domenica 8 novembre 2015

SULLA FEDE, DIBATTITO FRA CREDENTI E LAICI

Spesso si sente dire: “quello è un uomo di fede, quell’altro l’ha ritrovata, questo si è convertito, quest’altro vive meglio senza fede.” Ed ancora: la fede è un dono di Dio, Dio la offre a chi è battezzato, l'aumenta a chi si accosta ai sacramenti. Come dire che chi non è battezzato non ha la fede e con ciò non ha ricevuto lo Spirito Santo. Ma siccome i battezzati a questo mondo sono una minoranza, di conseguenza avremmo una massa d'infedeli e di dannati. Come dire che Dio fa selezione di persone, va per simpatie e predestina chi gli aggrada. Ed ancora: la pienezza della fede e dello Spirito Santo ce l'ha il Papa al 100%, i vescovi al 75%, i preti al 50% e le persone comuni al di sotto della linea play out in zona retrocessione. Come dire che Dio fa il classista, preferisce certe caste, e le inonda di fede e del suo Spirito. Altro aspetto dell’argomento è l’affermazione spesso circolante: "è impossibile credere senza la grazia di Dio". Questa complica ancora di più il problema, perché se determinante è Dio, allora l’uomo non è più libero ma solo un robot nelle sue mani.  Se affermiamo invece che l’uomo è libero, allora Dio non è più determinante, fa da spettatore.  Mi sembra che il problema sia posto male.  Nel senso che tutti gli uomini nascendo si trovino alla stessa griglia di partenza. Con il dono della vita ricevono anche il dono della fede, la fede è una realtà legata alla vita.  Per fede non intendiamo religione (rituali, dogmi, devozioni ecc.), ma qualcosa di più profondo, cioè il rapporto fra me ed un Essere assoluto che io recepisco come fonte della mia esistenza, il senso del mio presente, la speranza del mio futuro. Indipendentemente dal fatto che il mio Dio si   chiami   così, oppure Allah, oppure   Budda, oppure Grande Spirito, ecc.
Premesso che tutti abbiamo la fede, la diversità risiede nella risposta personale che ognuno dà. Nel modo di curarla, di praticarla, di maturarla. Compito dell'uomo non è quello di ricercare la vera fede (non basta una vita), ma di rispondere a quella che lui ha dentro di sé, come cittadino del mondo, tenendo conto della sua geografia, della sua cultura, della sua religione diversa. In questo senso ci sono persone che appartengono alla religione cattolica, protestante, induista, islamica, ma ne portano solo il vestito. In realtà non hanno una fede, perché se la lasciano in fondo alla coscienza come un seme infruttuoso. Come avere un conto in banca e non utilizzarlo. Quindi non tiene il discorso: "che colpa ne ho io se non ho ricevuto la fede. Che colpa ne ho io se Dio non mi ha preso in considerazione, o che merito ne ho io se mi ha tolto questo fastidio? ..."Una soluzione si trova chiarendo il significato di "fede". Che non è creduloneria, non è svendere la propria intelligenza a chi si voglia, ma andare in fiducia, nel caso affidarsi a Dio. Questo atteggiamento può esercitare e rafforzare il rapporto che io ho con lui. Siccome l'uomo è libero nelle sue scelte, andare in fiducia può aiutarlo a verificarla e portarle a compimento.
                                     Senza fede tutto è permesso. Proprio vero?
Altro problema inerente è il rapporto fra fede da una parte e comportamento morale dall'altra. In effetti, si citano spesso le parole di Dostojeski: "Se (per me) Dio non c'è, allora tutto è permesso". Come se chi non ha fede in Dio, gli atei, i diversamente credenti fossero tutti barbari, disonesti, egoisti, e via. Non è vero, o almeno non lo è sempre. Esiste anche una fede o un'etica laica, esempio "vivere onestamente dare a ciascuno il suo, non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te". Lo predicava già Confucio e il Buddismo secoli prima di Gesù e lo scriveva anche l'imperatore Giustiniano (sesto secolo d.C.) nel suo Digesto. La parabola del Buon samaritano ci racconta di un Gesù emblematico al riguardo. Ad un tale caduto nel fosso Gesù fa passare accanto un sacerdote, un levita, un dottore della legge, i quali però filano diritti per i loro affari noncuranti e indifferenti. Ci fa passare anche un nemico, un eretico, un ateo, un diversamente credente, il quale si prende cura del malcapitato, lo carica sul suo cavallo e lo conduce all'albergo, gli presta soccorso a proprie spese. Chiaro il senso. Esiste una matrice laica iscritta nel cuore di ogni uomo, indipendentemente dalla religione professata, una matrice preferibile a quest'ultima. D'altronde leggiamo pure noi spesso sui giornali che un italiano sta annegando sulla spiaggia ed un islamico si getta in acqua per salvarlo. Ci riesce, ma lui, l'arabo, il marocchino ci rimette la vita, viene inghiottito dalle onde. Fatti successi. Come d'altro canto dei credenti e dei praticanti che passeggiano sulla riva del mare, tranquillamente, mentre distesa sotto un lenzuolo giace una ragazza esanime. La raggirano indifferenti e noncuranti. Pure questo succede. Tutta la lettera di Paolo ai Romani è pervasa da un certo spirito cioè che ogni uomo seguendo il lume della ragione può conoscere ed operare il bene. Per questo Paolo afferma che la coscienza dell'uomo è in fondo l'ultima norma di condotta etica. Oppure quando nella la Lettera ai Corinti (11,14) si domanda: "non è forse la natura stessa ad insegnarci? ..."Anche un laico, molti laici possono possedere dei principi morali e sappiamo che tanta gente pur non essendo credente, cioè non possedendo la nostra fede cristiano-cattolica, si è fatta ammazzare per opporsi ai totalitarismi e alle ingiustizie dei prepotenti contro i deboli e gli indifesi.
                                 I senza Dio sarebbero tutti soggetti pericolosi?
I diritti naturali o il rispetto degli stessi sono iscritti nella natura umana. Di più ancora: osiamo affermare che la radice degli stessi diritti non è nemmeno un'idea cristiana. Ci convinciamo dell'asserto basta prenderci la briga di leggere l'enciclica "Mirari Vos" del Papa Gregorio XVI che all'inizio del secolo XIX scrive: "la libertà di coscienza è una bestemmia, la libertà di opinione è opera del demonio". Allora non è elegante che la Chiesa si metta a rimorchio dei laici allorché fra di loro nascono dei positivi contributi chiamati diritti umani e rispetto della dignità dell'uomo. E addirittura se li accorpi come suoi. Noi abbiamo oggi una caterva di teodem (democratici di Dio) e di teocom (conservatori di Dio) secondo i quali la laicità è un dono che la chiesa ha fatto alla società moderna. Ma storicamente le cose non sono andate così. Ci sembra un po' troppo ottimista la recente affermazione del Card. Bertone quando dice che il cristianesimo conosce da sempre la sana laicità, anzi l'ha scoperta prima che sorgessero gli Stati e i Governi dell'epoca moderna. Sarebbe dire che l'etica cioè la morale laica è una specie di anitra zoppa. Sì, è affermazione troppo ottimista. Non è vero che la società senza Dio cadrebbe necessariamente nella barbarie. Non è sempre vero come scrive il filosofo Locke (+ 1794): "i senza Dio sono soggetti pericolosi". E nemmeno risponde a verità che chi nega Dio lo fa perché vorrebbe lui mettersi al suo posto. E neppure "se non c'è Dio siamo tutti liberi". Sono generalizzazioni cattoliche inventate per il bisogno della causa. C'è tanta gente atea che non accetta questo spregio sommario. Ed ha ragione, in buona parte. D'altronde anche Papa Ratzinger, che tutti apprezzano per il suo concettualismo filosofico, nei suoi discorsi si riferisce sempre alla ragione, alla natura, alla fede. Diremmo, è un po' la sua triade pallino. Il che significa che chi agisce secondo natura e secondo la retta ragione entra già nell'ambito della fede. Da aggiungere infine che molti laici si rivelano spesso più altruisti, meno egoisti ed interessati dei credenti. Infatti non pensano nemmeno al "dopo", come certi fedeli che ti compiono un'opera buona per andare "dopo" in Paradiso. No! Compiono ogni tipo di sacrificio perché il Bene è fine a se stesso, perché è un granello di senape che può germogliare in una grande pianta. lnsomma c'è chi ha fede in Dio, e chi ha fede nei "valori". In questo senso “tutti” abbiamo una fede.

Autore:
Albino Michelin
23.10.2009

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