giovedì 19 novembre 2015

MANIFESTAZIONI OMOSESSUALI ALLA ROMA DEL GIUBILEO 2000

Domenica 4 giugno 2000 a Roma si è assistito alla festa annuale della Repubblica Italiana (rinviata dal 2 giugno) con una grande parata dove si esibiscono tutte le forze militari della nostra Patria con carri armati ed armi sofisticate ed intelligenti, vendute oltre che al terzo mondo recentemente anche alla Russia per colpire a morte la Cecenia. Il tutto con la benedizione dei cappellani militari e competente vescovo nazionale Castrense.
Il sabato seguente 8 luglio, abbiamo assistito ad un'altra parata, la Gay Pride organizzata dagli omosessuali italiani. Sulla prima nessuna osservazione e tanto meno contestazione, sulla seconda una canea orchestrata soprattutto da una parte del cattolicesimo nostrano. È legittimo chiedersi quale delle due manifestazioni costituisca il male minore. L'orgoglio della potenza guerresca o l'orgoglio gay? Chi contribuisce a seminare l'odio o chi fa l'amore con lo stesso sesso? Perché tanto connivente silenzio sulla prima e tanto baccano sulla seconda? Una volta effettuata la Gay Pride merita un'attenta rivisitazione: qui interessano meno i fatterelli di cronaca, episodi dì folclore o il macchiettismo stravagante. Stemperata l'emozione, lasciati decantare tutti gli scontri al vetriolo con relativi veleni e contravveleni, ciò che resta è la necessità di una riflessione culturale e di chiesa. Utile materiale sull'argomento ci viene fornito dallo Speciale TG1 di sabato notte 8 luglio dal titolo: "Fuori dal Ghetto", a cura di Fabrizio Del Noce, che riuscì a condurre in merito un dibattito con l'intervento, fra gli altri di Imma Battaglia, organizzatrice e di due ecclesiastici: Maggiolini, vescovo di Como e Baget Bozzo, prete politologo genovese. Il primo, in un certo senso a rappresentare la dottrina ufficiale della chiesa basata sul matrimonio fra maschio e femmina quindi eterosessuale, con totale chiusura alla legalizzazione di altro tipo di famiglia, come la convivenza omosessuale. Il secondo a rappresentare piuttosto una chiesa di frontiera, nettamente postconciliare, basata suI dialogo e sul rispetto dei diversi, nonché su una possibile legislazione in loro favore.
                                                        La diversità dei punti di vista
fra i due fece perdere staffe a Monsig. Maggiolini che si peritò di apostrofare il reverendo interlocutore chiedendogli in quale seminario mai avesse studiato teologia. Da supporre che i 3 milioni  di spettatori (parola di Auditel) non si saranno certo sconcertati quanto piuttosto rinfrancati nel costatare che anche all'interno della chiesa possa esistere un dibattito leale e che sul piano delle opzioni concrete la ricetta della verità non si trovi nelle tasche di nessuna scuola cattolica, né in alto né in basso. Comunque diede impressione della solita egemonia ed intolleranza il presule comasco "famiglia fondata sul matrimonio etero come asserisce la Costituzione, tutto il resto è marciume!". Così ripete la mia video cassetta registrata. Per quanto concerne lo svolgimento della manifestazione, TV e stampa sono stati concordi nel definirla festosa, pacifica, composta senza particolari incidenti. Il numero dei partecipanti non ha eccessiva importanza, in quanto politici. In effetti per gli organizzatori furono 2-300 mila, per Ia polizia 70 mila. Ma, come ribadì giustamente Imma Battaglia, non è tanto il numero a ribadire il successo, quanto piuttosto l'essere riusciti per la prima volta in Italia ad instaurare un pubblico rapporto con gli altri, con la città simbolo della cristianità, con il mondo per dire a tutti che anche i gay e le lesbiche sono esseri normali, possiedono una libertà di coscienza, possono esigere un rispetto dei loro diritti. Indubbiamente i curiosi ai margini della sfilata verso il Colosseo, simbolo storico della pena di morte, erano molto di più dei manifestanti. Ma questo potrebbe essere una ulteriore dimostrazione della solidarietà silenziosa di tanti italiani verso questa categoria di persone, di tanti cattolici che con dissenso interiore votarono a suo tempo per il divorzio e per l'aborto. Senza dimenticare la moltitudine di coloro che sono rimasti a casa con la voglia di partecipare e l'incapacità di battere la vergogna, e costretti a rinnegare un'amicizia, una conoscenza, un'appartenenza. Delusi certamente sono rimasti gli oppositori della Gay Pride, in quanto si sono trovati spiazzati dalla mancanza di provocazione e di offese alla religione. Parte della stampa cattolica paventava ed auspicava nel contempo come nella precedente manifestazione del ‘99 (a S.Francisco) oscenità, sacrilegi, sodomia, intolleranza, sodomie multiple, omosessuali travestiti da vescovi, che alzano le sottane per esibire enormi falli di plastica con chiappe al vento, fra musica e lazzi procaci, il tutto per squalificare il messaggio. Anche questa stampa è rimasta delusa sulla sua fame. Sì, qualche cuffia di suora e calze a rete, qualche sporadica banalità non è nemmeno qui mancata, ma esigua minoranza, per cui non si può configurare questa parata in una festival della volgarità, in una sagra della lussuria. Gli stessi cartelli e stendardi portati a mano dai manifestanti lo stanno a dimostrare. Alcuni pochi esibivano battute ironiche come: "Storace scemo, guarda, quanti semo!". "Frocio qui, frocio là; frocia tutta la città", "Freccia lesbica". Tremate, tremate le froce son tornate. Molti altri invece ponevano dei segni forti e financo evangelici, come: "visto da vicino, nessuno è normale". "Siamo vestiti, non occorre essere nudi per essere gay", "Sono cristiano, vado in chiesa, sono omosessuale". "C'è un Dio per tutti, non solo per gli eterosessuali" ... "Tutti diversi, tutti figli di Dio". "Dio ama tutti, ama anche me". "Anche noi siamo chiesa". "Dio ama, la chiesa no".
                                                       Sfregio contro la città santa?
Molti cattolici italiani hanno dissentito sul luogo Roma e la circostanza (Giubileo) scelti dal comitato Gay. Sostengono che lo si è fatto per ribellione contro la chiesa, intenzione provocatoria per sbeffeggiarla, per imbrattare la città santa capitale del Cristianesimo, per il gusto di mettere le dita negli occhi della Suprema Sacra autorità. Omosessuali da scherniti a schernitori: potevano manifestare in una città fuori d'Italia o in altro periodo! A Genova si è celebrata una messa di riparazione per tanto scempio, e il Vescovo di Vigevano (PV) invitava i cattolici ad un atto di disubbidienza civile a non pagare il canone Rai e devolvere il corrispondente per la riduzione del debito estero. Ma altri e non pochi cattolici obbiettano che Roma non è la capitale dello Stato Pontificio (tramontato più di 130 anni or sono), bensì la capitale di uno Stato laico. Caso mai, se proprio si volesse insistere sul punto, capitale della Cristianità dovrebbe essere Gerusalemme con il suo Calvario ed il sepolcro della Risurrezione. Poi quanto all'espressione "sfida contro la chiesa", essa non deve fare del del vittimismo né del narcisismo, non pretenda di essere esentata dalla contestazione come capitò a Pietro primo papa di fronte all'apostolo Paolo. Alla Chiesa la libertà di fare il suo giubileo, agli altri la libertà di manifestare i propri intendimenti, più o meno laici. La teocrazia, cioè che il sacro imperi sul profano è oggi fuori dalla storia e non possiamo quindi pretendere che le nostre convinzione religiose si traducano in leggi civili.
                                 Protesta contro i roghi che per secoli bruciarono i gay
Non si dimentichi che il presunto ed erroneamente invocato carattere di sfida alla chiesa non è sempre tout court un pregiudizio ateo e anticristiano ma bisogno di protesta contro la discriminazione, in questo caso contro gli omosessuali, sostenuta lungo i secoli pure dalla Chiesa cattolica. Ricorda i recenti mea culpa papali per avere imposto metodi violenti nel diffondere la verità. Di conseguenza essa non può più e non deve esercitare un'egemonia, convinta che tutto il mondo sia cristiano. Di qui il bisogno gridato dai gay di uscire fuori dal ghetto. In quanto poi alla Televisione, nella quale qualche vescovo non si è riconosciuto, si ritiene che la RAI sia di tutti. Questa nella serata dell'8 luglio ha affrontato senza spettacolarizzazione non una classica diretta ma una riflessione seria sull'omosessualità! Noi cattolici non possiamo pretendere che tutto lo spazio televisivo venga occupato dal solito spettacolo del turismo religioso e dai ricorrenti cortei papali: la overdose in questo campo stanca anche la nostra disponibilità verso il sacro. Comunque questo è stato l'unico evento laico conteso per un giorno alle masse del giubileo. Molto meno scandaloso di tanti altri porno che la TV manda in onda e di fronte ai quali la Gerarchia, se riesce, dovrebbe porre un freno. Il nostro capo del Governo On. Amato ha parlato di manifestazione inopportuna con quello storico "purtroppo!". E qui gli si potrebbe chiedere se sia stato opportuno l'autocelebrazione "cattolica" del giubileo stanziare tutti quei fondi (13 mila miliardi di lire solo a Roma) con i soldi riscossi dalla tasse degli atei, divorziati, conviventi, gay, ebrei, mussulmani, testimoni di Geova, valdesi, oroscopi, maghi, fattucchiere, associazioni per lo sbattezzo ecc. Per giustizia non può essere loro negata una civile manifestazione delle proprie convinzioni.

Autore:
Albino Michelin
07.09.2000

                                      Muro contro muro, nella chiesa a chi serve?
Questa aggiunta datata la settimana seguente, cioè il 14.9.00, si rende necessaria per rispondere ad alcune osservazioni. Più di un cattolico ha obiettato che quella Gay Pride dell'8 luglio anziché nella Roma del Giubileo si doveva celebrare in altra città, meglio se fuori d'Italia. E qui mi sovviene l'espressione di Gesù: "venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò". Mica li ha mandati a quel paese, o nelle grotte del Mar Morto, con la condizione che soltanto se là fuori dal mondo avessero fatto giudizio lui sarebbe andato a portare la sua santa benedizione. Dobbiamo ammettere che anche gli omosessuali possono appartenere a questa categoria di "oppressi", e ci riferiamo in modo particolare a coloro che sono così in modo irreversibile, cioè dalla nascita. Un discorso un po' diverso forse andrebbe fatto per chi tale fosse diventato per assuefazione. Per i primi si tratta di una condizione oggettiva, di natura, quindi non di patologia, né di colpa, né di peccato, né di responsabilità da perseguire penalmente. Problemi di genoma o genetici, o anomalie di origine sconosciuta, non ci permettono di gettare il sasso contro nessuno. L'università Berkely di New York ha costatato che il dito indice delle lesbiche e dei gay non è soltanto un po', ma molto più corto di quello degli eterosessuali a causa di una maggiore esposizione agli ormoni maschili subita nell'utero materno. Potrebbe essere anche un'americanata, o informazione da prendere con le pinze, comunque si porrebbe nella linea dell'omosessualità come fatto di natura e non di perversione. Sostenere che questo comportamento è oggettivamente disordinato e contro natura non è convincente. Perché per natura s'intende la nostra base fondamentale che è biologica come quella animale (in effetti insegnava S. Tommaso, il dottore angelico della Chiesa, che l'uomo è un animale ragionevole). Ora è stata documentata la presenza di omosessualità in non meno di 470 specie animali. Indubbiamente se queste informazioni scientifiche le avessimo conosciute secoli fa, non avremmo oppresso questa gente con l'infamia, l'ironia, il rogo. Meraviglia però che una nuova mentalità sia così lenta ad affermarsi. In effetti in 100 paesi esiste ancora il carcere ed in 10 la pena di morte. Come d'altronde certi vocaboli siano duri a morire: in Sardegna li chiamano i cochi neri, in Friuli punta di dolce, in Campania "ricchiuni" da orecchie, traduzione sbagliata dallo spagnolo moricones, froci (derivazione dall'italiano furbesco del 500), finocchi (dal fatto che quando la chiesa attraverso l'inquisizione li mandava al rogo copriva il fuoco con bucce di finocchio per farli bruciare più lentamente). Non risale a molto tempo la notizia che il Ministro della Sanità Veronesi abolì in Italia il divieto agli omosessuali di donare sangue e organi, in quanto la loro condizione non è considerata patologica. È una regola di civiltà molto importante perché considera l'omosessuale persona normale e non in base a pregiudizi superati. Domenica 9 luglio 2000, giorno successivo alla Gay Pride, Papa Wojtyla andò a visitare i carcerati romani, dopo di che al poggiolo di S. Pietro lamentò la manifestazione: "non posso non esprimere la mia amarezza per l'affronto al grande giubileo 2000 e per l'offesa ai valori cristiani di una città tanto cara a tutti i cattolici del mondo. Ovviamente degni di rispetto sono questi sentimenti del Capo della cristianità, cui però molti cattolici si sono permessi un devoto dissenso. In effetti se comprensibile appare la richiesta di clemenza verso i detenuti (molti dei quali criminali che magari hanno distrutto famiglie e tessuto sociale) non altrettanto comprensibile sembra questa totale chiusura verso gli omosessuali che in fin dei conti non hanno ucciso nessuno, che anzi spesso chiedono di adottare figli abbandonati sulla strada dagli eterosessuali, legalmente sposati in chiesa e con tanto di benedizione su pergamena papale.
(post scriptum di Albino Michelin)

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