domenica 13 dicembre 2015

GIORNATA DELLA MEMORIA FRA VITTIMISMI E DISCRIMINAZIONI

Il 27 gennaio 1945 l'esercito sovietico sfondava i cancelli del Campo di Auschwitz mettendo fine ad un dei più amari capitoli della nostra storia: lo sterminio degli ebrei ad opera della dittatura nazista. A distanza di alcuni decenni la ferita butta ancora fiotti di sangue. Per solidarietà con il popolo ebraico nel 2000 si stabilì dl dedicare la giornata del 27 gennaio di ogni anno alla memoria di questa pagina nera secondo un motto già da tempo diventato impegno di vita: "ricordare per non dimenticare, ricordare per non ripetere". Fra le innumerevoli iniziative per la circostanza degna di rilievo è stata quella di Brescia. Ricostruito in Piazza della Loggia un campo dì concentramento, filo spinato, forni crematori, binario morto con il saluto all'ingresso: "Arbeit macht frei" (il lavoro rende liberi). Tutto questo però coincide con la denuncia di un clima di rinato antisemitismo. Inquietante verificare la ripresa di una certa dichiarata ostilità. Non si capisce bene perché verso la realtà ebraica, ritornano i fantasmi, se si tratti di superficialità o di una vera mentalità che esplode dopo un periodo di ibernazione e che rifiuta apertamente i soliti luoghi comuni. Ad esempio un italiano su tre pare consideri gonfiato il numero di 6 milioni di ebrei trucidati. Molti si spingono oltre e dichiarano che gli ebrei farebbero molto meglio a chiudere la vicenda, indubbiamente dolorosa, e a non giocare continuamente sul tasto del vittimismo. Altri infine non cessano di imbrattare i muri con scritte polemiche dal tenore: "Gli ebrei? Ieri vittime, oggi carnefici". Chiaro, va tenuta alta la guardia contro questo rigurgito di antisemitismo. Però se da una parte è necessario sottolineare le cause storiche di questo fenomeno nei 20 secoli che ci siamo lasciati alle spalle, dall'altra non dovremmo semplicisticamente innocentare il popolo ebraico sottovalutando alcuni suoi atteggiamenti provocatori, non dovremmo enfatizzare questo suo dolore a scapito di quello di tanti altri popoli, vittime di immani distruzioni, e che con la loro non hanno nessun rapporto. Indubbiamente fra le cause storiche quella religiosa è fra le più pesanti, le responsabilità del cristianesimo sono rilevanti. Che la chiesa abbia definito "deicida" (uccisore di Dio) il popolo ebraico, male interpretando il grido della folla al processo di Gesù "il suo sangue su di noi e sui nostri figli", che essa li abbia condannati nel Medioevo in quanto usurai, cioè prestatori di denaro ad alto interesse contravvenendo apertamente alle proibizioni del Vecchio Testamento su prestiti del genere, che la cattolicissima Isabella di Spagna, oggi desiderata dagli antisemiti beata sugli altari, abbia espulso violentemente nel 1492 gli ebrei dai suoi territori, che la Santa Sede abbia nel 1933 stipulato un concordato con il capo antisemita del nazismo tedesco A. Hitler, che fino a 40 anni or sono si cantasse nelle liturgie cattoliche del Venerdì Santo preghiere per i perfidi giudei, abolite per grazia di Dio da Papa Giovanni, tutto questo risponde disgraziatamente ad una realtà indiscutibile. Però ammessi e riconosciuti questi nostri torti non possiamo concedere continuamente agli ebrei ulteriore compassione e giustificazioni. Anzi noi e popolo ebraico insieme, e qui facciamo un passo avanti, dobbiamo evitare di rendere ingiustizia e negare memoria ad innumerevoli persone e popoli che hanno subito gli stessi stermini. Non dimentichiamo che oltre ai 6 milioni di ebrei finiti nei campi della morte, subirono la stessa sorte anche 5 milioni di detenuti che non esibivano ricucite solo le stelle di Davide sulle foro divise grigie a strisce nere, ma tanti altri distintivi o marchi d'infamia e diversi per ogni tipologia di detenuto. Facciamo memoria: triangolo rosso per gli oppositori politici, compresi i comunisti. Triangolo rosso con il vertice all'insù dentro ad un cerchio bianco per i prigionieri di guerra. Triangolo marrone per i detenuti rom, triangolo rosa per gli omosessuali, triangolo blu per gli emigrati apolidi, in genere spagnoli. Triangolo viola per i Testimoni di Geova, i primi a muovere obbiezione di coscienza contro il nazismo. Triangolo nero per gli antisociali, malati di mente, disabili, vagabondi, mendicanti, venditori ambulanti, prostitute, lesbiche. Infine fascia al braccio con la scritta "Idiota" per i ritardati mentali. Dunque uno sterminio di 5 milioni di persone di cui non si parla o molto poco. Nel conteggio presunto di undici milioni di sterminati, di questi ultimi non si fa memoria. Olocausto dimenticato perché forse non concerne vittime eccellenti o perché non hanno un peso politico capace di coltivare, diffondere, pretendere fa loro memoria? E fra tante memorie appunto come mai si ignora l'olocausto degli Armeni, e quello dei desparecidòs in Argentina? La nostra memoria non potrebbe diventare ingiustizia, forma sottile di neorazzismo riducendola solo alla rivalutazione del popolo ebraico?  In quanto poi all'attuale antisemitismo di ritorno, pure gli ebrei dovrebbero fare un breve esame di coscienza. Nel caso è evidente l'allusione all'interminabile conflitto palestinese. Siamo due popoli diversi? Allora anche Israele (struttura politica di fede ebraica) dovrebbe adoperarsi affinché ogni popolo abbia la sua terra. Cioè due popoli, due terre. Se non si arriva a questa soluzione, anzi si vanno a costruire nuovi muri di Bertino, allora i palestinesi rivendicheranno la giustezza del loro terrorismo chiamandolo Resistenza e Israele continuerà con i suoi raid definendoli legittima difesa. Di qui si abbia magari il coraggio di chiedersi se l'antisemitismo attuale non abbia altre cause, diverse dalla solita gelosia del vicinato. Perché ciò che potrebbe irritare non è tanto la potenza di Israele, quanto la sua prepotenza. Mettiamolo sotto condizionale e con un punto interrogativo. Certo l'essersi ritenuto per secoli prima di Gesù popolo di elezione, prediletto da Dio, interpretando questo appellativo come istigazione alla battaglia, alla conquista, alla vittoria sugli altri popoli in nome del proprio Dio, anziché vocazione a portare messaggi di pace a tutte le nazioni (come sostiene il loro e nostro profeta saia), tale autointerpretazione può aver creato e tutt'ora creare in questo popolo relazioni e rapporti discutibili con il resto dell'umanità di fede diversa. Mentre dunque facciamo memoria dello sterminio contro gli ebrei nei campi di concentramento nazisti, non dobbiamo rinunciare al nostro spirito critico che ci aiuta a vedere la complessità del fenomeno a rimuoverne le cause, ad evitare l'insorgere di un nuovo antisemitismo. 

Autore:
Albino Michelin
06.02.2004 

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