sabato 13 febbraio 2016

SE DIO NON ESISTE, TUTTO È PERMESSO: PROPRIO VERO?

Questa espressione si legge nel romanzo "Fratelli Karamazov" dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij e come ogni proverbio classico viene interpretato per dire tutto e il contrario di tutto. I cattolici ci tirano fuori una conclusione fondamentalista ed esclusivista, Cioè "chi non ha una fede in Dio, esempio l'ateo, veramente è poco di buono”. Dal punto di vista umano o è un disonesto, un malvagio, un indifferente o giù di lì. Solo chi crede in Dio è di stoffa genuina: pio, misericordioso, solidale, altruista. E magari vi aggiunge l'assioma che senza la grazia di Dio e senza la fede nessuno può essere un galantuomo. Praticamente l'espressione dello scrittore russo è un elogio al cattolicesimo o alla religione cristiana, e una squalifica a chi non ha una fede, o l'ha persa, o l'ha rifiutata.
Ci permettiamo di rovesciare l'espressione: c'è a questo mondo molta gente per la quale Dio esiste e ciò nonostante si crede tutto permesso. La storia è ricca d'episodi e ci mostra come coloro per i quali Dio c'è e magari lo impongono anche agli altri con tutti i sistemi leciti e illeciti, in realtà poi si permettono di tutto: bruciare le streghe, mandare al rogo predicatori e filosofi come Savanorola e Giordano Bruno, di sostenere dittature alla Pinochet e di occultare crimini penosi come la pedofilia ed altro. Il nostro argomento ci induce comunque a fare un discorso in profondità. Cioè, qual è il fondamento dell'etica? Dove e come si forma nella coscienza umana la distinzione fra il bene e il male, fra il giusto e l'ingiusto? L'origine sta nel fatto che il tizio abbia una religione o nessuna? Che creda in Dio oppure no? Che frequenti gli atti di culto, battezzato, cresimato, santificato con preghiere e sacramenti oppure no? Che sia stato educato in una famiglia credente oppure no? Come si sente spesso dire: io non vado in chiesa, però sono migliore di quelli che ci vanno. lo non frequento la messa, ma sono onesto lo stesso. lo non credo in Dio, in Gesù Cristo, nei preti, ma credo nella mia coscienza. Chi pensa così comprova talvolta la sua affermazione citando addirittura un brano di Gesù: "non chi dirà Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi avrà fatto la volontà di Dio". E spiega pure correttamente questa frase dicendo che fare la volontà di Dio significa operare la giustizia e amare il prossimo. E mica sbaglia. Altri poi tirano in ballo Dio per un altro verso: perché alcuni si sentono per natura portati al bene ed altri al male? Forse perché il Creatore vuole distribuire in modo ineguale tali sentimenti? Direi che tutte queste osservazioni andrebbero prese sul serio, un po' meno forse la prima, tipica dì coloro che si definiscono migliori degli altri, perdendo così ogni fair play.
                           Il comportamento morale viene prima della religione.
Attualmente circola anche una letteratura copiosa per dimostrare le due verità o pretese tali. La prima: che per essere onesti bisogna essere religiosi o cristiani. La seconda: che la morale non si fonda su religione, si può praticarla anche senza di questa. Qualche titolo: "Perché non possiamo non dirci cristiani" (Croce). "Perché dobbiamo dirci cristiani" (Pera). "Perché non possiamo essere cristiani". (Oddifreddi). "Perché non possiamo essere atei" (Agnoli). "Ciò che credo "(Küng) "Disputa su Dio e dintorni" (Augias Mancuso), ecc. Si potrebbe qui disegnare pure un albero genealogico per capire un po' come e da dove trae origine il senso del bene e del male, la distinzione fra ciò che è giusto ed ingiusto. Sia nei rapporti con se stessi, come in quelli con il prossimo e la società. La vita e la convivenza umana sente il bisogno di darsi un comportamento etico-morale ancor prima di appartenere ad una religione, anzi prima dell'apparire di essa. In effetti si sa che prima gli uomini costruirono le città e poi si accorsero che per garantire i buoni rapporti fra di loro dovettero inventare gli dei e le religioni. Come nei secoli recenti dall' illumismo in poi alcuni filosofi affermano che le religioni con il loro inferno e paradiso sono sorte affinché gli uomini vengano frenati nelle loro passioni dalla paura dei castighi divini e incoraggiati con il miraggio di un premio eterno. Comunque restando a casa nostra e studiando bene le strutture del nostro essere, che cosa si nota? Che noi siamo relazione e che ogni relazione per custodirsi e svilupparsi ha bisogno di norme e di regole. Cioè di quello che noi chiamiamo etica (dal greco) e morale (dal latino).
Alla base, il mio essere è un ammasso di miliardi di particelle subatomiche, relazionate fra di loro da norme e regole per accedere ad un livello superiore. Le particelle diventano così atomi (studiati dalla fisica), gli atomi diventano molecole (studiate dalla chimica), le molecole diventano cellule (studiate dalla biologia), le cellule diventano tessuti ed organi (studiati dalla medicina). L'organismo così strutturato richiede il collante che noi chiamiamo spirito. Il quale si esprime attraverso l'arte, la filosofia, la religione. Tutto questo mondo, microcosmo, di relazioni armoniose e amorose che sono "l’io" esige delle regole, il rispetto delle stesse per poter sussistere e compiere il suo tragitto esistenziale, sia a livello personale, come a livello sociale. Di qui nasce il bisogno etico o la morale; ciò che viene considerato giusto e da farsi, ciò che viene considerato ingiusto e da evitarsi. E va sottolineato che io non sono la somma di tutte quelle componenti citate sopra, ma una nuova realtà, un terzo quid, chiamato appunto energia dinamica, spirito pensante. Prendiamo l'esempio da una torta. Essa non è la somma dei suoi ingredienti, zucchero, lievito, farina, uova ecc. ma una nuova realtà, un dolce dessert.
                        Più importante della fede e della religione è la spiritualità.
All'inizio o alla base del mio io non ci sta una religione proveniente dall'esterno e dalla società in cui vivo, ma ci sta la spiritualità, livello decisivo, specie di terraferma da cui ognuno degli umani come un fiore trae radici, o un grande oceano da cui viene alimentata ogni vegetazione. Di qui emergono le religioni che sono tante, si può dire quanti sono i climi. In effetti in Asia abbiamo induisti, buddisti, confuciani. Nel Medio Oriente i musulmani. In Europa e America i cristiani. In Africa gli animisti. Poi ci discendono le chiese più numerose ancora delle religioni. Poi da queste escono le gerarchie che sono le varie espressioni dell'istituzione. Noi che siamo cattolici riferiamoci un instante alla nostra gerarchia. Essa non è la creatrice e la produttrice della morale e dell'etica, la depositaria di ciò che è giusto o sbagliato nella vita, ma la delegata ad esplicitare all'interno della nostra spiritualità (secondo la Bibbia, tutto il creato è pieno dello Spirito del Signore) le regole in essa come un seme esistenti. Spesso incontriamo persone le quali dicono: "io mi comporto secondo i precetti di Santa Madre Chiesa e del mio prete". Nulla da eccepire, beati loro. Certo per principio, non si devono ignorare le tradizioni morali delle gerarchie e delle chiese. Ma qui il nostro discorso vuole aiutare la gente a ragionare e andare alla radice: da dove nasce il senso del bene e del male. Principalmente non da una morale esteriore (sia pure della chiesa), ma dalla verità interiore dell'uomo e dell'umanità. Un esempio lo possiamo dedurre dalla promulgazione dei dieci comandamenti, le tavole della legge portate sul Monte Sinai da Mosè. È la costituzione più fine, più intelligente, morale che gli ebrei del tempo, attraverso matura riflessione, si siano potuti dare. Certo la descrizione (Monte Sinai, lampi e tuoni, Mosè con due corni sfolgoranti) appartiene al simbolismo letterario di grande efficacia per la cultura del tempo.
                     La distinzione fra il bene e il male è un sentimento universale.
Se siamo riusciti a spiegarci che la spiritualità è più grande e più vasta della religione a cui uno appartiene, che non esiste una religione vera e tutte le altre false, ma che esiste una dimensione spirituale universale che si declina nella molteplicità delle varie religioni, dobbiamo qui dedurre che l'etica, il senso del bene e del male, la distinzione fra comportamento onesto e disonesto è pure una realtà immutabile ed universale. Dio no, la religione no, ma l'etica, il senso morale è presente in tutte le generazioni, e civiltà. S. Paolo stesso e S. Tomaso con molti teologi della storia dopo Cristo sostengono che si può arrivare a dimostrarsi l'esistenza di Dio (e quindi tanto più l'esistenza del senso morale) con la ragione, senza particolari rivelazioni celesti, senza una Bibbia, senza libri sacri. In fondo ad ogni uomo, in ogni tradizione religiosa o meno, in ogni ateo esistono questi principi innati: " 1) fai il bene ed evita il male. 2) non fare agli altri quello che non vuoi gli altri facciano a te. 3) non uccidere, non rubare, non tradire la parola data. 4) non abusare della sessualità". In fondo non è necessario credere in Dio per vivere secondo questi principi. Esiste un principio di verità all'interno di ogni uomo più stringente del principio di autorità esteriore (sia esso Dio o una religione). Il nostro agire morale quindi può essere motivato o religiosamente (perché sono credente), oppure anche solo umanamente (ancorché non sia credente). Essere onesti e vivere nella giustizia non lo si fa principalmente per obbedire a Dio, ma per obbedire alle ragioni profonde del nostro essere. Diciamo nel nostro "interesse". La nostra vita può seguire un codice morale anche senza religione. Tutte queste riflessioni possono venirci a taglio per rispondere non solo all’affermazione di Dostoevskij ma anche a tanti cattolici che sostengono non sia possibile essere onesti se non si crede in Dio. "Se non si crede in Dio, tutto è permesso". È un’asserzione fondamentalista e non rispondente a verità. Indubbiamente qui non si vuole scartare Dio, allontanare dalla religione e dalla fede coloro che la possiedono. Non si vuole aggregare gli atei alla causa cattolica. Dio, fede, religione sono un grande aiuto, una risorsa, una chance in più, purché di fatto ci portino al rispetto, alla convivenza, alla solidarietà con tutti gli uomini. Come diceva Gesù "a edificare il Regno di Dio sulla terra".

Autore:
Albino Michelin
04.06.2010

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