lunedì 3 agosto 2015

NON RUBARE ALLO STATO PER DARE ALLA CHIESA

Recentemente Papa Bergoglio, con il suo metodo di conversazione più che di documento magisteriale ebbe a dire: la doppia vita di un cristiano e di un prete fa male.” Chi ruba allo stato e dona alla chiesa è corrotto e putrido!” L’espressione è molto forte, tant’è che da parte di qualche giornale e di un ceto di persone abituate ad una morale tradizionale questo Papa sta diventando un po’ scomodo. È la sua logica, quella di ritornare al Vangelo di Gesù. Per secoli si è predicato quasi solo di morale sessuale, ora l’accento ritorna sull’etica sociale, cioè sui rapporti di giustizia e di condivisone fra uomo e uomo. E il Papa coerentemente comincia a sistemare le cose da casa sua: dal Vaticano, cardinali, vescovi, preti e include alla fine tutti i fedeli senza distinzione. L’espressione di questa volta è molto forte ed inusitata. Anche perché per secoli la gente è sempre stata educata a togliersi il pane di bocca per darlo alla chiesa e così guadagnarsi meriti per il paradiso. Conti, baroni, signorotti lasciavano vivere di stenti e nella miseria i loro schiavi, servi della gleba, dipendenti e regalavano proprietà intere alla chiesa. Capitava talvolta che in fin di vita il prete assistesse il moribondo con l’estrema unzione in cambio di un corposo lascito: pure oggi sono circa diecimila i testamenti a favore della chiesa. Non sono mancate certo donazioni a favore di enti pubblici, ricoveri, ospedali, ma in genere casi abbastanza rari. E nemmeno si può generalizzare affermando che la chiesa di tutto questo denaro ricevuto si servisse per costruire mausolei, cattedrali, monumenti salariando gli artisti, gli architetti, e tutta la popolazione gregaria di bassa manovalanza con una retribuzione di pane e formaggio. Ma certo la sensibilità o l’insensibilità era diversa.
Analizzando questo messaggio pare ovvio contenga due aspetti: da una parte nei confronti di persone singole od organizzate che danno alla chiesa, dall’altra la chiesa allorché pretende o pretendesse di ricevere privilegi e denari dallo Stato danneggiando i poveri. Il primo aspetto l’ha recepito anche il procuratore di Reggio Calabria N. Gratteri che nei giorni seguenti lanciò un allarme: ”il papa vuole fare pulizia, ma questo non piace alla ‘ndrangheta” il riferimento anche se non esplicito è sottinteso. Anche Bergoglio ha studiato la storia della chiesa, ed è noto che il cattolicesimo ha conservato nei secoli alleanza con la mafia. Lo stesso Cardinale di Palermo Ruffini asseriva nel 1971 ”meglio la mafia che non il comunismo. ”Mafiosi, camorristi, soci delle varie Sacre Corone sono sempre in prima fila nelle feste del santo Patrono, ne portano a spalla la statua nella pubbliche strade, appendono bigliettoni di euro pesanti alle vesti dorate del simulacro, venerano nei loro covi la statua di P. Pio e una collezione di madonnine. Hanno persino il loro prete confessore, costruiscono chiesette private lungo le strade: fatevi un giro ad esempio nella Valle del Marro in quel di Gioia Tauro accanto alla tenuta confiscata ad un malavitoso e affidata all’associazione” Libera “di don Ciotti. Una splendida cappella privata con tanto di campanile e dedicata a S.Michele Arcangelo che brandisce una spada fiammeggiante” chi e come Dio?”. Mafiosi che hanno figli frati a celebrare il funerale del genitore impallinato dalle cosche rivali. È successo. Mafie che non solo ostentano visibilità religiosa ma sostengono le attività della chiesa con la costruzione di luoghi sacri e attività parrocchiali, ovviamente nel loro interesse, su su fino allo Jor, la Banca Vaticana, in cui riescono (cioè sono finora riusciti) a riciclare tutto il denaro sporco come da loro programma. Ma Papa Bergoglio implicitamente pone anche un’altra domanda. I possedimenti della chiesa potrebbero essere un furto allo Stato e ai cittadini? Il riferimento sarebbe nella logica di altri suoi interventi in argomento. Qualche dato: solo a Roma la Propaganda Fide (Congregazione incaricata per l’evangelizzazione dei popoli) gestisce 725 fabbricati per un valore di 2 miliardi. Il suo tesoro dagli alberghi ai palazzi vale 9 miliardi di patrimonio. Da notare che inquilini sono in genere persone facoltose, manager, attori, spesso con prezzi inaccessibili alla gente media e ai poveri. In Italia il valore patrimoniale dello Stato si aggira sui 6,4 miliardi annui, di cui mille miliardi della chiesa. Esenzione dall’Ici (o tassa consimile) sugli immobili commerciali della chiesa a condizione che all’interno o attiguo sia costruito un piccolo luogo di culto. Nessuno è così pretestuoso pauperista dal negare che anche l’istituzione ecclesiastica non necessiti di strutture per l’esercizio delle sue funzioni e per la carità, però la trasparenza e l’utilizzo che lascia a desiderare e di cui il Papa stesso si preoccupa. Dare a Cesare quello che è di Cesare significa anche dare allo Stato e ai cittadini quello che loro spetta. Pretendere tutto per sé può anche essere un furto. L’altro aspetto della espressione di Bergoglio riguarda i contributi dello Stato alla chiesa: non dovrebbe costituire un’occasione di impoverimento ai cittadini, indipendentemente dalla loro religione. Dal 1870 non vi sono stati rapporti molto idilliaci fra Stato e Chiesa, sempre in riferimento alla cessazione dello Stato Pontificio e all’annessioni dei beni delle regioni ecclesiastiche allo Stato Italiano. Il potere papale possedeva mezza Italia, ma era un potere formatosi nei secoli con i beni, pochi o tanti, di ogni cittadino suddito. Per porre fine alle ostilità nel 1929 fu stipulato un Concordato secondo il quale lo Stato risarciva al Vaticano 5 miliardi di euro (l’equivalente delle lire del tempo). Dal 1984, accordo Craxi-Santa Sede, l’8 per mille di ogni cittadino viene versato alla chiesa, la quale dovrebbe utilizzarlo per lo stipendio ai sacerdoti, personale ecclesiastico, teologi, dipendenti, ecc. Circa 3 miliardi all’anno lo Stato versa alle scuole cattoliche, università cattoliche, radio private cattoliche, con suddivisioni interne. Cioé mezzo miliardo di euro ai quindici mila insegnanti di religione, scelti dal vescovo, pagati dallo Stato. Il privilegio di essere di ruolo, per cui se perdono la cattedra hanno il diritto di precedenza alle altre, a scapito dei precari in attesa. E qui nasce l’obbiezione: perché sovvenzioni solo agli insegnanti cattolici e non anche a quelli di altre religioni? Ed una seconda: l’art.33 della Costituzione lascia a ciascuno la libertà di gestire scuole private senza oneri per lo Stato. Non sarebbe questa una pretesa di privilegi da parte della chiesa a svantaggio del cittadino e della società laica? Un furto? Da aggiungere i contributi dello Stato per i 184 cappellani militari, a stipendio di 4.500 euro mensili e pensione garantita. Il Vescovo militare, con l’onore di Generale d’Armata, 9.500 euro e vitalizio. In totale 10 milioni di euro annui. Aggiungi 9 milioni annui per l’approvvigionamento acque del Vaticano. Indubbiamente papa Francesco con il suo messaggio alludeva anche a tutto questo. Era l’11 novembre 2013, giorno di S. Martino, cavaliere (315-397) che ha diviso il suo mantello con un povero pellegrino. Un esempio della condivisione ugualitaria dei beni possibile da attuarsi anche nel nostro tempo.

Autore:
Albino Michelin
27.11.2013

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