giovedì 11 febbraio 2016

TRASFERITO IL VESCOVO BREGANTINI. UN’ALTRA CALABRIA È ANCORA POSSIBILE

Il presente articolo non appartiene alla cronaca ma al vissuto personale. In effetti da diversi anni trascorro alcuni giorni in Calabria, a Polistena, considerevole centro nella Piana di Gioia Tauro, equidistante ed equivicino alle zone calde dellandrangheta, Locri, Plati, S.Cristina, Polsi, S. Luca, Oppido Mamertina. Ho conosciuto personalmente e conversato con il Vescovo di Locri, Giancarlo Brigantini, dal popolo chiamato P. Giancarlo. Nonché alcuni collaboratori, fra cui qualche ecclesiastico come Pino Demasi, parroco di Polistena, e soprattutto tanta gente comune e giovani. Come i clienti dell'Hotel Mommo, mio soggiorno preferito, familiare ed accogliente, e poi ragazzi impegnati nelle cooperative "Libera Terra" di don Ciotti, come Sergio, Antonio, Lisa residente a Milano, di "Libera Lombardia". Mons. Bregantini non è morto, ma per quelle terre è come se lo fosse, anzi peggio: il 18 ottobre 2008 trasferito senza un cenno di consultazione ecclesiale. Di origine trentina, classe 1948, appartenente alla Congregazione degli Stimmatini, ha mangiato pane duro, prete operaio a Marghera, Verona, Crotone. Personalmente ho sempre avuto difficoltà di credere ai santi, quelli messi sugli altari dopo morti, specie se fanno miracoli su comando. Preferisco credere alle donne e agli uomini vivi, quelli che spendono la vita per dare dignità e libertà agli oppressi, agli usati e abusati dai poteri forti e illegali. Questo era Bregantini.  Mi diceva due anni or sono che noi preti non dobbiamo dare dignità a nessuno, perché ogni uomo ha la sua dignità e come tale va rispettato. Specialmente il calabrese. Pure essendo italiano del Nord, conosceva bene, si identificava con il calabrese, perché lo amava. Ad esempio notava che in Calabria ci mancava quella realtà cooperativistica che ha permesso alla cultura trentina di decollare: perciò cercava di trasmettere le competenze del Nord alle risorse del Sud. Quindi crea e aiuta a costituire un grande numero di cooperative, in modo autonomo o in collaborazione con don Ciotti, particolarmente e su terreni confiscati dalla mafia. Inoltra all'agricoltura ragazzi, ragazze, giovani anche quelli strappati dalla scuola della ‘ndrangheta . Vive accanto ai contadini e comunica loro la vocazione della terra e del bestiame. Confidava un agricoltore che per merito suo egli non si sentiva un "pecuraru", ma un pastore, e con il pastore le pecore danno 50% di latte in più che non con il pecoraru.
                              Un vescovo dell’annuncio e della denuncia
Culturalmente preparato, sapeva essere all'occorrenza l'uomo dell'annuncio e della denuncia, divulgava lettere su "Pastorale e mafia", premeva sulla Conferenza episcopale calabra affinché prendesse posizione chiara ed aperta contro i soprusi dei malavitosi. Rifuggiva da ogni protagonismo, ma utilizzava senza pausa ogni strumento mediatico per creare soluzioni alternative. Mi dice Sergio della Cooperativa "Valle del Marro" che anche in Calabria come ovunque esistono vescovi burocrati-amministrativi e vescovi operativi. Bregantini apparteneva a questi ultimi. Ciò forse dava fastidio a chi ancora è dell'opinione che un vescovo sia un principe della Chiesa anziché un operatore di pace, di giustizia, di socialità: Uomo fra gli uomini. Amava partecipare aIla realtà calabrese, all'Italia tutta. Lo dimostra un fatto, per quanto semplice, ma simbolico: ogni anno inviava a tutte le 263 diocesi italiane l'estratto di bergamotto, fiore profumato della costa ionica. Sul piano della comune azione contro la ‘ndrangheta allacciava rapporti con vescovi della sua sensibilità, come il caso di Cataldo Naro, vescovo di Monreale nel palermitano, un cristiano credibile, deceduto il 29.9.06. Si disse un po' misteriosamente, forse un infarto, forse lasciato o abbandonato al suo destino. Nei confronti della cultura mafiosa e delle sue iniquità a danno dei poveri era il Bregantini di una fermezza senza pari. Al suo ingresso in diocesi come prima decisione fece diffondere in tutte le parrocchie i nomi delle singole 263 persone ammazzate dalla mafia negli ultimi 10 anni (1984-94). Subito pubblicò pure un libro di preghiere contro "Casa Nostra", durissimo. Non solo minacciava la scomunica contro chi uccide e distrugge la roba, ma anche interdiva il ruolo di padrino nel battesimo a chi teneva rapporti con la malavita. Prima la giustizia con il prossimo, e poi l'esibizione con i santi sacramenti.
                          Attorno al santuario di Polsi una cultura barbara.
In effetti non solo in Sicilia, ma anche in Calabria il malavitoso si costruisce luoghi di culto, cappelline sacre lungo le strade, si annette frati confessori, riceve la comunione frequente, irrora i muri dei propri cavernicoli con copiose aspersioni di acqua benedetta. Il tutto sotto la protezione di P. Pio. Bregantini conosceva tutte queste mistificazioni, ma non desisteva. E anche il primo di settembre 2007 al Santuario Madonna di Polsi, luogo sacro del summit della ‘ndrangheta, si è prodigato per rappacificare l'odio delle famiglie di San Luca, divise a morte dalla strage di Duisburg in Germania. Da quel tempio di mercato e di sangue Bregantini stava sradicando una cultura barbara. In modo particolare il vescovo della Locride si batteva per garantire ai giovani un futuro migliore, contro la disoccupazione ed il precariato. Dopo l'eccidio dell'on. Francesco Fortugno del 16. 10.2005, perpetrato in pubblica piazza, finalmente un parlamentare che dà la vita per la sua gente, Brigantini si mise a fianco della Calabria finita in ginocchio, suscitò una presa di coscienza fra tutta la gioventù e noi ricordiamo la reazione nei cortei, nelle piazze, sui muri: "E ora ammazzateci tutti. C'è chi spara e c'è chi spera, ci siamo, ma non ci stiamo. L'omertà è la vostra forza, noi giovani la vostra fine". Rischiava la vita questo vescovo? Un quesito che egli non si poneva, perché faceva parte integrante della sua scelta di vita. L'allarme dato da Platì fu però emblematico. Nel piccolo comune sotto i pendii del passo Zillaro , nel cui cimitero sono sepolti più morti per mafia che non per malattia , incattivito dai troppi tradimenti dello Stato, dove i bambini sfilano in motorino tutto il santo giorno senza casco, sfida permanente alla legalità, con le forze dell'ordine dall'occhio compiacente, dove si sono registrati 68 sequestri, dove la madre d i Cesare Casella s'incatenò chiedendo la libera zione del figlio, dove il sottosuolo protegge in una rete di gallerie una seconda città dei malavitosi, un bel mattino nelle cooperative della' "Valle Buonamico" si vide terra bruciata e le diecimila pianticelle di fragole, volute con amore dal vescovo, fumanti e carbonizzate . Radicato nel sociale e nella bonifica dal malcostume, in questa terra di santi patroni, di predicatori devozionali e inconcludenti, Mons. Bregantini l'8.1.2008 ha dovuto dare l'estremo saluto, un addio senza ritorno. Un trasferimento da sgomento, uno schiaffo alla Calabria, il miglior regalo alla ‘ndrangheta. Gli uomini di malaffare d'ora in poi si sentiranno più tranquilli. C'è qualcuno che ha il coraggio di parlare di "scadenza di termini"? Non tiene. Se era per questo si poteva destinarlo verso Palermo, verso Napoli, verso Bari. Cioè là dove la chiesa deve operare una redenzione sociale. Invece no, a Campobasso­Bojano, sotto la Maiella a parlare con i lupi come S. Francesco o con i pesciolini come S. Antonio. C'è qualche altro che accenna all’opportunità di un trasferimento preventivo: ne va della vita di un prelato". Motivazione o scusa che non regge considerando l'eroismo innato di Padre Giancarlo. Salvare la pelle non era la sua grammatica di vita.
                               Il vescovo Bregantini, rimosso o promosso?
 Il quotidiano Avvenire, giornale dei vescovi italiani, ha invece inneggiato al prelato perché promosso alla sede metropolitana, arcivescovile di Campobasso-Bojano, con diritto al pallio (ecc. bla, bla, bla). Meraviglia che fra credenti si usi ancora un linguaggio paganeggiante di promozioni, carriere, tube d'argento, anelli di smeraldo. Ai tempi della prima chiesa si avevano ministri d'oro e pettorali di legno, oggi invece si arrischia di avere ministri di legno e pettorali d'oro. Per un uomo, un vescovo, vicino e dentro alle battaglie comuni della gente questo è un discorso mistificatorio. Forse più vicino alla verità, con beneficio d'interrogativo, è lo studio di Vincenzo Ceruso autore di: ”Le sagrestie di Cosa nostra. Inchiesta sui preti e sui mafiosi", il quale sostiene essere oggi tre le tentazioni del clero. 1) Le contrattazione con i mafiosi circa gli spazi sacri. 2) La cooptazione dei mafiosi nella vita delle parrocchie e feste patronali . 3) La seduzione alle lusinghe dei mafiosi in termini di consenso e sostegno interessato alla chiesa. Forse non si è ancora spenta l'eco di quelle ufficiali affermazioni del Cardinale Ruffini di Palermo che negli anni 70 concionava: "meglio mafiosi che comunisti"! Ma più vicino ancora alla realtà potrebbe essere una lettera partita dal monastero di S. Ilarione, Paulonia di Reggio Calabria e munita di un centinaio di firme indirizzata a Papa Ratzinger il 13.11.2007. Essa dice: "Il grido che sale dal popolo di Dio a causa dell'allontanamento di P. Giancarlo M. Bregantini dalla sede episcopale di Locri-Gerace ci interpella nel profondo. Questioni che emergono con prepotenza: lo scandalo recato ai piccoli, la ferita inflitta alla dignità del popolo di Dio, lo scarso rispetto verso il ruolo di un vescovo. Santo Padre, urge una conversione della chiesa al suo Signore. Urge una riforma radicale dei modi di elezione e rimozione dei vescovi. Urge una riforma della chiesa romana che le restituisca la sua funzione di semplice collaboratrice del Papa, aliena da ogni carrierismo, gusto di titoli altisonanti e qualsivoglia forma di prepotenza. Con affetto filiale F. Vermorel". In margine non va passato sotto silenzio il comportamento personale di Bregantini: "obbedisco alla mia chiesa". Ammirevole per il carattere e per la fedeltà di appartenenza! Ma un'altra chiesa però è rimasta abbandonata a se stessa in preda alla mafiopoli, quella dei calabresi onesti. Certo, un esame di coscienza per la chiesa alta: i doni di Dio andrebbero in futuro valutati con maggiore attenzione. Con Mons. Bregantini un'altra Calabria era possibile. Ci auguriamo che sul suo esempio anche in futuro un'altra Calabria sia ancora possibile.

Autore:
Albino Michelin
28.03.2008

Nessun commento:

Posta un commento