venerdì 12 febbraio 2016

LE RAGIONI DEL MALCOSTUME ITALIANO

Bisogna premettere che quanto qui delineato non riguarda tutti gli italiani, né la globalità del nostro popolo. Vi è molto del positivo, i milioni di persone che si alzano alle sei del mattino per andare al lavoro, il volontariato, la solidarietà assai diffusa e tante altre belle qualità. Non si può però negare che il tasso di corruzione e di illegalità, la mancanza di senso civico fra di noi è molto elevato, purtroppo più che in atre nazioni. Per cui ci permettiamo di analizzarne le cause, allo scopo di prendere coscienza e battere strade migliori. Conoscere la nostra storia, ma senza autolesionismi. Le cause del malcostume italiano, senza andare ai proconsoli romani, Nerone, Caligola ecc. possiamo ravvisarle all'inizio dell’Unità d'Italia 1860-70 e cioè: l'assenza dello Stato, la negazione dello Stato nascente e in parte della Chiesa, la nostalgia della Chiesa del potere temporale e la mancata educazione alla coscienza personale.
                                            Assenza dello Stato: cittadino fai da te.
Lo Stato italiano fin dalle sue origini ha brillato per evanescenza, estraneità, lontananza. Fatta l'Italia sulla carta geografica si è disinteressato di fare gli italiani. Questi l'hanno visto non tanto come garante della legalità, ma come sfruttatore. Il popolo non ha partecipato alla formazione della nazione, ha solo assistito. Il 75% della popolazione al tempo era contadina, fuori dalle istituzioni, fuori dal mercato. Mangiavano quello che producevano, mancavano ospedali e scuole. Uniche istituzioni: i carabinieri, gli esattori delle tasse, i latifondisti con qualche rilevante appoggio clericale. L'altro 25% composto di proprietari, di commercianti, magistrati, maestri, impiegati: di qui nasceva la classe dirigente. La corruzione italiana, in parte anche fino a quell'attuale, è un fenomeno che deriva direttamente dall’estraneità dello Stato rispetto al popolo. Uno Stato barricato nei suoi privilegi, governato da codici e leggi proprie. Quindi la necessità di supplire l'assenza di legalità con la corruzione spicciola, la compravendita di indulgenze civili come faceva la chiesa con le indulgenze religiose. Altro non rimaneva al contadino che emigrare nelle Americhe, oppure darsi al brigantaggio e all'illegalità. Di qui è nato “il mestiere dell'arrangiarsi". Certo questo comportamento, la corruzione pubblica, non è solo un fatto italiano, ma soprattutto. Si trova nelle democrazie e in dittatura, in economie mature e sottosviluppate. Dovunque i furbi accalappiano gli allocchi, i quali cercano di rifarsi sui più allocchi di loro. Ma in Italia c'è un aggravante: la fatiscenza dello Stato, la debolezza delle istituzioni. Per noi all'origine, 1860, lo Stato non era un simbolo, non era la nostra Patria.
                                 La scomunica della Chiesa all’Italia nascente.
Anche questa una delle ragioni della nostra mancanza di legalità e di senso civico. Si sa che la Chiesa fino al 1870 possedeva lo Stato Pontificio con le regioni Romagna, Marche, Umbria, Lazio. Donazioni che partivano da Costantino (330), vera o falsa che fosse, dai Longobardi e da Pipino il Breve che nel 756 regalò alla Chiesa la costa adriatica. Con la Breccia di Porta Pia (1870) i Risorgimentali espropriarono Pio IX di tali possedimenti per fare l'Unità d'Italia. Questo Papa si rinchiuse sdegnoso in Vaticano, scomunicando tutti. I Savoia, Garibaldi, gli arruolati all'esercito e tutti coloro che avessero riconosciuto il nuovo Stato partecipando alle elezioni. Un'ecatombe di scomunicati. Non riconoscendo la legittimità di questa operazione la Chiesa contribuì a vedere nello Stato l'anticristo, alle cui leggi e interventi non si doveva ossequio e obbedienza. E tanto meno pagargli il fisco. Per cui l'italiano ha trovato un secondo motivo di fottersi dello Stato e del senso civico. Era sufficiente una religione intimista e individuale, salvare l'anima propria secondo i dettami di Santa Madre Chiesa. Le cose, come sappiamo, lentamente si accomodarono. Ad esempio nel 1929 con il Concordato fra l'Italia e il Vaticano, con il quale la Chiesa venne abbondantemente risarcita per tutti i secoli dei secoli con beni immobili e privilegi. Il tutto poi ampliato con il Concordato del 1984 fra Governo Craxi e Vaticano. A conclusione dell’argomento, una riflessione ci sia consentita: la fine del potere temporale (Stato Pontificio) dei Papi, al di là del modo con cui venne portato a termine dagli animi bellicosi, è da considerarsi una grazia di Dio, perché la Chiesa ha avuto l'occasione di ritornare un po' più evangelica, privandosi di orpelli e poteri imperiali. In fondo come la voleva Gesù.
                                  La nostalgia della chiesa: ”L’Italia mi appartiene.”
Frase pronunciata a suo tempo da Robert Mugabe, presidente africano: "Lo Zimbawe mi appartiene". E' un po' lo stesso spirito con cui la Chiesa considera lo Stato italiano. Non si muove foglia che la Chiesa non voglia. L'osservazione fa supporre che essa interferisca su ogni tipo di legge che non le aggrada, quasi che la nostra costituzione debba coincidere con il Vangelo, un po' come presso gli islamici in cui il codice civile deve coincidere con il Corano. Il paragone sembrerà irriverente, ma a ben rifletterci, non più di tanto. Dai Pacs, ai Dico, alla ricerca sulle cellule staminali, sul diniego ai diritti dei disabili e alla depenalizzazione contro gli omosessuali (pronunciamenti recenti in sede Onu) sono interventi che non lasciano tanto respiro alla componente laica del mondo italiano, nonché agnostica, atea, anticlericale. Non la si può considerare dei "nostri" contro la loro volontà. Eppure nello spirito che "L'Italia mi appartiene" la gerarchia interferisce. Essa risponderà che rivendica la giusta libertà di proclamare e annunciare il Vangelo. Se fosse cosi siamo tutti d'accordo. Ma sono le pressioni che irritano. La Chiesa può tollerare, disapprovando il divorzio, l'aborto, l'eutanasia negli altri Paesi, come ad esempio in Svizzera e dovunque nel mondo, ma non nel "suo" Stato. Significativa la risposta che diede recentemente la cameriera di un ristorante trevisano. "Trova, signorina, una differenza fra Gesù Cristo e la Chiesa da voi?". Al che rispose non essere lei molto praticante né addentro alle distinzioni sottili. Ma che Gesù per lei è una guida, la chiesa invece un potere. Ed è perciò che questa istituzione a lei non interessa più di tanto. Essa si fa i fatti suoi. Significativo: farsi i fatti propri, cioè l'arbitrarietà di comportamento, rifiuto delle regole e avanti fino al malcostume, tutto ciò trova pure una causa nell'invadenza della chiesa: "voi italiani, mi appartenete". Logica la reazione.
                                    In Italia una chiesa perseguitata dallo Stato?
E' l'affermazione di molta stampa cattolica, nonché di molti prelati. Ci vuole un bel coraggio, rasentiamo il grottesco. Proviamo a dare qualche informazione sul come la Chiesa "mette le mani sulla città", cioè sul popolo italiano? Intendo a livello di denaro, di privilegi, di esenzioni. L'8 per mille (circa un miliardo di euro all'anno) con un metodo alquanto furbescamente truffaldino. Contributi alle scuole cattoliche di sua gestione (535 milioni secondo accertate stime), quando la costituzione vieterebbe in questo settore oneri per lo Stato. Uno stuolo di insegnanti di religione cattolica a carico dello Stato, assunti senza un concorso, circa 15 mila, con diritto al successivo passaggio ad altre cariche, mentre innumerevoli precari regolarmente laureati attendono da anni l'assunzione a tempo indeterminato. E poi il discorso sui possedimenti andrebbe per le lunghe. Il 16 del patrimonio italiano appartiene alla Chiesa, il 5% degli immobili nella città di Roma pure. Nessuna tassa, nessuna lci, forse qualcosa sui business commerciali gestiti nei suoi ambienti. Per non dire di tutti gli altri contributi statali alle 'Università cattoliche, addirittura a quella dell'Opus Dei (20 milioni) un vero potentato economico, vada invece per l'ospedale di P. Pio (5 milioni annui). Ora se la chiesa rinunciasse a tutti questi foraggiamenti del popolo italiano, lo Stato potrebbe dimezzare le tasse a tutti i cittadini. La valutazione minima è dai sei miliardi annui in su. Una chiesa perseguitata? Grottesco. Pensiamo anche a tutto lo spazio televisivo che la Chiesa esige. Cerimonie liturgiche, Pontificali, parate militari, interventi a "Porta a Porta", e altre rubriche, dove appaiono sempre gli stessi prelati o teologi domestici, debitamente vaccinati e censurati, mentre altri studiosi di materie religiose, seri e competenti non avranno mai il diritto di parola, perché non allineati. Manca un ampio confronto. Per non parlare delle trasmissioni di altre religioni non cattoliche, confinate a notte fonda, come l'ora protestante e dei valdesi. E le frequenze esclusive di Radio Maria, un'emittente molto settaria e dal cattolicesimo becero, che rendono difficili l'ascolto di altre frequenze come Rai 3? Chiesa perseguitata o Chiesa acchiappa tutto? Ora quest'atteggiamento che esige privilegi e anche con arroganza, indispone buona parte della collettività. La quale conclude: noi pagare le tasse, il fisco, correttezza nell'uso del denaro pubblico? Cominci la Chiesa. E' qui anche, ripetiamo, una causa della cosiddetta corruzione degli italiani. Con il grosso pasticcio che non riuscendo a distinguere quando la Chiesa, il Papa, ecc. parlano come potere economico oppure come testimoni della verità evangelica e della trasparenza, si rinuncia ad ogni discussione e pubblico dibattito. Tutto finisce nell'ipocrisia e nel baciamano, nell'uso politico della religione e viceversa.
                La doppia morale della chiesa: forte con i deboli, e debole con i forti.
Significativo il caso di Papa Clemente VII che nel 1535 scomunicò Enrico Vlll d'Inghilterra in quando fece divorzio da Caterina d'Aragona e si sposò la Anna Balena. Forse troppo duro, ma certamente lineare. Si comporta così oggi la nostra gerarchia? La risposta lasciamola al buon senso della gente. Ad un certo Tullio Craincevich di Asola (Mantova) che dopo di aver ascoltato una bella concione sulla Sacra Famiglia nella parrocchia del paese in data 28.12.08 scrive: "ho appreso che Barbara Berlusconi è gravida per la seconda volta dal suo abituale compagno. E non è sposata. Molti dei nostri politici (Berlusconi, Fini, Casini, Bossi, ecc.) sono divorziati, risposati, con figli da più mogli. Spesso portati ad esempio da uomini di Chiesa di alto livello. E quando si sposano hanno il sacerdote, benedizione papale, comunione in mondovisione aIla Berlusconi, consenso a fare da padrini e testimoni in celebrazioni religiose, anche se irregolari. Sono passati secoli, ma per la Chiesa non è cambiato nulla. Per i poveracci solo reprimende ed esclusione dalla comunione, per i potenti sempre onori e accondiscendenza, indipendentemente dai loro comportamenti. Spalancato il cancello al Figlio prodigo, chiusa la porta dell'ovile per la pecora smarrita". Fino a qui il signor Tullio, ma rappresenta milioni di italiani. Si risponderà che la Chiesa deve fare delle scelte difficili, fra un male minore ed uno maggiore. Dovremmo concludere che opportunismo ed ipocrisia allora sono probabilmente le ragioni della sua lunga durata? Ma è qui che la gente si confonde, soprattutto quella che desidera vedere nella chiesa una compagna della loro fede e della loro gioia, come faceva Gesù. Conseguenza di questo relativismo? Che ogni cattolico fa quello che vuole, per cui anche in Italia cattolici praticanti domenicali concludono: "la Chiesa dica quello che vuole, io faccio secondo la mia coscienza". Ed anche qui si ravvisa una ulteriore causa del malcostume e della nostra corruzione.
                                      Educare gli italiani alla coscienza civica.
Questo dovrebbe essere il primo compito oggi della chiesa. Sia alla scuola di catechismo, sia alla scuola pubblica, sia nella predicazione domenicale, così asettica e generica, nulla dicente. Primo: la formazione della coscienza come avviene nei paesi protestanti, dove si ritiene che i cattolici confessandosi dal prete possono sempre ricominciare da capo, stante il facile perdonismo. Ma di fronte alla propria coscienza non si può né raggirare, né sfuggire. In Italia la Chiesa per combattere il protestantesimo, si è fatta essa stessa autoreferenziale, anziché formare la coscienza del popolo. La quale, secondo Paolo (Lettera ai Romani), è l'ultima norma di comportamento. E poi coscienza "civica": prima rispetto alle regole civili, di relazione col prossimo, di uso trasparente del denaro, e poi l'educazione alla pratica cultuale, la preghiera, la messa, i pellegrinaggi. Ma prioritaria sarebbe "religione e cultura”. Lentamente così in Italia diminuirà la casta dei furbi a vantaggio della società degli onesti.

Autore:
Albino Michelin
23.01.2009

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