mercoledì 6 gennaio 2016

IN SVIZZERA PRESTO SEMINARI PER GLI IMAN ISLAMICI?

Sappiamo che i rapporti fra il popolo svizzero e gIi immigrati arabi qui da noi sono abbastanza ondivaghi e fluttuanti nel senso che le reazioni alla reciproca convivenza non sono uniformi. Oltre che dalla diversità di cultura e di mentalità ciò dipende anche dalle radici religiose. In fondo italiani e svizzeri sono di tradizione cristiana, gli arabi invece di tradizione islamica. Quindi l'appartenenza religiosa gioca pure il suo peso. Inserito poi nell'attuale contesto generale dell'incontro fra le due civiltà la lettura del fenomeno diventa ancora più fluida e provvisoria. Anche il caso di quell'artista ucciso in Olanda da un fondamentalista, oppure quello della Moschea vallesana dove tre predicatori lman sono stati perseguiti penalmente in quanto istigatori alla violenza e all'odio razziale, sono casi che gettano benzina al fuoco. Di qui probabilmente si spiegano certi risultati dei referendum cantonali e nazionali. Ad esempio il 24.11.02 il popolo zurighese ha respinto il progetto che prevedeva il riconoscimento giuridico a tutte le religioni, oltre a quelle già riconosciute da tempo, come la riformata, la cattolica, l'ortodossa, ecc. e questo per la paura di portarsi in casa il cavallo di Troia, cioè l'Islam. E anche nelle votazioni del 26 settembre u.s. il progetto naturalizzazione facilitata ed automatica è stato bocciato soprattutto per il timore dell'invasione araba, sia pure nel ristretto margine degli sfavorevoli fra il 54-51%. Specie nei cantoni tedeschi e italiani, mentre invece il progetto sarebbe stato accolto in quelli francesi e romandi. Ln effetti ciò lo si costata in questi ultimi ambienti anche riferendoci ad alcune aperture di collaborazione cristiano- islamica, impensabili altrove. Ad esempio sembra stia facendosi strada l'idea di formare degli lman o preti islamici nelle università svizzere. Idea non tanto peregrina se è stata espressa e caldeggiata sulla stampa anche dal prof. Libanese Tarek Mitri, docente all'Università di Ginevra, sostenendo che anche in Svizzera la via mediana fra integrismo identitario e integrazione nell'ambiente locale è possibile. Certo la questione cruciale è di sapere come. Si può tentare una previsione ed un'analisi. Anzitutto di che tipo di "Iman" ha bisogno l'Europa e la Svizzera. Ovvio un tipo che abbia buona conoscenza della cultura islamica e della cultura occidentale, uomo ponte fra due civiltà.
                                   A Ginevra il vescovo preferisce il bistro
A facilitare il progetto è il fatto che in Svizzera vi sono diverse università che possiedono un dipartimento islamico. Queste potrebbero mettersi in rapporto con delle istituzioni del mondo musulmano in Egitto, Tunisia, Malesia, Marocco, Turchia e ospitare insegnati di tate provenienza. Certo insegnanti "inclusivi", capaci cioè di creare un dialogo fra le componenti occidentali svizzere e quelle musulmane, comprese le residenti in territorio elvetico. Il sovvenzionamento di tali seminari potrebbe essere garantito dall'Arabia Saudita, che ha tutto l'interesse di riscattarsi anche all'estero. Veramente esiste già un modello sufficientemente credibile nei Paesi Bassi, Rotterdam, dove degli universitari olandesi unitamente a quelli turchi, hanno fondato una università islamica autofinanziata. Sul nostro progetto forse un po' di ottimismo non guasta. A Ginevra esistono due moschee dove tutto procede correttamente come (ci si permetta il paragone) presso la locale missione cattolica italiana. Né questa né quelle sono riconosciute dallo Stato in quanto religioni, ma in quanto associazioni private. Non bisogna lasciarsi bloccare solo dalla paura e dai fantasmi. Bisogna superare gli impasse come quello delle ragazze che portano il velo quando vanno alla Migros, come dei rari preti cattolici che portano la tonaca quando vanno alla TV o per le strade.  Un esempio di rapporto a livello umano, degno di rilievo, mi sembra quello del Vescovo di Friburgo-Losanna Ginevra, B. Genoud. Come noto questo uomo di chiesa frequenta i diversi bistro del suo territorio per incontrare spontaneamente i fedeli che desiderano porre domande e ricevere risposte, senza il sussiego del predicatore e senza la ricerca dell’ossequio dovuto ai prelati di categoria. A Ginevra appunto si è incontrato per tre lunedì della primavera 2003 al bistro “ Au Jardin d'Eden” gestito dal giovane turco musulmano Ercan Kahraman. Entrambi gioirono della reciproca accoglienza. Non è certo il modello Iraq della democrazia imposta con le bombe e martello in testa che può preparare un mondo nuovo, ma solo con i semplici atteggiamenti di vita quotidiana. Mi sembra perciò che il modello "Mitri-Genoud" sia più efficace per una convivenza islamico-cristiana promettente. Certo una rondine non fa primavera, ma annuncia che la primavera potrebbe non essere poi così lontana.

Autore:
Albino Michelin
10.12.2004

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