martedì 12 gennaio 2016

PRETI SPOSATI FIGLI DI UN DIO MINORE

La questione dei preti sposati oggi riemerge a scadenza ripetitiva, con toni ed iniziative sempre più vistose.  È come un fiume carsico che sembra essere scomparso nel sottosuolo per riemergere poco oltre con impeto crescente. È un problema ondivago, cioè va e viene, esplode alla base della chiesa cattolica per venire subito dalla gerarchia romana bloccato.  Ma ecco che riappare e i guardiani del sacro non sanno più come arginare il fenomeno. È cronaca contemporanea, quotidiana. Ad esempio il 2.12.06 il Cardinale brasiliano Claudio Humes, anni 72, nuovo incaricato in Vaticano nel ministero «Clero» ti fa un'intervista sul quotidiano «O Estato de S.  Paulo», in cui saluta il suo popolo e dichiara che il celibato dei preti non è un dogma, ma solo una disciplina della Chiesa cattolica, e quindi può essere ristudiata col mutar dei tempi: quando deve cambiare, la chiesa cambia. Ma appena mise i piedi a terra nell'aeroporto di Fiumicino venne invitato a smentire tutto, a battere in ritirata. Il prelato dovendo inaugurare il suo nuovo dicastero tentò di salvare capra e cavoli, addolci la pillola, evitò trambusto nei sacri palazzi, come avvenne per la conferenza di Ratzinger a Ratisbona sulla citazione contro Maometto. Ammorbidì: «La questione non è attualmente   all'ordine del giorno».  I quotidiani e settimanali di stretta osservanza cattolica hanno pure sorvolato sull'espressione «attualmente», quelli laici invece hanno messo in risalto soprattutto quella. Per dire che l'argomento non può essere archiviato né rimandato alle calende greche. Il Cardi riale Hume non né il primo né l'ultimo a simili affermazioni. Erano ricorrenti col Cardinal Martini, arcivescovo di Milano e di attualità presso molti vescovi, anche se si esprimono con una certa diplomazia per non venire bacchettati: ma che di tutto ciò hanno il cuore gonfio. In coincidenza, come se ciliegia tirasse ciliegia, salta pure fuori ancora il pirotecnico vescovo africano Milingo, invitato in tutte le TV del mondo, anche a Matrix di Mentana la sera del 5   dicembre. Sposatosi nel 2001 pure continuando ad esercitare, fu invitato da Papa Wojtyla e dopo il colloquio sembrava fosse rientrato nei ranghi lasciandosi dalla novella sposa. Negli ultimi mesi invece è tornato alla ribalta e come un tsunami va raccogliendo preti sposati e istituendo convegni, gruppi, associazioni per loro e con loro. Vera crociata contro il celibato obbligatorio dei preti. Sottolineo «obbligatorio» in quanto pure Milingo, come innumerevoli altri rispettano il celibato opzionale e liberamente scelto. In effetti anche nella su citata trasmissione ebbe a dire: «anni fa il Papa mi ha pregato di non farlo soffrire, di non creare uno scisma e che lui in qualità di pontefice avrebbe affrontato l’argomento. E io per rispetto verso un anziano sofferente, basandomi sulla sua promessa sono rientrato. Io voglio bene al Papa, dico per lui tre rosari al giorno, ma anche lui su queste cose deve tornare a Gesù.  La Chiesa non deve interrogare se stessa, ma il Signore del Vangelo. Dopo il mio ritorno a Roma il Papa non ha studiato un bel niente, anzi ha chiuso ancor di più tutti i catenacci. E così io sono comparso di nuovo sul ring per difendere il diritto del Santo Vangelo, il libero celibato dei preti. Milingo mica tanto pirata, mica tanto macchiettista. In effetti sabato 9 dicembre 2006 ha organizzato negli Usa un grande sit-in con preti sposati e questo desidera compiere in tutti i continenti. I preti nel mondo sono oggi 405.000, mentre nel 1978 si attestavano sui 421.000, quindi con una diminuzione del 4%. Certo il calo non è dovuto solo all'obbligo del celibato ma senz'altro anche ad esso.
                        Celibato dei preti, una tradizione costante, ma senza radici
Fa meraviglia che scrittori cattolici sul tipo di Vittorio Messori vadano sulla stampa internazionale a divulgare simili affermazioni: «il celibato risale alla chiesa delle origini, all'epoca apostolica». Premesso che anche qui va riaffermato il celibato come «consiglio» sì, come obbligo assolutamente no. Uomini eminenti, considerati tali fra i nostri cattolici, devono imparare a dire la verità storica, non manipolarla, magari col pretesto di non scandalizzare i deboli nella fede. Loro li rendono ancora più deboli. Le mezze verità fanno più male delle bugie. Non possiamo sempre andare avanti con il proibito capire, i diritti di ogni uomo sono pure i diritti alla verità. In effetti se vogliamo stare alla storia il celibato dei preti fu reso obbligatorio nel Concilio Laterano II°(1139) dopo le riforme del Papa Gregorio VII (1020-1080) e sancito nel Concilio di Trento (1545). Una tradizione nella chiesa sarebbe vincolante se si fondasse su detti, fatti, comportamenti voluti da Gesù, dalla sua prima comunità cristiana. Nel nostro caso non è così. Gesù ha guarito Ia suocera di Pietro, ma non gli ha imposto di abbandonare la moglie per seguire il Maestro. La maggioranza degli apostoli era sposata e Gesù non ha rimproverato loro di essere figli di un Dio minore.  L'apostolo Filippo aveva 4 figlie (Atti 21,1). Paolo nelle sue lettere a Timoteo e Tito mentre vede consigliabile che tutti siano celibi come lui, però non impone a nessuno tale stato di vita, ma raccomanda che i vescovi abbiano comportamento onesto ed una moglie soltanto. Né si può obbiettare che il celibato obbligatorio fosse sottinteso, come una semente depositata nella predicazione di Gesù e che lungo i secoli fosse sbocciata, fiorita, ed avesse esigito una codificazione tassativa come l'attuale. Gesù nel suo messaggio ha espresso chiaramente l'amore al prossimo e le sue varie costellazione nell'attuarlo. Ma poi non ha esibito un codice di obbligazioni, un ricettario di comandi e divieti, tipo questo in argomento.
                                      Matrimonio dei preti, merce di scambio?
Studiosi seri attraverso prove storicamente sempre più documentate sostengono che il celibato sacerdotale è diventato lentamente obbligatorio per dei motivi che oggi sono superati o si possono facilmente ovviare. Cioè la misoginia e il conflitto d'interessi. Il primo: la donna veniva considerata essere subalterno, in parte immondo, atto solo alla procreazione dei figli. Concetto fortemente sottolineato da S. Agostino verso il quarto secolo, il quale dopo di aver convissuto per 15 anni con una single ed aver avuto un figlio illegittimo, si convertì o si voltò dall’altra parte e divenne fervente antifemminista. L'altro motivo, il conflitto d'interessi. Convenienze sociali, per cui il celibato poteva impedire ai preti di formarsi dei propri clan familiari, schiatte dinastiche, caste legate alla parentela. Il nepotismo dei papi ha causato tanti guai (è vero), chissà dove avrebbe condotto il figliolismo di tanti preti (si dice): a dilapidare i beni della chiesa. Ad entrambe le motivazioni oggi si può trovare risposta. Costatiamo il positivo contributo portato oggi dalla donna in società, nella scuola, nella religione. Perciò qui discorso chiuso: la donna moglie di un prete potrebbe essere un'ottima collaboratrice nella pedagogia della fede. In quanto al conflitto d'interessi, una legislazione ecclesiastica ad hoc potrebbe situare il prete nella condizione di non nuocere finanziariamente, e di non fare il maneggione: il suo stipendio e fermo lì. La gestione dei beni in mano ad una comunità di laici come nella prima chiesa, dove il denaro e l'assistenza venivano distribuiti attraverso i diaconi, mentre al presbitero (prete) era demandata la divulgazione della parola di Dio. Oltre a questi due motivi non andrebbe dimenticato un dubbio che potremmo chiamare «merce di scambio». Cioè non risponde a verità che nella chiesa cattolica vengano riconosciuti solo preti celibi. Ad un certo punto e per certi versi pare che tutto faccia brodo. Sposati sono i preti cattolici della chiesa siriana, armena, copta, antiochena, melkita, etiopica, e quelli di rito orientale. Sposati possono esserlo una ventina di preti (numero anagrafico attuale) della diocesi di Lungro (Cosenza) Calabria, con i territori di Firmo e Castroregio e S. Paolo degli Albanesi (questo in Basilicata). E non come dei fuoriusciti, ma come un " gran dono di Dio" secondo la definizione del loro Vescovo Sotir Ferrara. Cioè un fiore all'occhiello della chiesa cattolica. Ma l'origine di questo privilegio lascia perplessi. Cioè nel 1596 alcuni della gerarchia cristiana ortodossa si dichiararono disposti a passare alla chiesa cattolica e di riconoscere il primato del papa se questi avesse loro e ai suoi successori concesso il libero celibato e matrimonio dei preti. E il contratto o baratto fu concluso. I successivi ucraini e albanesi che immigrarono nei nostri paesi su citati si portarono dietro anche questo cimelio. Così abbiamo oggi preti calabresi e lucani sposati con tutte le benedizioni di Santa Romana chiesa, con tanto di moglie, figli, facoltà di messa, confessione, oli santi.  Stupisce che persone che da 70 anni frequentano la messa tutte le domeniche e bazzicano in tutte le sagrestie non conoscano queste realtà e continuino a definire apostati gli ex preti o i preti sposati. Merce di scambio si è pure verificata di recente qualche anno fa quando il Cardinal Ratzinger accettò nella chiesa cattolica preti con moglie convertitisi dal protestantesimo. Ad andare in fondo, questo come si vede è tutt'altro che un dogma di fede o volontà di Dio, è una prassi a macchia di leopardo. Una disciplina a fisarmonica.
                                    Nessuna fuga in avanti, ma ritorno alle origini. 
Non tengono più in definitiva certe obbiezioni funzionali in materia. Che il matrimonio dei preti ovvierebbe al calo delle vocazioni e alla penuria del clero, che anche i preti cattolici sposati come i pastori protestanti avrebbero figli drogati e spose infedeli. Aspetti secondari. Noi invece dovremmo batterci per un diritto ed il suo esercizio. È un diritto evangelico per un prete scegliere entrambe le strade: o celibato libero per una convenienza e testimonianza spirituale, oppure matrimonio. E questo indipendentemente dal fatto che il clero sia o meno in crisi di identità, di numero, di presenza. Allo scopo di evitare traumi nei confronti degli inossidabili devoti una soluzione intermedia sarebbe quella optata pure da certo Padre francescano Frate Cantalamessa, predicatore televisivo, che plaude all'iniziativa di dare il sacerdozio a persone sposate, padri di famiglia che lo desiderino e che manifestino passione, competenza, fede. Altro che crisi di vocazioni! E qui non si fa nessuna fuga in avanti: è solo un ritorno alle fonti, al Vangelo di Gesù.

Autore:
Albino Michelin
15.02.2007

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