sabato 5 dicembre 2015

PERCHÉ SONO ANDATO A GENOVA SOCIAL FORUM

Sui misfatti di Genova accaduti dal venerdì 20 alla domenica 22 luglio 2001 si è ormai detto tutto, ma si sono persi di vista i contenuti conclamati da circa 200 mila giovani e di ogni età pacifici manifestanti. Sì è continuato, e non è ancora finita, di esibire le soperchierie di una minoranza, circa 4- 5 mila teppisti infiltratisi per l'occasione, a cui i poveri del terzo mondo non importa proprio nulla, e trovano buona ogni occasione come alibi per manifestare la loro violenza "antitutto". Costoro con la logica del tanto peggio tanto meglio e con una voglia matta di farci scappare il morto calarono in bande armate da ogni dove della nostra Europa sotto gli occhi un po' daltonici di 20 mila poliziotti a far tabacco di tutto: banche, vetrine, auto, forze dell'ordine. Il bilancio? Un morto, 560 feriti, 219 arrestati, mezza polizia sotto indagine per possibili abusi di perquisizione, 500 miliardi lire di danni, Genova assediata e devastata dai moderni lanzichenecchi, con tutto rispetto verso questi ultimi. Nessuno di noi può giustificare tale comportamento, ma va anche affermato che macerie e calcinacci lasciati da alcuni barbari passano, il messaggio invece del "popolo di Seattle" resta e presumibilmente è destinato sempre più a diventare un grande movimento di aggregazione e di pressione per tutti quelli che credono che un altro mondo è possibile, anzi necessario. Ho seguito i fatti anche in televisione, ma mi diede a nausea, in quanto che essa, sia in questo caso come in tutti gli avvenimenti, privilegia lo spettacolo, lo scontro, la piazza, le emozioni, rispondendo solo alle curiosità epidermiche di un pubblico narcotizzato dal torpore quotidiano. È parziale, settaria, controproducente. Per questo ho voluto andare a Genova: per vedere, dire, raccontare ciò che TV Radio, Mass media, giornali non fanno vedere e non dicono. Ho scelto di andarci qualche giorno dal 6 al 15 luglio, periodo del preconvegno o pre G8, e la domenica sera 22 per un consuntivo. Non c'ero dunque il venerdì 20, così fortunatamente mi sono risparmiato qualche botta in testa, causa i tumulti provocati da alcuni facinorosi. Parlando ancor oggi con molta gente si nota tanta confusione in merito, per cui mi permetto di chiarire qualche termine o focalizzare impegni e motivazioni da tutti ignorati. Il "G8" (otto Grandi) è il vertice dei capi di Stato fra gli 8 paesi più industrializzati del mondo: Canada, Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Russia e Giappone. Perché poi si siano limitati ad 8 soltanto anziché per esempio a 80 è frutto di una libera scelta, non di una investitura della base, né dall'Onu. E' comunque di per sé sempre positivo il fatto d'incontrarsi per ascoltare, parlare sui bisogni del mondo attuale. Altra espressione chic collegata al G8 è la "globalizzazione". Potrebbe significare vicinanza, scambio, dipendenza fra i diversi paesi della terra, superando confini e identità locali, allo scopo di progettare un mondo unico ed unito. Nella storia passata abbiamo avuto due realtà che hanno tentato di fare un mondo di tal genere: il Cristianesimo con la conversione del genere umano ed il comunismo con l'internazionale del proletario. Il primo è in fase di ripensamento, causa la concorrenza di altre religioni, il secondo è fallito. Altro tentativo di globalizzazione è quello della lingua: ieri il latino, oggi l'inglese. Ma anche qui sono riemersi e stanno divulgandosi gli idiomi locali a dimostrazione che nessuno è disposto a perdere la propria identità. Un certo successo globale sembrano acquisirlo oggi alcune catene commerciali, alimentari o di abbigliamento, come Mc Donald, Coca Cola, Adidas ecc. Altra espressione sempre più ricorrente nel nostro contesto è il "Popolo di Seattle". Città del nord America sulla costa del Pacifico, dove il 10.11.1999 in occasione del Vertice G8 sull'organizzazione mondiale del commercio, una manifestazione di migliaia di persone espresse una massiccia protesta portando a fallimento il vertice stesso. È di qui il battesimo ufficiale del cosiddetto "No Global" o degli antiglobalizzatori presenti in tutte le successive manifestazioni. A Genova questo popolo si è dato pure un logo "Genova Social Forum" (GSF). Composto di una variegata galassia di associazioni, trasversale nelle ideologie, 91 italiane, 98 straniere, animate dalle più disperate motivazioni ma con un unico scopo: la globalizzazione della solidarietà, no a questo tipo di globalizzazione soltanto economica. Contro questo ingranaggio esso rappresenta il classico granello di sabbia. Molti profani hanno voluto fare del GSF ogni erba un fascio: pretestuoso ed offensivo! Ad esso vi facevano parte anzitutto i gruppi della rete Lilliput, oltre il 60% dei manifestanti, sui 130-150 mila aderenti di appartenenza cattolica: volontariato, scout, Mani tese. Caritas. Abele, Missionari della Nigrizia, Focolarini, l'ala più avanzata del mondo cattolico con i preti di frontiera Don Ciotti, Don Gallo, Don Benzi, don Vitaliano della Sala (porta vessillo del "nessun scudo fra terra e cielo"), con i vescovi Casale di Foggia, Riboldi di Nocera, Bettazzi di Ivrea. Iniziativa sostenuta pure dal Cardinale Tettamanzi di Genova e dell'Episcopato Ligure i quali in un precedente documento avevano ribadito il diritto di esprimere in materia la propria opinione, di dare ad essa visibilità di essere credenti combattivi senza diventare distruttivi: l'umanizzazione della globalizzazione è posta troppo alta per restarsene inattivi. Inaccettabili gli squilibri di questo mondo!
                                          Umanizzare la globalizzazione
La rete Lilliput anche nel giorno degli scontri è rimasta fedele al suo impegno: visibilità e pacifismo. Nel Genova Social Forum vi erano poi altre tre componenti quella delle "tute bianche", per la disobbedienza civile, quella dei centri sociali con 200 strutture autogestite a tendenza più radicale, infine una quarta quella dei Cobas o "tute nere" ala piuttosto dura e basata sull'autodifesa attiva. A queste ci rifiutiamo di aggregare il "Black Blok "gruppi neri” in quanto scesi solo per creare scompiglio e squalificare li movimento. Personalmente mi ha interessato la Rete Lilliput perché ha preparato la manifestazione con una settimana di incontri, di documenti, di verifiche, cui volli partecipare. In questo preconvegno o pre G8, costruttivo controvertice dei cattolici, dislocato in varie sedi della città, hanno presenziato oltre 2000 giovani, circa 250 congregazioni religiose, 200 relatori in 18 sessioni. Vere sentinelle del mattino hanno elaborato delle schede "questo mondo non è in svendita", recapitate mesi prima a tutti i gruppi cattolici dalla Conferenza Episcopale Italiana. Le richieste (e chi ha il coraggio di chiamarle proteste?) schematizzate in un documento, consegnate al nostro rappresentante presso il G8 elencavano: "Cancellazione del debito presso i paesi poveri, lo 0.7 % del prodotto interno lordo al Sud, servizi scolastici e sanità gratuiti, tassazione sulle transazioni internazionali del capitale, (Tobin Tax), lista dei paradisi fiscali disseminati nel mondo, mercato delle armi, accesso ai medicamenti per i malati di Aids". L'elaborazione di questi documenti-richieste è stata accompagnata da una forte sensibilizzazione religiosa con serate di sit in, preghiera, canti, musica nella Chiesa francescana di S. Maria di Boccadasse, animate da suore missionarie dinamiche e coraggiose. In tre piazze della città furono organizzati stand di sensibilizzazione alle richieste del documento e al mattino del "caldo" venerdì 20 luglio venne celebrata, quale terapia d'urto e provocazione creativa, una suggestiva Via Crucis in cui le 14 stazioni erano state sostituite con le 14 piaghe del mondo attuale. Dalle serate del preconvegno due impressioni mi sono rimaste indelebili. Una positiva: l'intervento dei missionari comboniani per i quali la parola moderna della carità si chiama "nuova politica". L'assistenzialismo deve lasciare il posto alla solidarietà politica. Non basta curare le piaghe del terzo mondo, bisogna prevenirle.
                               L’Italia sesto paese produttore di armi nel mondo.
La seconda impressione invece totalmente negativa. L'informazione che nel 2000 l'Italia sesto paese produttore di armi nel mondo ha venduto armi per mille miliardi e seicento milioni di lire agli Emirati Arabi, Turchia, India, Pakistan, Sudafrica, Romania, Usa. Le banche più armate vanno dal Banco di Sicilia con 480 miliardi a quello di Lodi con 130 Miliardi. Una domanda: è violenza solo quella dei 3-4 mila "sfascisti" di Genova limitata al giorno dell'ira 20.07.01 o è violenza anche quella dell'Italia cattolica, culla di una civiltà superiore, che garantisce tutto questo traffico per il quale centinaia, migliaia di persone muoiono ogni giorno senza un'alba di speranza? Molti hanno scritto e gridato: "da Genova siamo tutti usciti sconfitti".  Penso di no. Certo dal Gruppo dei G8, dagli 8 grandi della terra non è uscito granché. Un miliardo e duecento mila dollari per i poveri del terzo mondo, l'equivalente di 8 quadri di Picasso, 2.000 lire a persona. Un'umiliazione per i destinatari. Ma consideriamo pure l'obolo della vedova. Importante è continuare su questa strada, e non accontentarsi della pubblicità e di restauri di facciata. A questo si giustifica la presenza e l'affermazione del "Popolo di Seattle", pure con tutte le autocritiche, l'esame interno dei vari guru (Agnoletto, Casarini, ecc.) e delle modalità di espressione da approntare per il futuro. Il "No Global" ribattezzandosi può offrire un grande servizio. Dalla visione d'insieme di questo fenomeno si possono trarre alcune conclusioni interessanti. Anzitutto la potenza dell'internet. I giovani di tutto il mondo si sono mobilitati non attraverso stampa e murales, ma con il nuovo linguaggio telematico. Poi la potenza delle Televisione, massacri in Uganda ne succedono molti di più e di più gravi che non a Genova. Ma qui c'è la TV ad ampliarne i contorni, là no. La TV oggi sta al posto del pulpito del prete: è lei a creare la realtà, costume, comportamento morale. Poi la gioventù che prende il gusto di stare insieme, conquista la piazza perduta dai partiti e della quale questi sono rimasti orfani, coalizza quelle proteste non come quelle del G8 a livello casalingo. Oggi a lei interessa il futuro del pianeta. Poi lo hanno capito anche i sassi che il popolo di Seattle non è un fuoco di paglia. I potenti temono i poveri quando questi si coalizzano. Infine la risposta di una componente della chiesa italiana. Non ha fatto solo una scelta di campo, ma è stata sul campo. Questa è una chiesa che piace e può diventare credibile a tanti, perché non si pone a difesa della sua bottega e dei suoi privilegi (es. la scuola privata), ma delle necessità degli ultimi. Personalmente mi reputo fortunato di avervi partecipato, anche se rappresentavo solo me stesso. Mi sono ulteriormente convinto, non è con la critica salottiera, né con il perbenismo borghese, né con il buonismo clerico-laicale, né con il moralismo dispiaciuto in pigiama e pantofole davanti alla Tv che oggi si potrà migliorare il mondo.

Autore:
Albino Michelin
12.10.2001 

Nessun commento:

Posta un commento