mercoledì 6 gennaio 2016

INSEGNANTE DI RELIGIONE, LICENZIATA PERCHÉ RAGAZZA MADRE

Il fatto anche se risale alla fine febbraio 2004 si presta a molte riflessioni perché è ancora e chissà per quanto tempo di attualità: appartiene ad una mentalità e ad un costume tipicamente italo-cattolico. È successo a Firenze: Simonetta è una ragazza laureata, un buon rapporto con la fede, è credente, non semplicemente cattolica per caso, per convenienza ambientale, o pressione sociale. Desidera insegnare agli adolescenti delle medie, trasmettere e vivere con loro il senso di Dio e della vita, convinta che insegnare religione non è come dare lezioni di matematica o di archeologia. Non è sposata, è ancora nubile, rimane incinta. Non si rapporta al nascituro come ad un intruso da cui liberarsi, ma come vita nuova da difendere, far crescere, crescere insieme. La pancia di Simonetta con il tempo ovviamente diventa sempre più visibile, però la ragazza non si mette ad esibirsi con l'orgoglio donna, quello di avere sfidato delle leggi morali, dei tabù, e tanto meno come paladina di sfrontatezza, oggi si direbbe donna contro. Vive in attesa i suoi momenti nella poesia di una felice premamma. La faccenda però non sfugge all'occhialuta autorità ecclesiastica locale. In effetti, dal detto al fatto l'allora Cardinale Piovanelli di Firenze la fece licenziare perché inidonea. Simonetta vorrebbe affidarsi al sindacato per la tutela del posto di lavoro, ma questo non è competente in materia, sono faccende di chiesa. Inoltra ricorso alla Corte di Cassazione, viene respinto con la motivazione anche qui che l'unica autorità legittima per un insegnante di religione è il Vescovo che può procedere alla delegittimazione del ruolo senza tante causali. Eh sì, tutto fila nella logica perché in Italia dopo il Concordato Craxi-Vaticano del 1984 lo Stato non è competente per la selezione e presentazione degli insegnanti di religione nella scuola pubblica. Si formano due fronti contrapposti. Da una parte quello della chiesa fiorentina che cosi dichiarò: un diritto non può essere invocato a spese di un altro diritto. Cioè il diritto alla tutela della maternità di avere, allevare, educare un bambino deve cedere o venire dopo il diritto dei ragazzi, della scuola, delle loro famiglie. Un'insegnante ragazza madre predica bene ma razzola male. Come può una persona del genere, in situazione irregolare, insegnare la teologia cattolica sul matrimonio? Che fa? Evita l'argomento? Ne parla? Allora è costretta a denunciare la sua irregolarità. In pratica una nubile incinta mancherebbe di coerenza a scuola, guasterebbe tutto, uno scandalo, emanazione di satana. Quindi va ripudiata.
                                       Situazione paradossale: o aborto o ipocrisia.
Dal fronte opposto invece sorge tutt'altra reazione. L’interessata indirizza alla chiesa il rimprovero di sessuofobia, immoralità, che punisce e mortifica ingiustamente una ragazza madre. Una chiesa che vorrebbe salvare i poveri dalla guerra, ma non dall’Aids, che non vuole vedere morire di fame i bambini, ma proibisce il controllo delle nascite, impone alle donne la maternità come fosse un destino e non una libera scelta, mette sul lastrico una ragazza onesta che vuole tenersi il suo bambino e non ha marito. Il secondo appunto è sulla doppia morale della chiesa. È vero che gli uomini quando peccano non ingrassano e non fanno il pancione, ma il vescovo o cardinale sarebbe stato altrettanto severo con il fornicatore maschio? Magari a mettere incinta Simonetta potrebbe essere stato anche un sagrestano, un sanluigino, un confratello del SS. Sacramento. Ma questo non ha importanza, peccato non visto peccato non addebitato. La chiesa per tradizione non indaga oltre se le apparenze sono salve. Infine Simonetta contesta alla chiesa fiorentina l'ipocrisia. Cioè se lei invece di prendersi il bel pargoletto che poi chiamerà Giovanni, senza dar sull'occhio se ne fosse liberata, oppure avesse sposato un signor qualsiasi, avrebbe potuto continuare ad insegnare. Ma lei ha rifiutato questa ipocrisia ed ogni rassegnazione strumentale. Per inciso va detto che molte sono in Italia le e gli insegnanti laici di religione che in quanto conviventi o divorziati segnalano all'autorità ecclesiastica un doppio indirizzo fasullo e cosi dribblano l'ostacolo. Ma Simonetta rifiuta il doppio gioco, non decide di emigrare e neppure perde la fede, ci vuole ben altro per lei. Resta a Firenze, si sottopone ad un altro concorso, lo supera e ottiene la cattedra di lettere. lnidonea ad insegnare religione la ragazza madre insegnerà storia, di cui pure la religione rappresenta un aspetto, ma di fronte alla quale ora lei sarà giustamente più critica, più vera. Che conclusione tirare? A doppia uscita, a seconda che ci si riferisca alla chiesa italiana o ad una extra italiana. In Italia per quanto concerne la religione nelle scuole siamo di fronte ad un bell'inciuccio. E come potrebbe essere altrimenti? Cioè il Concordato, come sopra accennato, equipara la religione cattolica a religione di Stato e ne impone l'applicazione alla magistratura italiana. Nulla di più anacronistico. Già S. Paolo ai suoi tempi affermava che la nostra fede non va sostenuta con la potenza di questo mondo. Il patto fra due poteri (Chiesa-Stato) rappresenta una debolezza per la nostra fede. Significa che abbiamo ancora bisogno del potere civile per convincere le coscienze e per credere in Gesù Cristo. Onestamente è medioevo riveduto e corretto. Soluzione più rispettosa della libertà di coscienza sarebbe quella pure adottata in Svizzera e che molti preferiscono. Cioè nella scuola pubblica sostituire la religione con la storia delle religioni, consolidare scientificamente l’insegnamento   religioso, potenziare la dimensione culturale e il rapporto con le altre religioni, dispensando la diocesi dalla valutazione morale e dalla scelta di professori. Destinare invece la cultura, formazione cattolica e catechismo alle comunità e parrocchie locali, ma all’infuori dell’orario e dei locali scolastici.  E purtroppo nel caso avremmo delle grosse differenze. Che in Italia bambini e adolescenti verrebbero consegnati ad un vuoto precettismo, ad un incomprensibile dogmatismo, ad un pioso devozionalismo da parte di suore, religiose, dame di S.Vincenzo. In Svizzera avremmo invece, come da tempo abbiamo, insegnanti preparati adeguatamente e laureati in teologia, che vanno ed educano all'essenziale. Non dimentichiamo che in Italia il 76% degli insegnanti di religione sono laici. Quel poco che circola nella testa dei nostri cattolici viene appreso dai media e dalla Tv, quindi parziale e privato di una vera anima evangelica. Purtroppo a noi italiani lungo la storia è mancato lo stimolo ed un confronto da parte dei fratelli protestanti. Continuiamo cosi a correre in riserva di carburante. Ma con scadenza inevitabile e forse già segnata.

Autore:
Albino Michelin
17.09.2004

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