venerdì 12 febbraio 2016

LA CHIESA TOGLIE LA SCOMUNICA A LEFEBVRE E SEGUACI: UNA DELUSIONE

Il caso del Vescovo Richard Williamson che in data 28.1.09 fece una pubblica dichiarazione, differita poi in TV nella quale negava l'olocausto degli ebrei: il loro sterminio da parte dei nazisti nella guerra 1940-45 non era mai esistito, che la shoah cioè i forni crematori dei 6 milioni di ebrei era una montatura, che tutt'al più gli ebrei morti nella circostanza non superavano 300 mila deceduti in pratica per fame o per mal di pancia: il caso fece il giro del globo e indignò mezzo mondo. Il tutto fece tanto più clamore in quanto il giorno precedente dedicato alla memoria (27.1.09), Papa Ratzinge aveva tolto la scomunica a questo vescovo, agli altri suoi confratelli colpiti dalla stessa il 30.6.1988 e a tutta la "Fraternità di San Pio X", fondata ne 1970 dal più famoso e discusso prelato Mons. Marcel Lefebvre. Più importante che soffermarsi sul caso mi sembra invece chiedersi come mai esso abbia potuto verificarsi e il contesto di chiesa in cui esso è riesploso. In effetti questo è solo il sintomo di un malessere per cui necessita indicarne le cause. Tuttavia per i non addetti ai lavori vale la pena anche presentare un breve excursus storico.
                                        O chiesa del Signore, indietro tutta.
Se la "Fraternità di San Pio X" sia una congregazione, una setta o un movimento qui non ci interessa più di tanto. Ci interessa d'onde trae origine. Essa inizia dopo il Concilio Ecumenico, aperto dal buon Papa Giovanni XXIII (1962) e tradotto in costituzioni dal suo successore Paolo VI (1965). Finestre aperte sul mondo, una chiesa dal grande respiro che dialoga con tutto e con tutti, che abolisce inutili dogmi e ancestrali scomuniche. Ma si sa che nella chiesa ci sono sempre stati i tradizionalisti conservatori da una parte, gli innovatori dall'altra, e in mezzo fra le due sponde quelli della siesta o del quieto vivere. Ma già da quel periodo i tradizionalisti o conservatori si sono coalizzati contestando le aperture del Concilio. Caposcuola fra questi certo Vescovo francese Marcel Lefebvre il quale si stanziò nella democratica e tollerante Svizzera, ad Econe nel Vallese, e fondò la Congregazione "Fraternità di San Pio X", nel nome di quel Papa trevisano che nel 1906 con l'enciclica "Pascendi" restaurò l'integralismo cattolico, condannando il modernismo ed ogni sua forma, sia scientifica che teologica. "O Chiesa del Signore, tutta indietro". Ma 60 anni più tardi Papa Roncalli fece un’inversione di tendenza "Chiesa del Signore, tutta avanti". Però Lefebvre dopo di aver fondato a Friburgo il primo Seminario per sacerdoti tradizionalisti (1969) piazzò ben bene le sue batterie. Sul ritornello "Concilio bastardo, Paolo VI bastardo" (sic!), il contestatore iniziò boicottando il decreto sulla Libertà religiosa (tutte le religioni sono degne di rispetto), la messa celebrata in lingua del popolo, ciascuno secondo la propria nazione (abolita quella in latino e con la schiena rivolta verso il popolo). Soprattutto masticava amaro perché era stata abolita la connotazione del Venerdì Santo "Perfidi giudei deicidi " (cioè ebrei uccisori di Dio). Per lui gli ebrei avevano mandato Cristo in croce e dovevano essere maledetti per tutti i secoli dei secoli. Accusava il Concilio di aver abbandonato la nostra Santa Madre Chiesa e di averla consegnata nelle mani di Lutero e dei suoi seguaci protestanti. Lefebvre non intendeva fare una nuova chiesa, ma continuare quella di sempre, iniziata (non con Gesù, ma) con l'imperatore Costantino nel IV secolo. Tutto questo movimento di pensiero e di contestazione finisce per far perdere la pazienza anche a Papa Wojtyla (che è tutto dire), il quale nel 1988 scomunica il fondatore della "Fraternità", quattro altri vescovi da lui ordinati, mettendo così in crisi tutto il movimento. Però fece i conti senza l'oste e male ne incolse. Perché i suoi seguaci si accorparono e si diffusero come una fungaia. Sino al punto che oggi contano 500 sacerdoti, 300 religiosi, 700 fra istituzioni e luoghi di culto.
                                  Ora i lefebvriani corrono come cani sciolti.
Papa Ratzinger si trova con questa bella eredità, e costatando che la sua e nostra chiesa cattolica sta perdendo i pezzi tenta un riaggancio. In qualche modo convince la “Fraternita’” ad accettare il Concilio e il magistero del papa. Non si sa se conversione o cosmesi, i lefebvriani patteggiano e arrivano ad un compromesso, secondo la gerarchia accettabile. Ed è a questo punto che il 26 gennaio 2009 Benedetto XVI toglie la scomunica. Ma anche a lui, a quanto pare, male ne incolse perché gli adepti della “Fraternita” a guisa di cani sciolti, gridarono vittoria e che la vera chiesa è quella della tradizione, che, caso specifico, non ha senso rivalutare il popolo ebraico, perché questo fa del vittimismo a scapito della chiesa cattolica. Sicché abbiamo non solo l’uscita nefasta di Williamson, il quale fra l’altro proferisce minacce apocalittiche: verrà un diluvio di fuoco, Dio ha perso la pazienza, solo chi entrerà nell’arca della tradizione si salverà. Ed altre panzane come quella che le donne non devono andare all’università, perché sono prive del pensiero razionale, capaci solo di far figli. Ma abbiamo anche l’uscita di Floriano Abrahamovics, un trevisano discendente ebraico, capo della comunità del nordest, quello che celebra la messa in latino avendo per fedeli Bossi, Borghezio, Maroni ed altri leghisti felicemente divorziati e che predica: ”le camere a gas sono state usate solo per disinfettare ". Oppure P. Paolo Petrucci, priore di Rimini, che critica apertamente Ratzinger per la preghiera nella moschea blu di Istanbul. Cani sciolti, appunto. Valeva la pena? Ed è qui la domanda di fondo. Cioè come mai tutto questo, uno fra i non pochi incidenti di percorso dell'attuale chiesa, possa capitare rovinando la credibilità alla stessa. Una risposta potremo averla da un documento sottoscritto da 200 preti e teologi della Svizzera tedesca, emanato in data 29.1.09. Il gesto di Papa Ratzinger, cioè la revoca della scomunica ai tradizionalisti lefebvriani, si iscrive in una serie di decisioni che sembrano fortemente regressive. In pratica si starebbe cancellando 50 anni di storia iniziata con Papa Giovanni verso il 1960 con la conseguenza che anche i cattolici di buona volontà si trovano inermi. Alcuni episodi di questa regressione, ad un passato che sembrava superato: la concessione della messa in lingua latina con la schiena girata al popolo, l’introduzione alla beatificazione di Pio XII (1939-58), discusso per il suo silenzio durante lo sterminio degli ebrei nella seconda guerra mondiale(1940-45), la reintroduzione nel venerdì santo delle preghiere per la “Conversione degli ebrei”, cosa che li ha profondamente irritati, quasi che si volesse affibbiare ancora l’ignominia di popolo deicida, le affermazioni di Ratzinger per cui non è possibile un dialogo teologico fra le religioni, ma solo culturale. Tutto questo ed altre affermazioni costituiscono l’humus, il fondo, il terreno su cui nascono inevitabilmente una serie di casi penosi, fra cui il negazionismo di Williamson non sarà l’ultimo. Cioè inutile ignorare questa bestemmia storica, rappezzarla alla bene meglio con qualche scusa o apprezzamento pietoso, il caso è frutto del sistema. Ed è su questo che va fatta una profonda riflessione. La revoca della scomunica da parte di Ratzinger, anche se con le migliori intenzioni, è stata un autogol, ma è l’impianto della “squadra” chiesa che va rivisto.
                              Interrogativi ad una chiesa verso la restaurazione.
O siamo nell'egemonia di prelati sprovveduti determinati alla restaurazione? Perché i dico di oggi ed i disdico di domani, clamorose gaffe, errori di caduta sembrano facciano parte di un preciso disegno di arrivare passo dopo passo consapevolmente ad una chiesa preconciliare, di antico regime. Si riscontra troppa sproporzione fra il rigorismo sui temi etici perseguito con intransigenza e scelte dottrinarie compiute senza pensarci troppo su e suggerite da consiglieri di dubbia competenza. Come incomprensibile rigorismo si riscontra nelle scomuniche date e non più revocate ai teologi non allineati, ma di grande cultura e apertura profetica, da H. Küng a L. Boff, a J. Sobrino, a centinaia di pensatori, cui domani la chiesa potrebbe chiedere scusa. Per loro porte sbarrate, per i lefebvriani e tradizionalisti conservatori ovile sempre spalancato. Ovvero un pollaio aperto a tutte le volpi. Alcuni articoli apparsi sulla stampa cattolica sostengono che una cosa è la scomunica ed un'altra è l'opinione privata di un vescovo. E che Williamson è stato reintegrato in quanto avrebbe accettato le linee del Concilio, ma ciò non ha nulla a che vedere con la sua affermazione sul negazionismo della shoah. Però questo è ancora più grave. Manipolare la verità storica o addirittura negarla per dividere gli uomini merita non una semplice ma una doppia scomunica. Forse ritornare al comportamento di Gesù qui ci aiuterebbe ad uscire dall'equivoco. La parola di Gesù confortava, liberava dalle malattie, univa il popolo: era vera, autorevole, potente. Ci auguriamo che anche la parola della chiesa e dei suoi prelati oggi, in questa società invasa dai mass media, sia vera, rispettosa dell'oggettività storica. Che faccia di questo mondo così diviso una sola umanità. E in quanto al vescovo lefebvriano Richard Williamson e ai suoi corifei auguriamo che le supreme autorità gerarchica della Chiesa diano la santa penitenza di fare un pellegrinaggio ai piedi nel campo di sterminio Auschwitz e baciare i forni crematori dei milioni d'ebrei e cittadini del mondo finiti nelle camere a gas.

Autore:
Albino Michelin
06.02.2009

Nessun commento:

Posta un commento