sabato 8 agosto 2015

DAL VENETO IN SVIZZERA PER IL SUICIDIO ASSISTITO

Ornella Cazzanello è una signora di 85 anni, anagraficamente anziana, di spirito giovanile, gode di ottima salute, spesso si concede escursioni da sola e in gruppo   pure all’estero. Vive in un appartamento da singel, al centro della città di Arzignano Vicenza, autonoma e indipendente. Ha un fratello residente altrove e nipoti. Il 28 gennaio 2014 chiede ad un suo conoscente, portiere in un albergo del genovese, presso cui essa aveva trascorso le ultime ferie, certo Angelo Tedde, di condurla in macchina a Basilea. In antecedenza Ornella, tramite il suo avvocato Claudia Longhi, aveva stipulato un   contratto con il Lifecercle di Biel-Benken, sobborgo di Basilea, specie di Casa Serena dove uno può entrare per porre fine ai suoi giorni. La chiamano Exit, Dignitas, Dolce Morte a seconda degli ambienti. La signora già dal gennaio 2013 si era fatta membro dell’associazione Exit di Torino, presso la quale aveva deposto il suo testamento biologico. Nella cittadina di residenza nulla trapelava, la si vedeva sempre serena, caffè pomeridiano della terza età. A qualche intima e all’autista che essa aveva ingaggiato confidava he non voleva morire nella sofferenza e nella solitudine, e che desiderava andare nell’altra vita per incontrare i suoi genitori e sua sorella. Un discorso, si direbbe, espresso in un linguaggio cristiano. Individuare il luogo del suicidio assistito non fu difficile, stante tutti i riferimenti che si possono reperire in internet. Il medico di famiglia l’aveva informata che bisognava dare fiducia ai medici dell’associazione svizzera. Non era un jubox che si paga e si ottiene l’effetto desiderato. All’ autista aveva chiesto solo di rispettare la sua scelta. Al Lifecercle si fece da sola l’iniezione letale, mentre una camera telefilmava, il tutto previsto come da legge svizzera. Era il 30 gennaio 2014. A metà febbraio, 15 giorni dopo, è pervenuta per posta all’indirizzo del suo avvocato la cassetta delle ceneri con una documentazione e registrazione dell’evento. Pure una polizza assicurativa di 800 mila euro da devolvere all’accompagnatore Angelo Tedde. Parte ovviamente il   tam-tam mediatico. Discussioni, assoluzioni, condanne a non finire. Si sa che già da tempo in Italia è stata presentata una proposta di iniziativa popolare per la legalizzazione dell’eutanasia, tramite le associazioni Coscione, Uaar (Unione atei agnostici.) ed Exit. La sorreggono alcune considerazioni: ogni anno in Italia mille malati terminali si suicidano ed altri mille tentano di farlo. Secondo studi accreditati oltre 50 mila (=60%) di ricoverati nei reparti di terapia intensiva muoiono con l’aiuto dei medici che sospendono le terapie e magari aumentano le dosi di morfina. La definiscono desistenza terapeutica, ma è solo una questione nominalistica. Resta la realtà di una diffusa eutanasia clandestina basata sulla logica del “si fa, ma non si dice”. Dopo tutto quel polverone sollevato qualche anno fa per lo stacco della spina a Welbli, da una vita in stato vegetativo, escluso dai funerali in chiesa, e alla Eluana Englaro,17 anni di coma, vale la pena anche aggiungere qualche punto di vista di alcuni teologi cattolici, quali Vito Mancuso ed altri. Egli si chiede se rispettare l’essere umano non significhi anche rispettare la sua coscienza e le decisioni che concernono lui soltanto. E se un essere umano ha liberamente scelto di mettere fine alla sua vita “biologica” perché l’esistenza è diventata una prigione ed una tortura, chi vuole veramente il suo bene non lo dovrebbe rispettare? Lo stato non dovrebbe dare a ciascuno la possibilità di “vivere” la propria morte, per poter scrivere l’ultima pagina della sua vita con dignità? Il diritto alla vita è inalienabile, ma si può tramutarlo in un dovere, o tanto peggio in una condanna? Questa opinione, smentita solo da una affermazione di tipo dogmatico, è di grande attualità ed incontra in modo prevalente la sensibilità comune. Talvolta c’è chi sostiene che la nostra è una civiltà dalla cultura della morte. Affermazione pretestuosa. Mai come oggi la vita è diventata una lotta contro la morte, per un nulla si ricorre a medici e specialisti, l’ossessione del giovanilismo e della vita eterna su questa terra. È passato il tempo   in cui si accettava questa valle di lacrime nella brama di volare in cielo al più presto possibile. Passato il tempo quando Papa Gregorio XVI nel 1832 condannava l’uso del vaccino per debellare malattie infettive. Nell’ipotesi peggiore si giungeva anzitempo alla vita eterna. Oggi si vive solo per l’aldiqua. I casi di suicidio procurato o assistito, come quello di Ornella Cazzanello e di tanti altri, che inconsciamente reclamano di uscire da questo vita per “andare a Dio”, più che pubbliche condanne pongono   e lasciano   aperte molte domande.

Autore:
Albino Michelin
30.02.2014

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