giovedì 4 febbraio 2016

IL RITORNO ALLE MESSE IN LATINO: MEGLIO CREDERE SENZA CAPIRE

Il 14 settembre 2007 nella Basilica di Loreto il Cardinal Castrillon ha inaugurato ufficialmente la ricomparsa della messa in latino, in vigore obbligato dal Concilio di Trento (1560) ed abolita dal Concilio universale ecumenico (1965), dopo circa 4 secoli. Dicono le cronache essersi trattato anche di uno spettacolo alquanto inusitato. Fra nuvole d'incenso, casule scintillanti d'oro, tintinnar di campanelli, in una ritualità manieristica ed imbalsamata, in un culto degno della maestà divina (ma esiste ancora Sua maestà?) in un’aura i mistero, sacralità e sacrificio si sono dati convegno dame e cavalieri della confraternita dei Crocesegnati, con pesanti crocifissi sul petto, cavalieri di Malta eleganti e fieri pretini giovani ed imberbi in permanenza genuflessi davanti al Cardinal celebrante, nobildonne con la testa ricoperta da una veletta nera secondo l'uso delle nostre nonne e come oggi (sempre meno) in voga fra le tanto vituperate ragazze islamiche. Insomma un solenne tonfo nel passato, in un'apoteosi di pezzo d'opera come alla Scala di Milano. Questa del 14 settembre è stata per molti cattolici credenti una giornata di lutto. Ma tant'è. Il 7 luglio papa Ratzinger con un decreto speciale aveva permesso, anche se non imposto, un ritorno alla messa in latino, con l'aggiunta di qualche condizione di poco conto. Rammentava anche che non si trattava di due riti, uno antico e l'altro moderno, ma un doppio uso dello stesso rito. Ma ormai il ritorno del medioevo in questo e in altri ambiti della chiesa è scontato. Il sintomo che la chiesa anziché aprirsi al mondo si sta sempre più rinchiudendo e da esso difendendosi nelle sue sagrestie. Dialogo, confronto, cammino con questa travagliata umanità, tanto sollecitati da Papa Giovanni XXIII e da Paolo VI entrano nell'archivio dei bei ricordi di famiglia. Il colpo di freni azionato dal Pontefice Wojtyla e dal suo attuale successore sta diventando un retromarcia. Dunque chi desidera potrà ancora frequentare una messa in cui si parla latino, una lingua morta, stramorta e sepolta, in cui il prete volta la schiena al popolo alla faccia del galateo e soprattutto delle regole della buona comunicazione e della convivialità, in cui il sacerdote celebra per conto suo, indisturbato e solitario. Il plenum dei vescovi e dei teologi del mondo nel Concilio ecumeni aveva definito che la messa non è un sacrificio sacerdotale, ma un evento comunitario. Ora ognuno ritorna ai fatti propri, al suo Dio. Sentimento di riverenza e di ammirazione, recupero del sacro e del numinoso, mistero della trascendenza, queste le ragioni di coloro che hanno voluto il rilancio delta messa medioevale Indubbiamente c'è del positivo, nulla di sacrilego, ognuno può pregare Dio a modo suo. Ma la cena del Signore (la nostra messa delle origini) aveva tutt'altra struttura e ben diversa finalità.
                                                             I veri motivi.
Molto semplici. Si trattava di recuperare l'ala destra del Cattolicesimo, i conservatori, i tradizionalisti, il cui leader fu 40 anni fa il vescovo francese Lefebvre sospeso dalle sue funzioni nel 1976 in quanto rifiutò il Concilio ecumenico e le sue riforme. Non si diede per vinto, fondò Istituti e preti al suo seguito e venne scomunicato nell'88. Imperterrito continuò nella sua marcia trionfale e il Vaticano si spaventò. Le due parti scesero a patti a mollare di più fu la gerarchia cattolica. Il motivo di fondo dunque risiede nel desiderio di ricuperare l'unità della chiesa pure nel compromesso di accettare pluralismo di riti e di espressioni. Un'osservazione però, molto pensante e legittima, ci viene dall'altra componente della chiesa cattolica, quella degli innovatori, i quali lamentano perché lo stesso trattamento di aggregazione non avviene nei loro confronti. Come mai anzi i teologi della liberazione specie del Sud America (la terra è di tutti e non solo dei dittatori), quelli dell'inculturazione del cristianesimo nei diversi popoli, quelli d'avanguardia nella esegesi Bibbia, quelli che un domani probabilmente avranno anticipato correttamente il futuro e a cui fra qualche secolo si chiederà mea culpa, sono stati tolti dall'insegnamento e messi in quarantena?
                  Anziché alla messa del Medioevo perché non tornare alla messa di Gesù.
Dal momento che si è fatto un'operazione di retromarcia, invece di fermarsi a metà strada si sarebbe potuto fare un'operazione radicale e andare alle origini, alla Cena di Gesù. Quella sì che dovrebbe costituire un modello delle nostre messe. Di fronte a cui si potrebbero utilmente mettere in discussione tante cose, anacronismi e barocchismi, formalismi e ruotismi delle nostre messe lungo la storia e anche attuali. Si noterà ad esempio che molte componenti secondarie non appartenevano all'ultima Cena, e molte essenziali sono state criptate. Le nostre messe sono figlie dell'impero romano, da esso ereditate, allorché nel 313 d.C. Costantino affidò alla chiesa la gestione del potere ed il cristianesimo diventò religione di stato. Prendiamo ad esempio l'abbigliamento, della messa attuale. Tunica bianca, stola, casula o mantellina del prete, mitra dei prelati, tiara del papa erano le vesti ufficiali degli addetti e delle autorità imperiali. In effetti molte nostre messe e pontificali per quanto concerne look e decorazione sono la fotocopia delle liturgie imperiali. Nell'ultima cena invece Gesù vestì dignitoso e sobrio l'abito di tutti i giorni. Si trattava di un convivio o banchetto non di una parata militare o trionfale. Una cena dove Gesù prima di sedersi a tavola ha lavato i piedi ai commensali, non ha esigito né genuflessioni e tanto meno nuvole d'incenso. Prendiamo la lingua. Il latino divenne la lingua ufficiale della messa perché era la lingua ufficiale dell'impero. Parlata e accessibile solo ai magnati della cultura, incomprensibile ed   esclusa al popolo. Indubbiamente un certo vantaggio pure ce l'aveva: quello d dare alle varie chiese sparse nel territorio di allora il senso della comunità e dell'unione. Un po’ come oggi l'inglese diventato la lingua dell'internet e della globalizzazione. Ma Gesù nell'ultima cena non usò la lingua dell'impero (il latino), nemmeno quella comune (l’ebraico), ma parlò l'aramaico, cioè il dialetto locale. Voleva farsi capire, e non semplicemente adorare nel mistero, voleva comunicare direttamente faccia a faccia, e non con la schiena girata agli invitati. Prendiamo il luogo. Da Costantino in poi per la messa noi usiamo spazi sacri ad hoc, quelli che un tempo erano riservati alle reggie dell’imperatore. Le basiliche, case del re, con aule, navate, colonne imponenti divennero proprietà della chiesa. Lungo i secoli essa elaborò queste sedi con stili diversi e abbiamo pure meravigliose opere d’arte, come le cattedrali d’Europa e pure molti edifici sacri dei nostri paesi. Gesù invece nell’ultima cena non usò i locali del tempio, non volle spazi sacri e tanto meno calici d’oro, ma scelse il piano superiore di una spaziosa casa di amici perché per lui la chiesa è la comunità e dove la comunità si riunisce là è la chiesa, là essa celebra la cena del Signore. Si tratti di una pianura verde, di un colle fiorito, di una riva del lago. Per questo dopo Gesù i primi cristiani celebravano la messa nelle loro case.
             Messa in latino: scompare la santa cena, si enfatizza il sacrificio della croce.
Prendiamo il pane. Oggi noi facciamo la messa con le particole, dette ostie che sono sì di frumento, ma sembrano foglioline plastificate. Cioè hanno perso la pregnanza visiva, il simbolo del pane, un cibo che significa sacrificio, dono, condivisione. Tant’è vero che se Gesù avesse celebrato la cena altrove, invece del pane avrebbe usato il cibo simbolico del luogo: col riso nel Tibet, con la noce di cocco in Polinesia. E in quella cena Gesù prese il pane, lo distribuì, e raccomandò di fare la stesso in sua memoria. Ecco perché i primi cristiani il pane consacrato se lo portavano poi a casa e lo distribuivano ai poveri. Oggi invece si va a prendere la comunione, si mette la testa fra le mani, si esce di chiesa e ciascuno pensa ai fatti propri. Con chi abbia compiuto il suo dovere proprio non si capisce. Prendiamo il ruolo, cioè la persona del celebrante. Il prete oggi è la figura eminente e preminente nella messa, ma il vero ed unico sacerdote è solo Gesù che rivive l'ultima cena con la sua comunità. Nella messa, specie in quella latina, il prete è figura solitaria, senza comunità o con una comunità spesso ridotta a museo delle cere. Dal Concilio di Elvira (306 d.C.) in poi il prete deve essere soprattutto celibe, decisione allora presa più per motivi economici che non evangelici. Lo sposato deve mantenere moglie e figli, con il finanziamento della "ditta". Ma Gesù nell'ultima cena accettò apostoli e discepoli così com'erano, celibi e sposati, e non ha fatto del celibato una condizione indispensabile per celebrare la messa. E sarebbe ben da studiare il ruolo della donna nella comunità di Gesù per garantirsi proprio se egli non volesse donne preti. Un passo in avanti: prendiamo la parola "sacrificio". Il Concilio di Trento (1560) scomunica chi non crede che la messa sia il sacrificio in croce di Gesù. Ed anche oggi si ripete che questo sacrificio si rinnova ad ogni celebrazione. E lo si illustra anche con descrizioni un po' sadiche, come nel film di Mel Gibson, fiumi di sangue, torture, una vera mattanza. E sulle credenze delle antiche religioni, greco romana, pagane, ebraica non esclusa, si spiega che Dio Padre si è placato alla vista del sangue del figlio e ha salvato questo disgraziato mondo dall’inferno. Messaggio necrofilo, cultura del sacrificio che molto contribuì a tenere i poveri e gli incolti in soggezione. E di qui l’obbligo di frequentare la messa festiva, sotto pena di peccato mortale o quasi. Ma Gesù nell’ultima cena ha abolito ogni sacrificio umano delle religioni pagane, ogni sacrificio di animali in onore a Dio. E disse che l’unico sacrificio è fare la sua volontà, e che l’unico sacrificatore e sacerdote è lui con l’abolizione di qualsiasi doppione. La cena del Signore, la prima messa è stata un banchetto in cui il sacrificio dall’immolare le vittime è passato alla condivisione del pane. Condividere nella storia il pane della santa cena è d’ora in poi il vero sacrificio della croce. La messa diventa così non la rievocazione di un crocefisso, ma la celebrazione del Gesù risorto e del vivente in mezzo a noie possiamo andare avanti all’infinito con le esemplificazioni. Il decreto di Ratzinger di poter celebrare la messa in latino, di ritornare così al Medioevo, ci lascia nascosti tanti aspetti della cena del Signore di 2 mila anni fa, che invece si sarebbero potuti affrontare, approfondire, divulgare se ci fosse stato concesso l’OK per ritornare alle origini. Ci si è fermati a metà strada, e col latino addirittura in un vicolo cieco.
                           Organizzare un revival annuale della messa in latino
Premesso che ognuno di noi può pregare nella lingua che vuole, premesso pure che la messa non è una forma di preghiera individuale ma un sacro banchetto comunitario, si potrebbe anche per rispetto ai cattolici cultori dell'antico e delle private tradizioni fissare nel calendario liturgico della chiesa un fine settimana annuale in tutta la cattolicità ed organizzare libere celebrazioni secondo il rito tridentino con tutto l'apparato del tempo: abbigliamento sontuoso, linguaggio, turiboli, armamentario, musica classica polifonica e gregoriana. Certo più che la cena del Signore sarà un'occasione per il piacere della vista, dell’udito, delle emozioni estetiche interiori, un po' sullo stile delle opere liriche. Una volta tanto, come occasione annuale ci può stare. Così con questo compromesso si accontenta tutti. Andare oltre creerebbe solo evasioni e divisioni. Anche perché troppe messe in latino avrebbero senso se si riuscisse a ricreare l'ambiente culturale, sociale, umano del tempo, cioè del Medioevo. Ma di grazia ci sembra rispetto dei diritti dell'uomo oggi ripetere le imprecazione del cinquecentesco messale latino contro i "perfidi giudei" e pregare per la loro conversione? Ritorna l'antisemitismo. Sul quotidiano” Metro" destinato ai giovani ho letto un dibattito sul tema che ci riguarda: la chiesa sta andando sempre più lontano dalla gente. E a noi che ci consideriamo addetti ai lavori dispiace veramente.

Autore:
Albino Michelin
05.10.2007

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