giovedì 11 febbraio 2016

LA CULTURA DELLA PACE

Il primo gennaio del 2008 a Vicenza si è organizzata una manifestazione “No Dal Molin“, contro l’insediamento della base militare americana nell’ex aeroporto civile. Forse erano mille, forse cinquecento, il numero non ha importanza allorché si vuole testimoniare un valore fra i più importanti della nostra società attuale, nonché del Vangelo. In effetti i pochi o i molti vicentini e italiani devono mettersi il cuore in pace: la base americana si farà non ostante tutto. Contro i poteri forti non c’è santo o Madonna di Monte Berico che tenga. Sempre lungo la storia il diritto della forza ha prevalso sulla forza del diritto alla faccia dei deboli e degli incolti. Encomiabile però che una minoranza sia pure esigua abbia il coraggio di esserci, di rendersi visibile per esprimere contro ciò che ad onda lunga considera un’ingiustizia, una rovina dell’ambiente, una cultura della morte, rediviva schiavitù coloniale, nel caso guidata dagli Usa. È ammirevole ed incoraggiante per tutti che a Vicenza ci siano preti (oltre una cinquantina) e cristiani che a ritmo costante abbiano avuto il coraggio di esporsi al pubblico, sfidando il borghesismo cattolico imperante che li ha definiti ingenui ed illusi. Grazie fratelli e sorelle nella fede. La maggioranza dei vicentini, attraverso pure i media locali, si è chiesta perché queste teste calde si sono mosse all’insaputa del vescovo e senza il suo consenso. Come se nella chiesa, popolo di Dio, per fare un’opera buona o per costruire la pace si dovesse attendere l’ok di sua santità, di sua eminenza, di sua eccellenza. Questa maggioranza vicentina, encomiabile per la sua imprenditorialità e laboriosità che vede solo skei (soldi), sta perdendo l’anima. E non per la vita eterna, ma in questa vita terrena. In parte assolta anche dalla chiesa alta locale e nazionale che a differenza di tutte le altre chiese del mondo è politicamente forte, ma profeticamente debole flebile. Profeticamente va inteso da profeta, colui che parla in nome di un altro Dio, della sua giustizia, della sua pace, della sua fratellanza. Il commissario Costa ebbe recentemente da affermare che la base Dal Molin si giustifica religiosamente e tirava in ballo S. Ambrogio, S. Agostino, S. Tommaso. Ma di Gesù Cristo non una sillaba. Ma chi siamo noi? La chiesa di Gesù Cristo o la chiesa di qualche santo o di qualche politico? Ma se ci fermiamo a metà strada con queste dietrologie, come spiegare le oramai a tutti note guerre sante, inquisizioni, roghi, distruzioni di civiltà messicane, ecc. purtroppo causate dalla nostra chiesa, cui ci sentiamo non ostante tutto di appartenere? Il Vescovo Mons. Nosiglia nel suo sermone di fine anno disse che la chiesa non può far politica, ma solo carità e dialogo. E’ un po’ un volemose bene che nel nostro caso non porta molto lontano. Dall’esperienza nazionale si può evincere che la chiesa non fa politica di sinistra, ma pende a farla di destra, per la destra, con la destra. Vedi le ripetute reprimende contro il marxismo e i comunisti e la quasi idilliaca convivenza con il neoliberalismo o capitalismo che dir si voglila. Dal quale la chiesa reclama tanti privilegi finanziari, come l’esenzione dall’Ici, dal fisco, ecc. e dimentica che anche Gesù pagava le tasse, Matteo non mente al 17,27. Per cui in Italia abbiamo uno stato povero indebitato, ed una chiesa ricca, sfarzosa, trionfante. Non è necessario che il sindaco implori dalla chiesa vicentina di esprimersi in materia. Implicita la risposta. Ci sarebbe anche da chiedersi perché nel nuovo catechismo esista ancora la pena di morte (n.2266) e la guerra giusta. Forse un compromesso o una compiacenza ai poteri forti Usa e vescovi suoi, altrimenti avrebbero potuto mettere in discussione il sostegno finanziario alle congregazioni vaticane? Si potrebbe proporre durante la messa che al posto dell’augurio ”la pace sia con voi” si consigliasse ”la cultura della pace sia con tutti voi”. Così la liturgia non ci porterebbe solo a volare sulle nuvole, ma anche ad impegnarci con la testa e con la ragione sui fatti reali, tipo appunto base americana a Vicenza. Discorsi del genere li faceva già nel 1832 Antonio Rosmini, con il suo libro “Le cinque piaghe della santa chiesa”, ovviamente condannato a più riprese addirittura nel 1887, quando l’autore era già morto e stramorto. Ma il nostro venne fatto beato il 18 novembre 2007. Che non capiti così anche con i credenti del “No Dal Miolin”? Quindi, cari amici del NO, con la maggiorana del Si non è possibile nessun dialogo, perché noi si parte dalla dignità dell’uomo attuale e futuro, loro invece partono dal culto del vitello d’oro, cioè dalla bramosia di skei, di invadere il mondo per guadagnare skei. Però siccome siamo credenti nel Vangelo di Gesù anche a quelli del No dobbiamo rispetto, e chi sporca i muri e rompe le vetrine non è dei nostri, perché gli manca lo spirito e l’onestà intellettuale. E in un prossimo domani, quando i poteri forti inaugureranno l’Usa Dal Molini noi faremo una veglia di preghiere e ogni anno un anniversario di commemorazione come i monaci buddisti che hanno sfilato per le strade di Birmania contro le ingiustizie del loro governo, senza colpo ferire, messaggeri della non violenza. Per insegnare ai cattolici italiani ed europei dalle radici cristiane che la pace non è stata annunciata dagli angeli agli ebrei del tempo o ai cattolici che ne seguirono, ma a tutti gli uomini di buona volontà del nostro tempo.

Autore:
Albino Michelin
02.01.2008

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