mercoledì 13 gennaio 2016

GESÙ DI NAZARET: VANGELO SECONDO JOSEPH RATZINGER

Non appartiene ad uno dei 4 Vangeli ma è libro interessante perché fa discutere e si lascia discutere. Messo in circolazione a metà aprile 2007, 440 pagine Editore Rizzoli, esso porta impresso in copertina: Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, con accentuazione sul nome anagrafico di famiglia. È la prima volta nella storia che un Papa parla ai credenti come uno di tutti noi, uno che cerca il volto di Dio, anziché come gerarca, pastore supremo che propina dall'alto della sedia gestatoria dogmi, precetti, interdetti.  In effetti, egli ci tiene a sottolineare: "questo non è un atto di magistero ma espressione della mia personale ricerca. Perciò ognuno è libero di contraddirmi. Chiedo solo quell'anticipo di simpatia senza la quale non c'è alcuna comprensione".  Ovviamente Ratzinger non intende "simpatia" nei suoi confronti: in effetti molti cattolici avranno acquistato il volume per ossequio, per sostenerlo e fargli coraggio. No, egli per "simpatia" intende di mettersi in uno stato d'animo disponibile prima della lettura, non neutrale, tanto meno ostile. Perché sarebbe solo tempo perso ed un'auto esasperazione mentale. Ratzinger è un credente, che una volta tanto non parte dalla chiesa e dalla sua tradizione per aggregarsi i cattolici, ma va a monte, alle origini, cioè a Gesù Cristo. Procedimento ineccepibile e necessario soprattutto per noi cattolici italiani che vediamo nella chiesa il partito di Dio, totem e tabù intoccabile. Sì perché parlare oggi alla nostra gente di cattolicesimo, di cristianesimo, di valori cristiani, di Europa cristiana, di famiglia catto-cristiana senza riferirsi a Gesù sarebbe come fare il giro ciclistico d'Italia senza avere la bicicletta. Ciò come premessa d'autore. Il libro di facile e godibile lettura, oltre che a comunicare la propria esperienza di Gesù, si prefigge anche lo scopo che di ritenere irrilevante la distinzione operata oggi da qualche tempo fra il Gesù della Fede e il Gesù della Storia, questo non lo disturba più di tanto. In quanto considera l'attuale metodo storico-critico di approccio alla Bibbia come utile, ma insufficiente.  Chi ha potuto leggere il primo libro di Ratzinger "Introduzione al Cristianesimo" (1966) troverà in esso un filosofo, un creativo, un militante. In questo invece si ritrova una sintesi del precedente a scopo non di comunicare una dottrina, ma un'esperienza relativa ed esortazione a che il lettore possa esso pure incamminarsi in questa direzione.
                                  Papa Ratzinger: ognuno è libero di contraddirmi.
Non è un libro creativo che presenti nuove interpretazioni e stimoli alla ricerca. D'altronde non si può pretendere che una persona investita di impegni ufficiali e istituzionali abbia tempo di approfondire analisi, origine, composizione del Vangelo. Ovvio che si viva un po’ di rendita dì quanto imparato. Come i medici condotti, brillanti fino alla laurea, ma poi l'esercizio della professione li obbliga a chiudere i libri. E quindi di fronte a casi appena fuori della norma ti mandano dallo specialista di turno. Lo stesso discorso vale ancora per il Vangelo, la sua interpretazione e per ogni realtà religiosa. Chi si ferma al catechismo e teologia del seminario è perduto. Un prete, un vescovo, un cardinale, un papa sono talmente assorbiti dalle prestazioni quotidiane che manca loro il tempo per aggiornarsi. È qui molto significativo l'atteggiamento mentale di Ratzinger: "ognuno è libero di contraddirmi".  Un'umiltà che convince, tipica delle persone intelligenti. Solo gli incolti e gli "ignoranti" non accettano osservazioni e punti di vista alternativi, convinti come sono di saper tutto.  In quest'atteggiamento di senso dei propri limiti culturali e intellettuali, Joseph Ratzinger ci permette di trarre alcune conclusioni implicite senza forzature. Cioè che esistono diversi tipi di autorità, che potrebbero essere tre: autorità gerarchica, autorità di competenza o magisteriale e autorità carismatica.  Autorità gerarchica: certo un capo in famiglia e anche nella chiesa un'autorità gerarchica ci vuole. Per dare indicazioni più o meno vincolanti e garantire un'unità di appartenenza. Ma questa deve pure avvalersi e rivolgersi ad una seconda autorità, quella dì competenza formata da teologi, studiosi della Bibbia, che magari non appartengono nemmeno alla categoria clero, ma a quella dei laici, degli indifferenti, magari a quella degli atei. La verità in quanto tale non appartiene a nessuna religione, al contrario è la religione, cattolica compresa, che deve adeguarsi e cedere il passo alla verità. In questo senso il libro del Papa andrebbe completato e confrontato con l'altro bestseller di Corrado Augias "Inchiesta su Gesù, chi è l'uomo che ha cambiato il Mondo". Un approccio a Gesù totalmente neutrale e alla ricerca solo della sua verità storica. Allorché la Gerarchia cattolica, solo perché composta dal Papa e dai vescovi si autodefinisce infallibile e assume il ruolo di "magistero" indiscusso, arrischia di uscire dal proprio ambito e prendere delle cantonate: qui la storia è maestra. Il magistero dunque appartiene anche all'autorità di competenza che non è sempre identificata con la gerarchia. Infine esiste la terza, l'autorità carismatica propria di coloro che possiedono il talento innato, quasi l'istinto del vangelo e lo testimoniano in modo visibile e tangibile, anticipando gerarchia e magistero. Vedi fra gli altri Francesco d'Assisi e Madre Teresa di Calcutta con il loro eroismo verso i poveri.
                 Il Gesù della storia e il Gesù della fede: ma quanti Gesù ci sono?
A dilucidare questa distinzione ci può servire un dibattilo sull'argomento mandato in onda la notte di Pasqua da Satellite 2000, la Tv dei vescovi italiani, registrata all'Università Pontificia del Laterano, quindi dottrina cattolica doc. Un relatore, ovviamente ben vaccinato (Romano Penna), afferma che dai Vangeli importante è recepire ciò che Gesù ha detto di se stesso e ciò invece che gli altri, la comunità cristiana di lui hanno detto dopo la sua morte. Nel primo caso si tratta del Gesù storico, nel secondo del Gesù della fede. E citiamo qualche esempio. I racconti dell'infanzia di Gesù e della tomba vuota dopo la crocifissione sono affermazioni di Gesù oppure racconti simbolici aggiunti tardivamente? Certo il Vangelo non è una leggenda, ma raccoglie delle leggende elogiative allo scopo di far emergere l’eccezionalità della persona di Gesù. Gesù non ha mai detto di essere nato il 25 dicembre, oppure a Betlemme, nemmeno di essere Cristo, il figlio di Dio, la seconda persona della SS. Trinità. Tutto ciò è stato attribuito a lui tardivamente.  La data di nascita 25 dicembre è stata fissata nel 355 da Papa Liborio, il luogo Betlemme è o può essere aggiustamento tardivo secondo una affermazione del profeta Michea, 700 anni prima: "E tu Betlemme non sei la più piccola delle città di Giuda perché da te nascerà il condottiero d'Israele "(Capo 5). Personalmente risponderei: non è importante la data e il luogo di nascita di Gesù, importante che sia storicamente esistito. E continuo con il relatore del Laterano: "Cristo" è appellativo pure tardivo, attribuito a Gesù, per riferirlo ai Re d'Israele che venivano unti sulla fronte prima dell'intronizzazione. Così l'espressione "Figlio di Dio" era un qualificativo ricorrente fra i romani e i greci che definivano "figli di Dio" re ed imperatori del tempo. Tutto ciò appartiene al Gesù della Fede, cioè quello che con fede la comunità a seguire attribuì a Gesù. Ma realmente che cosa disse Gesù di se stesso? Qui è la risposta per raggiungere il Cristo della Storia.  Pochissime cose, ma essenziali.  Ad esempio egli chiamava Dio "Abba Padre”, si sentiva identificato con lui.  Nessun fondatore di religioni ha rivolto questa espressione filiale a Dio.  Inoltre Gesù incontrando malati di ogni genere, nello spirito e nel corpo, si prodigava a dare loro salute, gioia, senso di vita. Dopo di che diceva: "adesso è arrivato il Regno di Dio. Il regno di Dio è qui, sono io". Cioè Dio era diventato realtà, Uomo in lui. Chi voleva vedere o sentire Dio doveva rivivere la sua esperienza. Non è Gesù che si è fatto Dio, ma Dio che si è fatto uomo in Gesù. Ed ancora: Gesù si definisce un vero ebreo, mandato soprattutto solo alla gente della sua razza, che non si sceglie fra gli apostoli un extracomunitario. Solo lentamente si apre ad uno, spirito più universale.  E tanti altri brani ed episodi, che estratti dal complesso dei vangeli rivelano quello che Gesù ha detto di se stesso.
                    Il metodo storico-critico è una chance per conoscere meglio Gesù.
Questo tipo di lavoro è possibile garantirlo solo attraverso il cosiddetto metodo storico critico, che analizza linguaggio, abitudini del tempo e ne trae delle conclusioni.  Che questo discorso salti fuori solo ora (cioè da cinquant'anni a questa parte) non è colpa di nessuno, forse della nostra bimillenaria ignoranza e di chi non ci ha da essa liberato. Papa Ratzinger però nel suo libro non fa nessuna distinzione fra il Gesù della Storia e il Gesù della Fede: per lui che Gesù sia Figlio di Dio è reale come il fatto che Gesù sia figlio del carpentiere. Al di là di questo suo atteggiamento va detto però che il metodo storico oggi è una grande chance per avvicinarci a Gesù, anche se Ratzinger lo accantona un po'. Come ha accantonato troppo frettolosamente e tappato la bocca a tanti teologi di buona volontà che avevano a proposito un'idea diversa dalla sua.  Ma la sua affermazione nell'ultimo libro "qui ognuno è libero di contraddirmi" vuole anche correggere la sua intransigenza allorché anni or sono faceva il guardiano della fede, in qualità di Prefetto deIla stessa Congregazione. In conclusione: il suo viaggio verso Gesù è di stimolo anche a noi per avvicinarci a questa esperienza. Perché troppi cristiani oggi ci meriteremmo l'osservazione di Gesù: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.”

Autore:
Albino Michelin
18.05.2007

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