sabato 13 febbraio 2016

TONACHE NERE IN AUMENTO, PRETI IN CALO

Si è concluso venerdì 11 giugno 2010 l'anno sacerdotale, voluto da Papa Ratzinger in occasione del 150° anniversario della morte del Curato d'Ars, J.M.B. Vianney, parroco a capo di una piccola comunità rurale francese, animato da una profonda religiosità ed amato per la sua grande generosità verso i poveri. Si è voluto pure concludere l'anno in Piazza S. Pietro con una specie di “sacerdozio-day”, com'è di moda oggi, da quando si è cominciato con il family-day e poi di seguito con il gay-day, il papa-day. Si è costatata la partecipazione di circa 15 mila religiosi provenienti da un centinaio di paesi, fra un totale di 400 mila unità sparsi nel modo. Oggi si registra una forte diminuzione del clero, però il fenomeno non appare identico in tutti i continenti, in quanto evidenzia diverse motivazioni. Ad esempio in calo sono i preti d'Europa e d'America, in aumento invece in Asia, nelle Filippine, in Africa. Forse è anche facile intuire le ragioni: un tempo i preti da noi avevano un forte ascendente sociale e sicura garanzia economica. Le famiglie numerose con qualche figlio in seminario riuscivano a sfamare più facilmente le bocche rimaste a domicilio. E chi aspirava ad una visibilità, ad una cultura, ad un potere, ad un prestigio spesso si faceva prete. Tanto era chiaro un detto che le tre figure dominanti in un paese e che mai sarebbero morte di fame erano il sindaco, il dottore, il prete. Con ciò non intendiamo generalizzare, nemmeno ignorare uno dei motivi ricorrenti della sovrapproduzione ecclesiastica di un tempo. Qualche campionario in via di estinzione ce l'abbiamo tutt'ora. Si pensi alla frazione di Casoni, comune di Mussolente (TV) che registra 3645 abitanti e 36 preti, vale a dire un religioso maschio ogni 100 residenti. Ovvio che in tanta abbondanza alcuni un tempo si facessero preti senza bisogno di dire messa essendo sufficiente per vivere la professione di letterati, artisti, insegnanti. Nei continenti su citati invece un po' per motivi su detti, un po' per un ritardo scientifico industriale, vi è una sufficiente fioritura di vocazioni sacerdotali e per questo vediamo nelle nostre parrocchie tanti preti di colore, multietnici e multirazziali. Che poi da un punto di vista psicologico, la comunicazione e l'animazione pastorale attraverso usi e costumi diversi, raggiunga effetti ottimali, questo è un altro discorso. Quello che ci può interessare è un aspetto più limitato, cioè come mai in Europa, dalle lunghe radici cristiane, la figura del prete sia tanto in crisi. Senz'altro in primo luogo perché in crisi è la fede religiosa tradizionale. E poiché il prete viene considerato l'uomo di Dio, della preghiera, dei sacramenti, del culto, del tempio è ovvio che diminuendo questi interessi diminuiscano anche i candidati ad assumersi una responsabilità nel settore e a dedicarvi una vita.
                                           Colpa solo di una società senza fede?
Ma si potrebbe limitare ancora ulteriormente il discorso e chiedersi se questo calo sia da addebitarsi solo ad una società sempre più carente di fede oppure anche ad una chiesa che stenta a trovare un modulo diverso nei confronti di un mondo in rapida evoluzione. In primo luogo: ma è proprio vero che oggi la nostra è una civiltà che ha perso la fede? Certo, le chiese come luoghi di culto vengono disertate sempre di più, le chiese come grosse istituzioni registrano un numero crescente di uscite e di esodi. Ma per il momento non mettiamo insieme e non confondiamo da una parte la fede come senso del trascendente, bisogno e ricerca di Dio, permanenza e resistenza del sacro sia pure in forme rudimentali, con le rispettive istituzioni di chiesa. Anzi oggi c'è un risveglio d’interesse nei confronti di Dio. Ad esempio ogni sei ore viene pubblicato un libro su Gesù, con una forte tendenza a riappropriarsi quello storico (anche se non quello ripetitivo del catechismo). Un vero boom di pubblicazioni sulla fede accanto a quelle di teologia, un 26% di aumento di letteratura religiosa dalle editrici cattoliche e laiche. Vi è una grande zona intermedia di lettori credenti e non praticanti, non clericali, però molto sensibili ai temi ultimi o personali di coscienza. Non si può liquidare il fenomeno affermando che chi non pratica non è nemmeno religioso, o legato ad una certa spiritualità. C'è ancora e ci sarà sempre un terreno fertile in cui, come diceva Gesù nella sua parabola, la semente è destinata a portare buon frutto. Ancorché qualche volta sia necessario pure farsi una domanda sulla qualità della nostra semente. Bisogna chiedersi per esempio perché in Brasile negli ultimi anni 50 milioni e in Usa circa 70 milioni di credenti siano usciti dalle grosse chiese istituzionali (cattolica e protestante) e siano confluiti in movimenti religiosi, pentecostali, carismatici, o di altro genere, meno formalisti e legalistici. O perché in Italia negli ultimi periodi siano sorti qualcosa come 700 gruppi di cattolici usciti dalla chiesa, circa un milione e mezzo di adepti e addirittura tendano verso modelli aggregativi delle religioni e del misticismo orientali. Quindi non possiamo addebitare il calo dei preti solo alla perdita di fede nella nostra civiltà occidentale. Forse c'è dell'altro. Esempio, se oggi l'istituzione chiesa non debba fare anche un'autoriflessione sul modo di reclutare, formare, gestire i preti. Fermo ovviamente un punto fisso: che il sacerdote dovrebbe essere il testimone del Vangelo, radicato profondamente nel messaggio di Gesù, al suo insegnamento essenziale. In questo caso un contributo lo possono dare anche tutti i fedeli, se non altro i più impegnati e sinceri, anche se non si fanno preti. Perché il cosiddetto "senso dei fedeli" è storicamente considerato parte integrante del magistero della chiesa. A tal punto che essa non può legiferare da sola: "così ha deciso il Papa, o così giudica la gerarchia". Il detto: "vox populi, vox Dei, voce di popolo, voce di Dio" qui andrebbe preso in considerazione, ovviamente evitando il populismo demagogico, o la cosiddetta democrazia di partito. Il tutto sostituendo con l’espressione “corresponsabilità di chiesa”. Se si lanciasse un'ampia inchiesta su "come vorremmo oggi noi il prete", non andrebbero ignorate alcune istanze di fondo, espresse dalla comunità.
                                            Opinioni della gente sul prete.
Prima osservazione. Oggi la chiesa si presenta come una fortezza arroccata su se stessa. Rigorista, riluttante al dialogo con il mondo. Non vogliamo sempre ritornare sul discorso trito e ritrito del libero celibato e matrimonio dei preti, sul sacerdozio a uomini sposati (detti probiviri), sul sacerdozio alle donne. Su questi aspetti però deve essere chiaro che Gesù non ha posto alcun divieto assoluto. Così dicasi degli oltre 60 preti sposatisi dopo il Concilio e che la chiesa ha esonerato dall'incarico. Perché nemmeno un cenno a loro in quest'anno sacerdotale? La gente si chiede: Gesù si sarebbe comportato così? D'accordo che oggi possono nascere difficoltà di carattere organizzativo. Però vanno spiegate alla gente in forma chiara e precisa. E qui oltre che a recuperare una sana libertà evangelica si avrebbe anche un ricupero quantitativo di preti. Legato a questo aspetto non vi è solo quello del dialogo con il mondo, ma anche quello della sincerità, e obbiettività di informazione. Un caso recente, fra gli innumerevoli del passato, ce lo conferma. II giornalista cattolico Messori, considerato un portavoce carismatico della chiesa attuale, ti scrive sul "Corriere della Sera" che nella chiesa il celibato dei preti esiste da sempre. Falso perché per più di un millennio anche i preti di rito latino potevano sposarsi ed anche oggi vi sono preti sposati di rito orientale, cattolici s’intende. E per un privilegio della Chiesa, parroci sposati ne abbiamo tutt'ora anche in Calabria, a Firmo, Castroregio (CS) e S. Polo degli Albanesi (PZ). E ora sono in arrivo anche a braccia aperte preti sposati di religione protestante anglicana. Con la diffusione di queste bufale alla Messori, i cattolici vengono sempre trattati da ignoranti e tali accuratamente conservati in una campana di vetro. Però così la chiesa perde molti dei suoi fedeli migliori, e ci rimangono dentro magari molti pseudo cattolici opportunisti, pronti a renderle untuosi omaggi pur di servirsi del suo sostegno e conservare il potere. Di fronte a questo quadro il farsi preti diventa un po' più difficile e qualcuno ci perde anche la voglia.
                                     Il prete, uomo della legge o della misericordia?
La seconda osservazione, presa dal contesto di tante altre, è che i preti stanno di più dalla parte della legge della chiesa, che non dalla parte della coscienza del singolo. Che anzi, questa, non esiste proprio se non è vidimata dal timbro della chiesa stessa. E qui pure andrebbe fatto un esame. Cioè si crea molta confusione fra il principio di autorità e il principio di realtà. Indubbiamente la chiesa ha l'autorità di esprimere quanto è giusto o sbagliato, ma dovrebbe partire dal principio della realtà. Imporre semplicemente perché la chiesa così ha deciso, senza previa considerazione dell'oggettività, della situazione, della persona, delle circostanze storiche, per la gente diventa irritante in quanto unilaterale. In questo contendere, anche Gesù ci viene in aiuto allorché afferma non essere l'uomo a servizio della legge, ma la legge al servizio dell'uomo. E qui entra tutta una serie di tematiche spesso in conflitto fra credenti e la gerarchia. Come il maschilismo, l'autoritarismo, l'omosessualità, il divorzio, la comunione ai divorziati, il preservativo, la diffidenza verso la scienza, ecc. E per restare in tema "Legge e coscienza", forte è l'insorgenza della gente nei confronti dei sacramenti. Da una parte si legge nei tomi di teologia: "sacramenta propter homines" (i sacrament sono per gli uomini), ed ancora: "suprema lex salus animarum" (legge suprema la salvezza delle anime) e poi si assiste in pratica ad una grande confusione. Sacramenti, battesimo, comunione, funerali si negano a seconda degli umori dei preti. Caso, la “dolce” morte di Welby che dopo anni di sofferenze non né poteva proprio più, e decise di andare con Dio abbreviandosi la vita? Niente funerale religioso. Si suicida un banchiere? Funerali con il vescovo. In occasione di una messa funebre il prete nega la comunione a Mara Venier perché divorziata convivente. Nella stessa occasione viene data la comunione a Berlusconi divorziato e pluriconvivente notorio. Amici preti interpellati rispondono: "non si può giudicare la coscienza di nessuno". Bene, quella di Berlusconi no, e quella di Mara Venier sì? Quella delle povere disgraziate coppie si, quella dei nobiluomini e nobildonne no? Quella dei muratori sì, e quella dei mafiosi appaltatori no? E’ questo sacramentalismo "umorale" e selettivo che allontana la gente dall'istituzione chiesa. E' questo che rende travagliata anche l’attività di molti preti quando nonostante il Dio misericordioso del Vangelo da una parte si è costretti a negare un rito religioso in chiesa per i divorziati risposati dall’altra. E' difficile camminare fra due fuochi: fra la misericordia di Dio da una parte e la legge della Chiesa dall'altra. Questa è un'altra situazione che può rendere difficile la vocazione a farsi preti, perché scappa di dire: tanto tutto è bottega.
                                            Perché la gente esce dalla chiesa?
La terza osservazione. Molti fedeli osservano che la chiesa non sa confessarsi. La gerarchia e i preti mandano la gente al confessionale, ma loro non danno l'esempio per primi. E anche qui viene a taglio il caso recente della pedofilia del clero. D'accordo con il Papa Ratzinger sulla condanna pubblica nei confronti degli abusatori e la richiesta di perdono agli abusati. Però un'obbiezione: se io non ho compiuto alcun atto di pedofilia non vedo opportuno che altri mi mettano nel sacco comune e chiedano perdono per me. Paga chi ha sbagliato. E quindi nel caso della pedofilia se alcuni cardinali della Curia Vaticana come Ottaviani nel 1961 pubblica una dichiarazione che a divulgare i casi di pedofilia si viene scomunicati, se nel 2001 si ripubblica la stessa dichiarazione, allora a chiedere perdono dovrebbero essere gli stessi responsabili della Curia Romana per avere essi stessi occultato la verità. Però l'atteggiamento di scaricare la colpa solo sugli altri senza riconoscere eventualmente la propria, non dà alla chiesa il volto di una credibilità evangelica. Il fatto che nei Paesi del Nord Europa dopo questi fatti siano usciti dalla Chiesa quasi il 30% dei cattolici è un gran brutto segno. E anche questo potrebbe costituire una delle cause per cui alla chiesa cattolica confluiscono meno sacerdoti. Le considerazioni su esposte vengono alla riflessione in riferimento alla chiusura dell'anno sacerdotale. Il titolo porta: aumento delle tonache nere. Si di preti provenienti da paesi terzi, e preti, se pur in numero minore, provenienti dall'Europa dell’Est, la cui caratteristica però sembra un ritorno al preconcilio vecchio stile: abbigliamento, tonaca nera, collare, e soprattutto rigidità e rigorismo indiscutibile, religione di intimidazione, un ritorno al Medioevo. Si dirà: pochi ma buoni! Ma mentre molti preti anziani e di mezza età hanno acquisito una certa capacità di dialogo e di comprensione, (quelli che provengono dalla cultura di Giovanni XXIII), i giovani preti oggi paiono estremamente inflessibili. Auguriamo loro di non essere solo funzionari della legge, del tempio, del sacro, ma compagni di viaggio della gente che cerca Dio e il senso della vita.

Autore:
Albino Michelin
18.06.2010

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