sabato 5 dicembre 2015

CHE COSA SPERARE OGGI: EVOLUZIONE O APOCALISSE?

Uno dei sentimenti attuali più diffusi è l'ansia è l'insicurezza di fronte a futuro. E non semplicemente di quello immediato come il posto dì lavoro, la salute, la famiglia, ma anche l'ansia di fronte al futuro del mondo, del cosmo, dell'universo. Cioè che ne sarà di noi, della nostra vita, dei nostri discendenti, del nostro pianeta, della nostra umanità sulla terra? Sembra che a riguardo nell'ultimo ventennio sì sia chiusa la fabbrica dell'ottimismo e rotta la macchinetta di tante sicurezze del passato. Sopravvive certo, anzi aumenta la curiosità del futuro nel consultare le varie maghe mafalde, le carte, i tarocchi, le sfere di cristallo, come (da che mondo è mondo) al tempo dei romani, anche se con meno apprensione, si tentava di predire il futuro attraverso la divinazione, il volo degli uccelli, le viscere degli animali tramite gli auguri, aruspici e preti pagani. I cristiani la chiamavano magia, cioè tentativo di assoggettare Dio al proprio potere senza accorgersi che i loro riti liturgici e devozioni varie spesso dalla magia si diversificavano solo per il vocaboli, di nome. Non filosofiamo troppo su liturgia e magia, il dato comune è uno e identico: che ne sarà del nostro futuro ultimo? Che cosa alla fine sperare? Un po' di panico e approfittando dei poveri di spirito si è seminato due tre anni orsono allo scadere del millennio con il proverbio "mille non più mille" e con una grande dovizia di pubblicazioni sulle varie profezie inerenti alla fine del mondo. E chi ci rideva sopra veniva giudicato da qualche devoto come miscredente, ateo, senza Dio. Indubbiamente riderci sopra alle credenze popolari non è da fair play, per cui preferiamo tratteggiare alcune linee culturali e scientifiche in materia. Ma dato che in un articolo si può dire gran poco, a chi volesse approfondire l'argomento consiglierei tre libri accessibili e molto interessanti: "Credo" di H. Küng, "Fede, scienza e fine del mondo" di I. Sanna, "Il futuro dell'universo" di A. Benz. Autori che provengono da estrazioni culturali molto diverse: il primo è un sacerdote teologo svizzero da tempo escluso dal magistero della Chiesa per le sue avanzate affermazioni, il secondo all'opposto è un sacerdote decano di teologia all'Università papale Lateranense, quindi molto ligio ai dettami del cupoIone, il terzo un astrofisico del Politecnico di Zurigo. Tutti e tre, pure in tempi diversi, partendo dalle stesse premesse arrivano alle identiche conclusioni. A conferma che quando si tolgono di mezzo pregiudizi religiosi, di potere o di prestigio, fede e scienza si incontrano sempre. Un discorso il meno fantasioso possibile sul futuro lo si può fare soltanto collegandosi col passato, cioè al concetto di origine del mondo e di creazione, interpretato dalla nostra cultura in vigore sino a qualche anno fa. E qui un certo smarrimento regna tuttora fra i nostri seguaci, cioè cattolici praticanti. In effetti nella Bibbia il primo libro del Genesi descrive l'origine dell'universo presentandoci Dio come una specie di artigiano che nel giro di 5 giorni completa tutto, dalle stelle alle erbe. Nel sesto da un pugno di terra ti fa saltar fuori Adamo e dalle costole di lui la gentile compagna. Al settimo si prende il dovuto riposo e inaugura il relax di fine settimana.
                              La creazione della bibbia non è una cronaca né un verbale
 La gente è stata abituata ad interpretare questo racconto come un reportage scientifico e televisivo, invece va recepito solo come una comunicazione di valori. Allo scopo l'autore ha utilizzato il sapere astronomico e geologico del tempo. In effetti questo libro sacro non vuole insegnarci una cosmologia ed una cosmogenesi (cioè una storia del mondo e delle sue origini), quanto piuttosto perché è stato creato, chi potrebbe averne avuto la felice idea, il rapporto di empatia fra creatore e creatura, fra l'uomo e il regno vegetale animale, fra il maschio e la femmina, il senso della libertà, della coscienza, della responsabilità. Al riguardo Newton giustamente faceva osservare che la Bibbia e il Genesi non ci vogliono insegnare come va il cielo (cioè teorie scientifiche) ma come si va in cielo (cioè indicazioni religiose e morali). L'immagine del mondo che si aveva a quel tempo era molto elementare. Creato 4-5 mila anni prima di Cristo, la terra al centro dell'universo, con la forma di un disco e sopra il firmamento sede della divinità, sotto lo scheol, cioè immensa cavità a raccogliere gli spiriti e gli spettri dei morti. E l'uomo al centro di tutto. Pure Gesù aveva questo modello e lo si nota allorché parla della fine e del giudizio universale, o quando dopo la morte discende negli inferi. Di passaggio varrebbe la pena notare che di fronte a tante premesse di carattere esplicativo, molto più indicato sarebbe nelle nostre messe, dopo le letture bibliche, anziché con la formula, "Parola di Dio" terminare con una meno esigente "Parola del Genesi, Parola di Matteo, ecc.". Si pensi per esempio alla difficoltà di pronunciare un "Rendiamo grazie a Dio" dopo il brano di Paolo in cui si comanda alle donne di chiudere il becco e proibisce loro di prendere la parola nelle assemblee. Dopo questa deviazione torniamo al punto, cioè la concezione del mondo oggi visto dalla scienza astronomica, chimica, fisica, in una parola dalle scienze naturali. Ed in base ad esse che cosa sperare. A differenza della Bibbia, il nostro universo risale a 12-15 miliardi di anni, viene considerato ancora molto giovane, una specie di cantiere in costruzione, un prodotto non finito. E' iniziato dal big bang, cioè dall'esplosione di un piccolissimo ma ultrapotente nucleo che conteneva virtualmente tutti i micro e macrocosmi del futuro. Le stelle sono nate attraverso un processo auto organizzativo, vivono in media 100 milioni di anni, non si spengono come una candela ma restituiscono gran parte del loro materiale ai gas interstellari, una volta spente si aggirano nell'universo sotto forma di nane bianche, ma potrebbero anche rivivere dalle precedenti ceneri proprie o altrui nel segno di "morte tua, vita mia".
                           La rinascita e formazione dei pianeti non è ancora terminata.
 Il sole vive da 5 miliardi di anni e potrebbe così illuminare ancora per altrettanti. Mentre fra 71 miliardi di anni la sua energia si sarà esaurita, la terra si raffredderà sotto i 275 gradi, la vita sul nostro pianeta sarà impossibile. Non è esclusa però una sua ulteriore rinascita mediante un successivo big bang. Il pianeta terra è un pulviscolo nell'universo in buona compagnia con 30 miliardi di stelle solo nella nostra galassia, mentre 100 milioni ve ne stanno nascendo nelle vicinanze. Questi non sono numeri da fantascienza, ma da vertigine. Attraverso un'evoluzione fatta di caos, casualità, catastrofi, sommovimenti tellurici si è resa possibile la vita. Attraverso la selezione dei più forti 3 milioni di anni fa è comparso il primo uomo sulla terra, e 200 mila anni or sono l'uomo "sapiens", cioè la piena intelligenza ed autocoscienza. Durante questa evoluzione il grande ha mangiato il piccolo, il lupo l'agnello, la rana la libellula, il coleottero la rana, nel segno anche qui di "morte tua, vita mia". La selezione ha costato lacrime, la morte è stata più importante della vita, magra consolazione quella della propria morte a servizio del futuro. Di qui l'eterna domanda che l'uomo rivolge a se stesso del perché della sofferenza e del dolore. Attribuire tutto ciò al peccato di Adamo e della mela è semplicista. Andrebbe forse rovesciata l'equazione: l'uomo muore non perché Adamo ha peccato, ma pecca perché è mortale. Se solo alla fine della guerra si contano i morti, si dovrà attendere la fine dell'evoluzione, guardare a ritroso e forse solo allora si capirà il senso della nostra morte. In tutto questo infinito sviluppo e selezione il cosmo voleva pervenire ad un obbiettivo: rendere possibile la vita dell'uomo. In questo senso egli è il re del creato, l'interprete intelligente dell'universo, senza del quale esso sarebbe solo un museo in stato di abbandono. Di qui una domanda: dove mettere Dio che potrebbe fondare la speranza dell'uomo? Gli scienziati non lo dicono perché non compete loro questo genere di indagine. Essi devono procedere come se Dio non ci fosse. Anche perché Dio non ha lasciato da nessuna parte le sue impronte digitali. Lo scienziato scopre le leggi, "conosce" le meraviglie, non gli interessa sapere chi ci sta prima e dopo il big bang. Il credente invece "riconosce" al di là di queste leggi un'intelligenza suprema ed un amore che, come dice Dante, muove il sole e le altre stelle. Scienza e fede dunque, prese dallo stupore, fanno lo stesso percorso, solo che il credente si permette di andare oltre. E ci rende possibile la speranza che il mondo abbia un senso.
                      Interpretazione accessibile dell’incarnazione e risurrezione di Gesù.
Se come conclusione vogliamo finire nel campo specifico della rivelazione cristiana ed osservare il rapporto Gesù-mondo, la speranza di cieli nuovi e terre nuove si sostanzia ulteriormente. Ad esempio, si insegna che Gesù si è incarnato? Allora significa che ha assunto la nostra natura umana, la materia, e respirato il nostro ambiente. Il carbonio e l'ossigeno del suo e del nostro corpo provengano dalla combustione di elio di una vecchia stella, Il ferro del suo e del nostro sangue provengono dalla fusione di due nuclei di silicio di una seconda stella, il calcio dei suoi e dei nostri denti provengono dall'ossigeno e dal silicio di una terza stella. Lo iodio della sua e della nostra tiroide proviene dai neutroni di una quarta stella in stato di collasso. Anche Gesù come noi era fatto di spirito e di "materia", cioè di frammenti e di componenti dell'universo. Ne potremmo dedurre che Gesù non dovrebbe (mi si perdoni la banalità) sputare sul piatto dove ha mangiato e tanto meno permettere a Dio che per disinteresse o per una forma di autolesionismo distrugga o lasci andare in deperimento questo cosmo che dopo tutto resta un magnifico giocattolo. Il fatto poi della risurrezione di Gesù da morte potrebbe costituire un'ulteriore pezza d'appoggio, in essa è anticipata e presente la fine ed il fine (scopo) del mondo. Certo questi sono argomenti di fede, ma possono fare da supporto alle intuizioni della scienza. In teoria causa l'(ir) responsabilità degli esseri umani si potrebbe finire anche ad un pianeta senza uomini, la nostra libertà potrebbe mettere tutto a rischio. Ma poiché nella risurrezione di Gesù la vita è stata una volta tanto più forte della morte, esistono buoni motivi per sperare. Non una semplice utopia, ma speranza sufficientemente fondata.

Autore:
Albino Michelin
04.05.2001

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