mercoledì 9 dicembre 2015

I BAMBINI CONFRONTATI CON LA MORTE

Grande impressione ha fatto in tutta Italia la sciagura di San Giuliano di Puglia (CB) in cui 26 bambini hanno perso la vita a causa del terremoto di giovedì 31 ottobre 2002. Ma angoscia ancora più profonda ci ha prodotto il racconto di alcuni scolari sopravvissuti che per lunghe ore erano rimasti abbracciali ai cadaveri insanguinati dei loro compagni morti sotto le maceria dell'edificio scolastico. Bambini dunque non solo confrontati con la morte ma risorti svincolandosi fra i morti e dai morti. Non ci sembri peregrina l'occasione di ampliare l'argomento oltre i confini di questa disgrazia. Il tipo di educazione che noi adottiamo tutt'oggi è quello di proteggere i bambini dalla morte, cioè di sviare il discorso in loro presenza, di trafugarli da casa verso altre destinazioni allorché in famiglia succede un lutto. Insomma la parola "morte" deve restare tabù. Eppure i nostri pargoletti, supposti al sicuro di ogni infiltrazione portasfortuna, già prima dell'età di 12 anni hanno visto alla TV fra guerre ed episodi consimili circa 10 mila morti, e morti violente. Cioè non tanto casi di normale ricambio biologico dovuto all’età senile, leggi vecchiaia, o ad incidenti sul lavoro o di percorso, ma morti gratuite, da spettacolo. Anzi i bambini stessi quotidianamente ai video giochi hanno imparato ad uccidere, per eliminazione e decimazione centinaia di persone e sussultano di gioia allorché le vedono al suolo esamini.  Allora vale la pena o meno di affrontare questo discorso dal punto di vista pedagogico? A che serve inviare nei territori sismici del Molise legioni di psicologi per ricostruire i bambini dal dramma subito? A che servono queste emergenze tampone se in famiglia, dai genitori non vengono garantite risposte ed un'educazione alla morte in forma quotidiana e permanente? Eh sì, perché la morte fa parte della vita, come la scuola, il lavoro, la carriera, l'età che avanza. Fuori dubbio che non va sottovalutata la situazione che si crea in una famiglia nel caso di una disgrazia. Ognuno deve superare dei passaggi obbligati. Dapprima il periodo dello shock che in genere viene assorbito con il commiato ufficiale o funerale. Ma ci segue un più periodo più lungo, quello del rigetto, della depressione, dell'inappetenza dell'insignificanza nei confronti della vita e del lavoro. Infine più lentamente si arriva alla fase di progettazione, come si dice, si ricomincia a vivere. Ma all'interno di questa situazione familiare ci vivono anche i bambini. Come comportarsi?
                                          Le domande dei bambini sulla morte
Si sa che le angosce dell'infanzia più frequenti, anche se non verbalmente espresse, sono quelle di morte. Cioè il bambino teme di essere ucciso o abbandonato, e di restare così senza l'amore delle persone care. Anzitutto sotto i 5 anni un bambino non accetta o non considera la morte come un fatto definitivo, cioè inconcepibile per lui che il defunto non torni più indietro. Dai 5 ai 9 anni circa tende a personificare la morte: l'uomo cattivo, l'uomo nero gli ha rubato la persona cara. Ma già comincia ad assimilare la realtà del non ritorno definitivo. Verso i dieci anni ogni bambino capisce di essere anche lui coinvolto: la morte gli appartiene, gli vive dentro. Le domande che tutti i bambini sotto questa età si pongono sono: perché si muore? Muoiono tutti? Morirai anche tu papi, anche tu mami? Ciò assodato bisogna rispondere alle più svariate domande che i bambini pongono sulla morte e anche sul dopo morte. Qui è meglio citare dei casi avvenuti e chissà quante volte capiteranno. Carmen, di 7 anni ha perso il fratellino Alfonso di 5 anni caduto male nel parco giochi. La mamma cerca di consolarlo "IL Signore lo ha preso con sé l'ha trapiantato come un fiore nel suo giardino, l'ha fatto diventare un angelo del cielo". " Al che Carmen pestando i piedi:” brutto Gesù, cattivo Gesù, se mi voleva bene non doveva portarmi via Alfonsino". Risposta molto corrente fra i cattolici praticanti ma dannosa alla psiche del bambino. Il effetti il signore non ruba e non causa del male a nessuno. Risposta che potrebbe diventare germe di ateismo. Mary di 5 anni chiede dov'è andato il nonno.  La mamma risponde che il nonno si è addormentato. Per alcuni anni Mary alla sera non voleva addormentarsi per paura di non svegliarsi più cioè di fare la fine del nonno. Flavio 4 anni chiede alla mamma dove è andato il papà deceduto per un incidente d'auto. La mamma gli risponde che il papà è scomparso. Per parecchio tempo Flavio non lasciava più uscire la mamma da sola, ma le si attaccava alle gonne per paura che anche lei scomparisse e non tornasse più a casa. Giannetta di 8 anni perde la mamma in seguito ad un tumore, in casa nota espressioni di circostanza, discorsi sviati, silenzi di circostanza. Lei entra dentro "nessuno me ne vuole parlare, ma è di questo che anch'io voglio parlare". L'isolamento e il sentimento di non appartenenza alla comunità nuoce di più all'anima del bambino che non il confronto diretto con il lutto e il dolore. Lo dimostra anche il caso di Silvia 10 anni che dopo un certo tempo viene a conoscenza della morte della nonna. Si chiude in camera e piange per giorni. Ai genitori che la implorano grida:" piango non perché è morta la nonna ma perché nessuno me l'ha detto.” I bambini sanno distinguere bene quando i genitori non danno una risposta sulla morte perché essi stessi non la conoscono e quando invece non la vogliono dare raggirandola con pietose bugie. In quest'ultimo caso aumenta à dismisura il loro senso di angoscia. Il bambino teme l'isolamento e l'esclusione dalla comunità mentre invece sa affrontare un funerale, una cerimonia alla tomba allorché si sente accolto nella comunità dei grandi. Mandarlo dai nonni, condurlo fuori paese, raccontargli storielle lo estromette, lo espropria dal suo io e dal suo mondo di appartenenza che è la famiglia. Condurre il bambino al funerale dei nonni o dei genitori è più terapeutico che nasconderlo lontano dall'evento con cui o prima o dopo dovrà confrontarsi. L'ambiente naturale del bambino è la sicurezza dell'amore. Mike 6 anni chiede alla mamma: "se tu morirai, dove andrò io?". La mamma gli risponde: "Qual è la persona a cui vuoi più bene, dopo la mamma?". E Mike:"zia Eleonora". Al che la mamma conclude: "mamma non morirà, mamma non ti lascerà solo, ma se proprio dovesse succedere farà testamento che ti prenderà la zia Eleonora".
                                      Le domande dei bambini sul dopo la morte
In una fredda notte d'inverno con un tempo che tirava a pioggia e neve Vania 7 anni va a svegliare il papà per sapere se il nonno in cimitero sentiva freddo. Il papà le indica l'attaccapanni dove era appeso un vestitino e le chiese se quel pezzo di stoffa sentisse freddo. Vania rispose che è lei a sentire il caldo ed il freddo. Il paio di pantaloncini non doveva sentire nulla. Così, continuò il papà, è del nonno. Il suo corpo è al cimitero come un vestito lasciato laggiù, ma il cuore del nonno e lassù, il nonno si trova okay. Laura di anni 8 chiese alla nonna Mimma perché fosse triste per la morte del nonno dal momento che un giorno le aveva detto che in cielo sono tutti felici. La nonna le rispose che non piangeva perché il nonno si trovava male ma perché lei senza di lui si sentiva sola. Claudio 6 anni si vide morire il suo cagnolino Full e ansioso chiese alla zia se la bestiola fosse andata in cielo, ma quella gli rispose che in cielo non c'è posto per i cani. Allora il bambino piangente si rivolse alla mamma che lo riassicurò: "Full ti aspetta sulla porta del paradiso. Quando tu ci arriverai te lo porterai dentro".
Thomas di anni 7 durante un'escursione scolastica inciampò in un piccolo leprotto e lo uccise. Si mise a piangere dal maestro perché voleva farci una cerimonia di funerale. Allora l'insegnante invitò tutti i bambini in cerchio attorno al leprotto, fece loro scavare una piccola buca, recitarono una preghiera e lo seppellirono. Thomas ridiventò felice perché il suo amico era stato salutato, onorato, andato in cielo anche lui. I due casi successivi stanno a dimostrare che per il bambino dopo la morte è urgente portarsi dietro tutti i giocattoli e gli animali che rappresentavano la sua gioia sulla terra. Che sia pura fantasia non si potrebbe neanche accertare, dato che Gesù disse al Padre che non avrebbe perduto nulla di ciò che lui gli aveva affidato, creazione minerale, vegetale, animale probabilmente inclusa. Lungo sarebbe il discorso sui paragoni tolti dalla natura per spiegare ad un bimbo il dopo morte. L'esperienza del cambiamento che egli stesso osserva potrebbe aiutarlo. Le foglie cadono, nutrono la terra, la terra fa crescere la pianta, questa in primavera fa sbocciare i fiori, in estate matura i frutti, in autunno ricomincia a perdere le foglie. Così a ciclo "tutto si trasforma, niente si crea, niente si distrugge" potrebbe costituire un esempio che come dal bruco nasce la farfalla, cosi dalla morte dell'uomo potrebbe rinascere un essere nuovo. Personalmente penso che la più grossa difficoltà per le risposte da dare al bambino sulla morte dipenda dalla fede dei genitori. Se questi non ce l'hanno, per la circostanza dovrebbero chiederla in prestito, per il bambino è essenziale credere ad mondo ultraterreno, splendente, con un Dio grande immenso e buono come mamma e papà e anche di più. Quanto sopra illustrato non è una predica ma una scuola di vita per tutti i bambini che ogni giorno devono incontrare e confrontarsi con la realtà della morte.

Autore:
Albino Michelin
15.11.2002

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