal punto di vista psicologico l’intimo di Corrado oscilla fra il pessimismo e la speranza. Rimane sempre un po' diffidente verso un mondo che sta per aprirsi alla tecnologia perché questa, secondo lui, porta alla crisi del sentimento e alla perdita di umanità. La sua opera letteraria, come la vita, non prescinde dalla religione e non tanto perché in famiglia annovera un fratello prete di nome Massimo, ma in quanto si pone in contrasto con l'esteriorità e il fanatismo della stessa. Basta leggere il suo libro "Polsi" del cui santuario conosce bene la storia e anche le devianze devozionali. Quando ad esempio racconta delle donne che strisciano la lingua sul pavimento o del ballo attorno al santuario in onore della Madonna, in cui uomini e donne si scatenano irresistibilmente nella danza liberatoria, come in Puglia, nel Salento, in occasione del ballo della taranta. Alvaro supera la prima fase infantile del Cristianesimo popolare, tipica del periodo preconciliare. Per questo qualcuno lo definì ateo, mentre egli preferì dirsi credente laico.
                                                             L’altra San Luca
Il 24.1.1997 venne istituita la Fondazione Corrado Alvaro, con sede nella sua casa natale composta di prestigiose firme della cultura italiana ed estera, di convegni, seminari attività editoriali. Ad essa si è aggiunta nel 2001 "Il Premio letterario Corrado Alvaro" con l’affermazione di opere letterarie ed in particolare di tesi di laurea dei giovani onde incentivare fra le nuove generazioni l’amore al sapere. La fondazione vuole dimostrare che è possibile sconfiggere la maledizione storica di un luogo conosciuto tristemente per eventi malavitosi: combattere dall’interno i codici della criminalità. Emblematica è stata in questo ambito la settima edizione del Premio tenutasi a Berlino (città amica di Alvaro) il 6.10.07, proprio alcune settimane dopo la strage di Duisburg, con l'intento di offrire alla Germania e agli italiani colà residenti l'altra faccia della Calabria, quella del lavoro, dell'onestà della giustizia. Nell'occasione i relatori hanno avuto il coraggio di condurre un esame approfondito sui diversi volti della faida (tipo di vendetta familiare, diffusa dal Kosovo al Marocco) che scoppia per futili motivi legati al prestigio e all'amore leso. Un esame anche sulla nuova 'ndrangheta, i suoi legami e i metodi di azione, i grandi suoi interessi in tutto il mondo, i capitali accumulati, vere proprie finanziarie. Oggi siamo alla presenza di ingenti mafie che hanno per obbiettivo il controllo del territorio, l'egemonia di mercato illegale (droga, armi, rifiuti). Si è di fronte ad una metamorfosi di clan mafiosi, la borghesia mafiosa, una classe sociale dirigente con una economia di rapina. Ha bisogno di un esercito criminale di riserva, a sconfiggere la quale necessita una cooperazione fra le nazioni europee. La prima è la nostra, è la più inquinata dell’economia criminale, la seconda (Germania) è il più ricco mercato occidentale dopo gli Usa e il Giappone.
                                             Il difficile cammino verso la libertà
Domenica 8 novembre u.s. in occasione della partita di calcio S. Luca - Bianco in Aspromonte tre giocatori della squadra di casa sono scesi in campo portando il lutto al braccio. Avevano un legame di parentela con il defunto boss Antonio Pelle conosciuto e noto come "Ntoni Gambazza", figura di primissimo piano nel panorama locale. Il San Luca avrebbe così omaggiato il potente malavitoso. La società presieduta dal parroco don Pino Strangio, ha dichiarato in TV essere stata una scelta autonoma senza previa autorizzazione. E qui si dirà: "purtroppo un passo avanti e due indietro". Ogni tanto affiora il dubbio che vivere onestamente sia impossibile. La risposta? Il mondo non si cambia nell'arco di una generazioni, o con un codice   di leggi e di pene, ma con la formazione di una nuova coscienza. E siamo dell'opinione che il portare avanti con tenacia il pensiero e l'opera di Corrado Alvaro sia la scelta che a lungo termine restituirà a San Luca la sua dignità.

Autore:
Albino Michelin
20.11.2009

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