sabato 5 dicembre 2015

IL TEMPO DELLA COSCIENZA: I PIRATI DELLA STRADA

Nel fine settimana 18-20 maggio del 2001 sono morte in Italia tre persone e seriamente ferita una quarta, tutte investite da automobilisti che si sono dati alla fuga. A Lecco un imprenditore di 32 anni travolto e ucciso da un camionista, a Cremona stessa sorte per un pasticciere di 35 anni, a Pavia identica fine per una baby-sitter di 27 anni nell'atto di attraversare le strisce pedonali. Infine a Como un quattordicenne si vide tranciata una gamba da un automobilista che non rispettò uno stop. Le statistiche del 99 parlano di oltre 10 mila investimenti in cui i colpevoli sono fuggiti senza prestare soccorso. Scappano o perché presi dal panico, o per salvare la patente, o per coprire una falsa polizza di assicurazione. Non serve qui moralizzare perché anche noi forse al loro posto ci saremmo comportati allo stesso modo: pirati della strada. Quella esigua minoranza che ancora si ferma per soccorrere l'investito lo fa probabilmente per non venire attanagliato da un senso di colpa che finirebbe per tenerlo legato all'evento, incapace di dimenticarlo e con un perenne sentimento di malessere interiore. Detto in breve, lo fa perché un po' di coscienza dentro gli è ancora rimasta. Questi episodi ci possono offrire l'occasione non tanto per soffermarci in disquisizioni giuridiche sulle responsabilità penali di omesso soccorso, quanto per chiederci se il nostro è un tempo più propizio alla coscienza o all'incoscienza, se la coscienza è un dato genetico o un acquisizione, se con la coscienza si nasce oppure la si forma (o deforma) cammin facendo, dove trova la coscienza moderna il fondamento criterio per distinguere il bene dal male. Se la coscienza deve riferirsi a principi immutabili ed eterni oppure se tali principi sono essi stessi evolutivi, provvisori, da inventare secondo le nuove sfide e provocazioni del tempo. Domande tutte facili da porsi, ma difficili da rispondere. Anzitutto una prima constatazione da tutti condivisa: oggi viviamo in un certo caos morale. Il successo giustifica tutto, il successo si identifica con il bene. Sta calando e dissolvendosi il consenso su parecchie norme e precetti dei comportamento sociale e religioso. I nostri strumenti di bordo (cioè la coscienza tradizionale) segnano rosso, si sono rotti. Siamo in stato di allarme, sicuramente di preallarme. Questa è la sensazione generalmente diffusa. Personalmente non vedrei la situazione cosi catastrofica. Anzitutto pure noi tutti oggi, anche se un po' a spanne, sappiamo fare e desideriamo affermare una distinzione fra il bene ed il male. Nessuno di noi pensa di mettere sullo stesso piano il comportamento del mafioso con quello di Madre Teresa di Calcutta, quello di Attila condottiero degli Unni flagello di Dio con quello di S. Francesco d'Assisi, quello di un vile traditore con quello di un martire eroico. E se colui che riesce a venderci un automobile con un difetto occultato si considera furbo, esiste ancora una controparte di umanità che lo definisce un insulto, ladro, impostore, approfittare della fiducia altrui. Al limite quindi anche il nostro tempo esige ed esprime una certa coscienza morale. Ciò premesso è anche vero che il senso di colpa è fortemente mutato negli ultimi anni, è emigrato spostandosi su certi comportamenti togliendosi da altri. Ad esempio forte senso di colpa oggi molti lo denotano nell'infrazione alle norme dietetiche e nell'aumento di peso, mentre è loro scomparso nell'ambito di rubare e della infedeltà coniugale: solo per citare due casi quotidiani. Di fronte all'aumento di peso, ai cuscinetti adiposi, alla pelle a buccia di banana, alla cellulite, ai seni penduli, ai glutei flaccidi, al sedere basso ci sentiamo pieni di ribrezzo, fenomeni da baraccone, roba da scomparire sotto terra. Quindi il bisogno assoluto del "Swissline Thermo System" per ritrovare la linea perduta e la riconciliazione profonda con se stessi. Nell'avere invece un amante di scorta sentiamo di valere di più. Si può provare colpa per la morte di una foca monaca e non per quella di un uomo dalla pelle scura. Ognuno di noi può moltiplicare gli esempi. Tuttavia anche questo spostamento del senso di colpa dimostra nell'uomo l'esigenza di una coscienza del bene e del male, anche se tale esigenza si arresta solo a livello superficiale del bello o brutto. Se poi vogliamo fare un discorso un po' più in profondità notiamo che tanti "principi" morali ritenuti e tramandati come immutabili ed eterni si sono sciolti come neve al sole all'interno della nostra stessa chiesa. Ed è questo uno dei motivi per cui molti fra gli stessi praticanti restano un po' frastornati. Più che ad una coscienza critica sono stati educati ad una morale tabuistica. Cioè un'azione è immorale perché proibita e non viceversa. È come vivere una fase infantile: un bambino non distingue un bicchiere rotto per sbaglio o per rabbia, è rotto e basta, e lui si attende la rampogna. Abituati come siamo stati ad una morale fondata su predicozzi, fervorini, pie considerazioni devozionali, delega della coscienza all'autorità non abbiamo in mano gli strumenti per un giudizio personale. E pur avendo ricevuto la cresima, i cui primi doni dello Spirito Santo sono sapienza ed intelletto, sul piano morale non sappiamo ancora "ragionare" anche perché a ciò non siamo stati educati. È più facile e spesso più comodo seguire stereotipi e generalizzazioni piuttosto che prendersi la briga di fare delle distinzioni reali. Indubbiamente i principi sono essenziali nel comportamento umano: sono la voce della storia, memoria morale di un popolo, depliants di viaggio contenenti giudizi di valore, plasmati dalla nostra coscienza collettiva e personale del passato. Ma non bisogna dimenticare fra centinaia di esempi che la stessa schiavitù adottata in America era sostenuta da principi etici, civili, religiosi e cristiani, che a noi oggi suonano maleodoranti come sentina di iniquità. È storicamente appurato che talvolta gruppi di autorità morali si autosuggestionarono a vicenda. Rivedere punti di vista della coscienza collettiva precedente è anche segno di rispetto verso il presente ed il futuro.
                         I principi morali sono immutabili, la loro applicazione mutevole.
 S. Tommaso, dottore della Chiesa, nel 1200 sosteneva che i principi sono eterni, mentre le loro applicazioni variano a seconda del tempo. Oggi molti suoi commentatori sostengono che eterni ed immutabili non sono i principi, ma eterno e indistruttibile è il bisogno dell'uomo di darsi dei principi in riferimento al suo tempo. Come dire: Mosè e gli ebrei si sono dati i loro 10 comandamenti e noi, il mondo globalizzato, la chiesa del 2000 ci diamo i nostri. Qui si rivela il nodo conflittuale nella coscienza odierna: fra l'obbedienza ad una autorità morale dall'eterno precostituita e la creatività umana. Difficile la soluzione: ai posteri l'ardua sentenza. È fuori discussione che la Chiesa cristiana ha contribuito assai lungo i secoli alla formazione di una coscienza europea e delle varie civiltà con le quali è venuta in contatto. Ma offensivo nei loro confronti sarebbe giudicarle con un verdetto di immoralità. Si tratti di certe tribù indiane che mangiavano il cadavere del padre (una specie di comunione per appropriarsi della forza), o dei greci che invece lo bruciavano, o degli esquimesi presso i quali gli anziani si suicidavano per alleggerire la pressione alimentare della famiglia o presso cui all'ospite (che è sacro) si offriva il letto e la propria moglie. Ad un esame attento delle motivazioni non si può negare loro una coscienza morale. Ovvio che il contatto con altri valori ed altri popoli e altri tempi abbia dovuto, potuto e voluto modificare i loro principi e formare una coscienza diversa. Lo stesso processo però in parte potremmo subirlo e provocarlo pure noi all'interno della nostra chiesa: in effetti molti si domandano se la morale sessuale, il concetto di famiglia, un certo impianto patriarcale che trasuda da qualche settore del magistero non siano aspetti tutti da ristudiare in riferimento alle mutate condizione storiche. Anche nella chiesa va salvaguardato il bipolarismo missionario: da una parte essa è sì maestra, ma dall'altra è pure discepola, cioè attenta ai segnali positivi del mondo, che non può essere tutto marcio. Dovunque esistono uomini di buona volontà animati dallo spirito di Dio. Molto complesso e variegato dunque un discorso sulla coscienza. Ma va sollecitato a tutti i livelli. Diversamente comportamenti come quelli su accennati dei pirati della strada saranno destinati ad ampliarsi senza limite e a rendere più insicura la convivenza umana. Non è vero che tutti noi abbiamo una coscienza: potremmo anche non averla o averla sporca.

Autore:
Albino Michelin
15.06.2001

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