giovedì 11 febbraio 2016

COMPIE PIÙ DI 60 ANNI LA CARTA DEI DIRITTI UMANI

Le espressioni che oggi circolano con più frequenza nei media, nei programmi politici, nei dibattiti culturali sono "pace, libertà, amore" cui si aggiunge sempre più anche "diritto". La diffusione di quest'ultimo vocabolo è piuttosto recente in quanto avevamo anche nei secoli passati dei codici sul diritto, diritto romano, diritto germanico, diritto feudale, diritto ecclesiastico o canonico, diritto di proprietà, ma in genere si trattava di un diritto confezionato a favore delle gerarchie e delle autorità varie. Molto meno si aveva a che fare con un diritto che nascesse dal basso, cioè per la protezione del debole e dell'indifeso. Oggi invece abbiamo in materia una dovizia di nomenclature: diritto dell'embrione, del feto, del nascituro, del bambino, dell'anziano, del lavoratore, del disoccupato, del disabile, del malato, del morente, dell'indigeno, dello straniero, ecc. Persino il diritto degli animali. Diremmo che la prima codificazione ufficiale sul diritto a livello europeo l'abbiamo avuto in Francia nel 1779, a ridosso della Rivoluzione, in cui i tre messaggi di fondo sono stati, "Liberté, fraternité, egalité" (libertà, fraternità, uguaglianza). Questa rivoluzione, sotto un certo aspetto pure provvidenziale, ancorché abbia visto violenze, sangue e decapitazioni contro il potere politico, il potere clericale, il potere economico della borghesia, rappresenta uno spartiacque storico, sociale e morale. Una fine ed un principio. La fine delle, teorie sul diritto e delle oppressioni pratiche di massa. Ed un principio, un inizio a che l'esercizio dei diritti divenisse ubiquitario ed universale, a garanzia di ogni uomo in quanto tale. Non è detto che dopo tale rivoluzione si abbia goduto il paradiso terrestre, ci mancherebbe. Però si è aperto un nuovo dibattito, una nuova finestra sul mondo, sia pure fra resistenze comprensibili e ingiustizie inaccettabili. La Costituzione sui diritti umani del 1779 contiene 17 articoli ed inizia "Sotto gli auspici dell'Essere supremo" in quanto non si rivolge solo ai cattolici dell'unico Dio, ma anche agli atei e liberi pensatori. Cosa che irritò il Papa di allora Pio VI, cui non rimaneva altro, purtroppo come spesso avvenne, che condannarla. Degni di rilievo il primo il quarto, il decimo articolo: "Gli uomini nascono, vivono liberi e con uguali diritti. Libertà è tutto ciò che non nuoce agli altri. Nessuno va molestato per le sue opinioni religiose, purché non si turbi l'ordine pubblico". 169 anni più tardi, il 10.12.1948, cioè esattamente oltre 60 anni fa, nacque la "Carta dei Diritti", la quale altro non è che lo sviluppo e l'applicazione di quelli della rivoluzione francese. Questa Magna Carta è un po' più estesa e comprende 30 articoli, fra cui i più significativi sono: Nessuna distinzione fra gli uomini a causa della razza, colore, sesso, lingua (2). Condanna di ogni schiavitù (4), la quale, si sa era, già stata definitiva nel 1926. Diritto al libero pensiero, alla religione, e di cambiare religione (8). Diritto all'istruzione per ogni ceto sociale (26).
                              Quale contributo dal versante del Cristianesimo?
Indubbiamente già nell'Ebraismo antico, radice del cristianesimo, noi troviamo accenni ed impulsi ai diritti o, se non altro, all'attenzione verso i deboli o le fasce deboli della società. Non in forma organica ma con interventi mirati già nei profeti del Vecchio Testamento si difendono i diritti del povero, delle vedove, degli orfani e pure dello straniero. E per quanto riguarda il diritto al riposo nel giorno di festa si comanda: "non lavorare né tu, né il tuo servo, ne il tuo asino". Anche se in negativo tutti, animali compresi, sono posti allo stesso livello. Nei Vangeli poi, messaggio biblico del Nuovo Testamento, si delinea un Gesù molto più esplicito ed esigente. Prende la difesa dell'adultera perché anche chi sbaglia ha la stessa dignità di chi si vanta innocente. E quando vuole instaurare un giudizio di valore, di fondo, o finale su ogni persona, proclama: "ero povero e mi avete dato da mangiare, nudo e mi avete rivestito, carcerato e mi avete visitato.'' Non fa né privilegi, né ricatti, perché tutti sono suoi fratelli, figli di Dio, ovviamente riferendosi al primo libro della Genesi in cui si definisce ogni uomo immagine di Dio E nonostante Gesù fosse un ebreo e come tale si sentisse nei confronti degli altri popoli, allorché una donna straniera con fede gli chiese la guarigione della figlia si meravigliò: "non ho mai trovato tanta fede tra i miei connazionali e correligionari israeliti". Come dire che anche lei pur appartenendo ad un altro popolo aveva il diritto di sentirsi felice. E Gesù glielo riconobbe. Per quanto riguarda le lettere di Paolo, organizzatore della chiesa delle origini, l'atteggiamento non cambia. Certo come i Vangeli, nemmeno i suoi scritti contengono un trattato ad hoc sui diritti dell'uomo. Però in più di una circostanza apre una finestra sul mondo. Sia pure con due passi avanti e uno indietro. Per esempio nella lettera agli Efesini asserisce: "mogli, obbedite ai vostri mariti, come a Cristo, perché come Cristo è capo della chiesa, così l'uomo è capo della donna in tutto". Certo questo brano fa sorridere o infuriare le nostre donne oggi, però nella lettera ai Gaiati professò: "non c'è né uomo né donna perché tutti siamo uguali in Cristo". Va dato atto esserci un certo cammino a seconda delle circostanze e l'evoluzione del tempo.
             Perché lungo i secoli la chiesa parlò più di doveri che non di diritti?
La domanda è legittima ed in parte la risposta non può essere che sì. Per chiarezza qui ci riferiamo alla chiesa del post-Costantino (313 d.C.), quella che prese in consegna l'impero romano e dal quale in parte ereditò leggi, comportamenti, abbigliamento, ed altre inutili dignità e pesantezze. Dal punto di vista religioso essa si ancorava ai 10 Comandamenti dell'Esodo e dal punto di vista sociale al timore che la libertà di pensiero minacciasse l'unità della barca di Pietro. E così si radicò il principio (durato fino a qualche decennio fa): "proibito capire, obbligati ad obbedire”. Si passa da un impero ad un altro. Alcuni cenni storici giova qui ricordarli anche per dare atto alla chiesa stessa degli sforzi compiuti per arrivare al 1963, con Papa Giovanni XXIII che nell'Enciclica "Pacem im terris" proclama il riconoscimento ufficiale nella Chiesa dei diritti umani. Cammino lungo e laborioso. Verso il 380-90 d.C. l'imperatore Teodosio ci mette del suo: "Chi rifiuta di essere cristiano o è un demente o un sovversivo. Perciò oltre che con la Giustizia di Dio dovrà fare i conti anche con la nostra". Nemmeno sognarsi dunque il diritto di scegliere una propria religione. La Chiesa da perseguitata fino al 313 minaccia di diventare persecutrice. Sant’ Agostino qualche anno più tardi: "la schiavitù è necessaria per l'equilibrio sociale". Si dovrà attendere 14 secoli perché (non la chiesa, ma) la società laica abolisca questa inaccettabile discriminazione definitivamente nel 1926. Nel 1199 Innocenzo pone sotto controllo il Vangelo e Giulio III nel 1553 proibisce la divulgazione del Vangelo in italiano. Incatenata la parola di Dio, tolto un diritto al popolo credente con la motivazione "se la gente mette a confronto il Vangelo con il nostro modo di vivere potrebbe scandalizzarsi". Nel 1823, 30 anni dopo la Rivoluzione Francese con l'introduzione della "Carta dell'uomo" Gregorio XVI chiama delirio la libertà di ricerca. Sei anni più tardi il suo successore Leone XII: "il vaiolo è un castigo di Dio, chi si vaccina non è più figlio di Dio". Come dire oggi: "il malato terminale che inserisce la spina per sopravvivere non è più figlio di Dio". In discussione, come si vede; anche il diritto alla salute. E nel 1878 Leone XIII: "in quanto alla fede tutti siamo uguali e figli di Dio. Ma per il resto è diritto di natura che esistano le disuguaglianze”. Le ultime storiche chiusure in merito le abbiamo nel 1950 (due anni dopo la fondazione dell'Onu, quando nell'enciclopedia cattolica si legge: "oggi abbiamo un nuovo idolo, l'individualismo. Non ha senso il diritto di cambiare religione". Come si diceva sopra, fino al 1963 con Papa Giovanni XXIII quando affermò che alla base della convivenza vanno posti i diritti dell'uomo. Da aggiungere per completezza a questo volo storico che dal 1948 lo Stato della Chiesa (Vaticano) è pure membro dell'ONU, ma non ha sottoscritto la carta dei Diritti in quanto si afferma l'uguaglianza uomo-donna. Per il timore che la donna si arroghi ad esempio il diritto all'aborto, oppure il diritto di esigere pari dignità del maschio per quanto concerne il sacerdozio.
                       Chiesa a rimorchio della storia e della società laica.
Premettiamo che alla chiesa non sono mai piaciuti i diritti umani, però dobbiamo dare atto che in parte così fu in quanto la sua prudenza non le permise di esporsi troppo per poi non dover ritirare affermazioni di principio. Dall'altra parte però molti cattolici disinformati e recalcitranti ad ogni informazione opposta e ad ogni rilettura storica scivolano nell'anacronismo di pensare che la chiesa "sempre" abbia difeso i diritti umani, "sempre” abbia sostenuto gli organismi di mediazione internazionale, "sempre" abbia lavorato a favore della pace. Si riscontra smentita pure oggi nel Nuovo Catechismo di Ratzinger 1992, dove si ribadisce la liceità della pena di morte e della guerra giusta. Dobbiamo pure avere l'onestà di ammettere che i diritti dell'uomo sono il risultato di un tortuoso cammino nel quale mai, o quasi, la gerarchia ecclesiastica è stata alla guida del cambiamento, andando a rimorchio della lungimirante ricerca e attività dei singoli credenti, gruppi, minoranze, Ordini, Congregazioni, spesso invise ai guardiani dell'ortodossia e spesso anche a rimorchio della cultura laica e di quegli istituti secolari condannati e costantemente avversati. Certe conquiste in questo ambito sono avvenute non per merito ma nonostante la chiesa, ancorché si deve ammettere che rivoluzioni come quella francese, sviluppo delle scienze, rivendicazioni sociali ecc. sono sorte su terreno inconsciamente fertilizzato per 16 secoli dal messaggio cristiano. Sul loro modo poi di procedere si potrà discutere, ma su certi messaggi di fondo no. Non serve molto aver un conto in banca (cioè il Vangelo) se poi non lo si utilizza. Gesù ci ha raccomandato di fare anche attenzione ai segni dei tempi e che lui ci manderà il suo Spirito il quale insegnerà cose ancora sconosciute, in quanto il tempo potrebbe non essere maturo a comprenderle. In base a questo messaggio di Gesù la Chiesa oggi dovrebbe essere più coraggiosa e procedere un po' più spedita: fare attenzione alle voci della storia, della scienza, della laicità. Dio parla anche attraverso questi canali e non soltanto attraverso Tv Sat 2000 o dalla cattedra di Pietro.

Autore:
Albino Michelin
25.09.2008

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