mercoledì 9 dicembre 2015

BUON NATALE AFGHANI.

Nell'emozione generale della tragedia di New York dell'11 settembre 2001 si è anche scritto: "Siamo tutti americani" Bush ha proferito proclami di guerra senza fine, di lotta senza quartiere contro il potere del male (il male sono sempre gli altri), con promessa solenne di guidare tutto il mondo alla vittoria. Ormai a bocce ferme ci si può anche domandare: perché tanto interesse esiste solo quando c'è di mezzo l'America? Dove eravamo noi quando gli stessi fondamentalisti islamici sgozzavano 20 mila algerini? Dove eravamo noi paladini della giustizia quando il popolo curdo veniva massacrato con le armi made in ltaly? O quando si spazzavano via 200 mila abitanti della Cecenia? La risposta è che non c'erano le telecamere a filmarli. Certo comprendiamo l'umiliazione dell'America, da sempre padrona del mondo, vedersi derisa e umiliata nei simboli della sua arroganza, sepolti sotto 40 tonnellate di oro. Ma anch'essa deve fare da ora in poi i suoi bravi esami di coscienza. Non deve continuare a proclamare la sua sete di giustizia infinita, ma adoperarsi per la fine delle ingiustizie, di cui essa da oltre 50 anni ne è in buona parte la prima causa. Nessuno di noi certo deve dimenticare l'aiuto dell'America nel periodo postbellico per la ricostruzione dell'Italia e buona parte dell'Europa, ma a tirar le somme non è esagerato affermare che anche gli aiuti umanitari a molti paesi sono stati garantiti solo per i suoi interessi. Non vogliamo ritornare alla preistoria, ma solo al 1945. Il giorno 6 agosto, a seconda guerra mondiale conclusa, che senso ha avuto lanciare la bomba atomica su Hiroshima e trucidare 200 mila persone? Chissà se i terroristi Saddam Hussein e Bin Laden avrebbero oggi tanto spirito di vendetta e istinti di morte. E lo sterminio del Vietnam? E i 200 mila uccisi in Guatemala negli anni 80 valgono di meno di un cittadino americano? E i 300 mila scomparsi nella guerra del Golfo? La guerra contro il terrorismo può essere legittima, ma "questa" guerra condotta dagli Usa appare contraddittoria, perché gli Usa sono essi stessi, purtroppo, uno stato terrorista. Questo riferimento per nulla sacrilego e diffamatorio, si riferisce alla serie di azione sporche combinate ai quattro angoli del pianeta. È evidente che qui si tratta di un'analisi tagliata con l'accetta, eppure sta nascendo in soggetti molto diversi fra di loro. Bush vuole avere Bin Laden vivo o morto per consumarlo al banchetto della vittoria. E forse ci riuscirà. Però non deve eludere la domanda: una decina d'anni fa chi ha scolarizzato ed allenato in America talebani, lo stesso Bin Laden per inviarli poi in Afghanistan a combattere contro i russi? E le famose grotte di Tora Bora ove si sono asserragliati nelle impervie montagne i terroristi da chi furono costruite, se non dall'America per garantirsi successo nella guerriglia sempre contro il nemico russo? li 7 ottobre 2001 gli Usa dichiararono la tanto sospirata guerra contro l'Afghanistan, anziché contro il terrorismo. Si perché sono due cose diverse. In effetti oggi quel territorio, doppio in superficie rispetto a quello italiano (650 mila Kq) è ridotto in macerie, i civili sotto la morsa del freddo e della fame, senza casa e senza viveri. E con quelle superbombe che inceneriscono tutto nel raggio di mezzo chilometro nemmeno più le margherite ci nasceranno per un secolo. E dove finiremo quando l'America farà giustizia contro gli altri 59 Stati che ospitano terroristi? Perché questo è il piano di lavoro degli Usa.
Il 7 novembre anche l'Italia entra in guerra. Berlusconi paventando il pericolo che la nostra italietta resti la prima fra le piccole e l'ultima fra le grandi, sofferente per la sindrome dell'esclusione riesce a far mettere un posto a tavola. Non pensino gli occidentali di trattarci come una ruota di scorta. Così anche noi siamo partiti con cannoni, corazzate, missili a sconfiggere il nemico, pardon per compiere la "nostra missione di pace". Mi sovvenne quando all'età di 8 anni, e precisamente il 10.6.1940 alla Radio scolastica, allora si chiamava Ente italiano audizioni radiofoniche(EIAR), sentii Benito Mussolini aizzare in questi termini: "Italiani, volete la guerra o volete la pace?" E tutto il popolo a gridare: "vogliamo la guerra.” Sabato 10 novembre 2001 in Piazza del Popolo a Roma si volle organizzare una manifestazione per l'America, cioè per la guerra: anche se i partecipanti non superavano le 50 mila nulla di psicologicamente più anacronistico di questo tripudio patriottico. Lo stesso giorno e la stessa ora in altri siti di Roma oltre 100 mila (fra cui molti dei discussi no global) manifestavano per la pace contro il terrorismo. Portavano striscioni: "né con Bush, né con i talebani, siamo per i diritti umani". I media li trattarono da ingenui, specie di hippy ritardati, che tornano a cantare "mettete dei fiori nei nostri cannoni". Alla resa dei fatti però ingenui non tanto. In effetti non vivono sulle nuvole, ma prospettano delle soluzioni concrete, molto meno distruttive del solito ricorso alle armi. In realtà secondo loro, il terrorismo non si sconfigge con la guerra, ma con una complessa opera di polizia ed una rete adeguata di controspionaggio internazionale. In Sicilia non si vince la mafia radendo al suolo l'isola, né in Calabria l'ndrangheta, né in Campania la camorra, né in Veneto la prostituzione del nord-est. Né in un albergo si fa saltare tutto lo stabile con 100 turisti per acchiappare un delinquente. Cioè non si spara mai nel mucchio. Cosi è stata questa prima guerra contro Bin Laden, con missili intelligenti a colpire per caso obiettivi militari e intenzionalmente (un po' troppo spesso) cooperative, ospedali, croci rosse. In tutta questa fretta di eliminare il nemico neppure la Chiesa cattolica ha più un'idea chiara. C'è una forte componente filoamericana, inconscia sudditanza psicologica di quella potenza egemone, che cede come sulla pena di morte anche sul concetto di guerra nei confronti del magistero ecclesiastico Usa. In effetti è per la mano pesante di quest'ultimo se nel nuovo catechismo cattolico il nr. 2266-67 si ammette la legittimità della pena di morte: purtroppo il Vaticano e Papa Wojtyla hanno dovuto a malincuore sottoscrivere questo documento ufficiale, anche se nella prassi tentano di discostarsi. Lo stesso consenso produce in buona parte della cattolicità la posizione della chiesa americana: legittimità dell'intervento armato, diritto alla legittima difesa. La qual cosa non si sa bene fino a che punto si spinga: certo sul diritto agli armamenti e a riempire gli arsenali di superbombe nei cristiani Usa il passo è molto breve. Altra componente nel cattolicesimo nostrano è quella che si riferisce alla tradizione specie di S. Agostino (secolo V) e a S. Tommaso (sec. XIII) per i quali esiste anche la guerra giusta. Ma questo riferimento è antistorico: perché una cosa è fare la guerra con i bastoni, sistemato l'ingiusto aggressore sono sistemati tutti. Un'altra faccenda invece è la guerra moderna quale strumento di morte per gli umani, per i vegetali e per l'inquinamento dell'ambiente, che per tempo indeterminato resterà invivibile. La lezione di questa guerra supera tutti i discorsi morali di un tempo: il terrorismo ha radici profonde e lontane, è un odio sotterraneo contro gli occidentali dovuto a lunghi secoli di sfruttamento, di rapine, di indebitamenti, dì disuguaglianze. Gli abitanti Usa rappresentano il 4% della popolazione mondiale, eppure consumano il 50% delle risorse del globo. O si fa un esame di coscienza su questi nodi oppure innumerevoli Bin Laden salteranno fuori da ogni angolo della terra. E mentre il Papa digiuna per la pace, tutti si diano da fare a raccogliere viveri e medicinali per centinaia di migliaia di profughi afgani. Come 1'11 settembre ci sentivamo tutti americani, oggi dobbiamo dirci e sentirci tutti afghani.

Autore:
Albino Michelin
21.12.2001

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