mercoledì 6 gennaio 2016

OPPIDO DI CALABRIA, LA PROTESTA DELLE DONNE INCATENATE

Quanto avvenuto a Oppido Mamertina, città storica di 5-6 mila abitanti, ai confini tra Gioia Tauro e le pendici dell’Aspromonte di Reggio Calabria, non è cronaca recente. Risale al 2000, ma per le conseguenze e soprattutto per le motivazioni e per le varie articolazioni della protesta non dovrebbe passare inosservata.  Oppido è località di antichissima cultura, da mille anni pure sede di diocesi e vescovile, Cattedrale, Seminario, biblioteca di inestimabile valore. A rompere gli equilibri ci capitò la decisione risalente agli inizi del 2000 di trasferire vescovo e vescovado a Palmi, cittadina lontano una ventina di chilometri. Anticipiamo che più che la decisione è il modo di intervento a lasciare perplessi. Per sé l’operazione non sarebbe stata nemmeno così traumatica se pensiamo al decreto della gerarchia ecclesiastica (10.6.1979) di accorpare i territori vicini in una più ampia ristrutturazione onde venire incontro alle mutate esigenze dei tempi. Però certi decreti d'autorità lasciano il tempo che trovano anzi irritano la gente se questa non viene a tempo debitamente, gradualmente informata. Se non viene coinvolta e maturata in un dialogo o dibattito assembleare, se le si buttano sulla testa decisioni repentine, se si pensa alla scorciatoia mentale di tacitare il popolino con lo slogan secolare del potere sacro, che poco ha da spartire con il Vangelo del Signor, cioè: «cattolici di Oppido obbedite senza fiatare perché questa è la volontà di Dio». La comunità ai Oppido ha reagito a tale identificazione tout-court di autorità religiosa - divina, soprattutto perché sottintendeva la debolezza e l’ignoranza dei destinatari, che poi così non sono, come hanno dimostrato di non esserlo. In effetti è sorta una mobilitazione che ancor oggi non ha visto soluzione. I miei documenti di riferimento sono: i Quaderni Mamertini, circa una quarantina, soprattutto quello dal titolo «Una comunità tra fede e malafede”, autore Rocco Liberti del luogo, deputato, storia patria della Calabria, nonché una mole di pubblicazioni, articoli, ciclostilati, corrispondenze conservati dal «Comitato 19 marzo», inizio ufficiale della protesta. lnoltre contatti personali con gruppi di associazioni della città stessa. In effetti a Oppido Mamertina ci sono stato non solo il 28.7.04, ma annualmente per ben 24 visite, quindi non sono del tutto sprovveduto.
                   Mobilitazione generale: non contro il vescovo, ma per la sede vescovile
 Ovvio che più tardi anche la persona del vescovo fu coinvolta e ne divenne bersaglio. ll 15 febbraio 2000 viene nominato il nuovo Vescovo di Oppido Luciano Bux, pugliese di Bari e fissata anche il 7 maggio la data dell’ingresso ufficiale. Fino a qui nessun problema. Ma il fulmine a ciel sereno arriva allorché lo stesso prelato comunica senza preavviso che la sede centrale della diocesi verrà trasferita da Oppido a Palmi. Ed è qui che il popolo tutto salta in piedi, si coalizza per la resistenza, progetta e passa a vie di fatto, diremmo da quelle più scontate a quelle più radicali. Le campane della città che suonano a morto, striscioni pubblicitari «Oppido rivendica la sua diocesi millenaria”. Dopo 366 anni la statua della Madonna viene bloccata ed abolita la grande processione annuale del 25 marzo. Il 22 marzo sciopero generale: negozi, uffici, scuole, chiese. Centinaia di persone in piazza, tutte le funzioni religiose sospese, paralisi di ogni attività, chiuso iI mercato. In esercizio solo il Pronto soccorso dell'ospedale. Blocco delle strade di accesso alla località, Vescovado e seminario circondati da carabinieri e polizia. Ma il gesto più eclatante, forse non verificatosi in nessuna parte del mondo, è la reazione delle donne di Oppido. Dal 19 marzo al 4 maggio, 47 giorni, dalle ore 5 del mattino fino alle 24, scaglionandosi a turno, si incatenano davanti alla statua della Madonna, trasferita per la circostanza all’ingresso della Cattedrale.  Le catene sono simbolo di schiavitù ed esse vogliono testimoniare che alle gerarchie ecclesiastiche non è consentito ignorare il popolo mamertino, di trattarlo come massa di manovra o come manovra devozionale, cui chiedere soltanto soldi per discutibile impiego. Per questo pure un gruppo si è costituito a scopo volantinaggio a incitare la popolazione per non versare più l'8 per mille a favore della Chiesa. La vicenda si allarga fino a coinvolgere anche le istituzioni politiche e amministrative. Il Consiglio comunale al 31 marzo, sindaco Antonello Frenò, diffonde alla stampa un ordine del giorno: «Il Vescovo rinunci alla sua missione». Scontato anche che interventi e petizioni arrivino pure al Vaticano e al Papa stesso. Dopo una pubblica posizione del Consiglio comunale si passa a quello provinciale, per approdare alla Camera dove la On. Angela Napoli afferma che Oppido non merita una tale punizione, e che degna di rispetto è la lotta che la città sta conducendo per il mantenimento della sua sede vescovile. Del caso se ne occupa pure A. Veneto, sottosegretario delle Finanze. In questo modo sono stati attivati tutti i canali del potere, sia laici che religiosi. I media danno al tutto una larga diffusione, compresi quelli nazionali come Repubblica e Corriere della Sera. I titoli ovviamente sfruttano la sensazionalità come: “La rivolta della Cattedrale». Il 3.4.2000 una delegazione del paese viene invitata a Roma dalla Rai per la trasmissione «I fatti vostri». Il programma all’ultimo momento è stato annullato, mai si è saputo per merito di quale occulto spiritello. Il gruppo viene dileggiato e rinviato mani vuote ad Oppido, oltre il danno anche le beffe. Una certa risposta per altro, sia pure evasiva viene dalla Conferenza Episcopale Italiana che si indirizza al Comitato: «Dietro i vostri gesti, dal punto di vista ecclesiastico non condivisibili, vediamo un riconoscimento della figura del Vescovo nei vostri territori. Il ministero del Vescovo però non soggiace ad altrui consenso ma alla Missione ricevuta dal Santo Padre». E fece intendere che altri gesti del genere diventerebbero deviazioni ereticali. Delusione e rabbia sono evidenti in quanto i destinatari si sentono ingannati da un organismo ecclesiastico che scarica la volontà di decisione da una gerarchia all’altra, subendo così uno stato confusionale in quanto nessuno riesce a intravedere l’organo responsabile. E così ancora una volta la diplomazia uccide la trasparenza evangelica.
                               Alla gente del sud non vanno messi i piedi sulla testa.
Il neo vescovo ad un certo punto si sente in obbligo di inviare una circolare in cui pare accetti una specie di compromesso. Ad Oppido resta la cattedrale, il seminario(vuoto), il vescovado, una selezione staccata di Palmi per le pratiche burocratiche. Con tale soluzione alquanto nebulosa, ma atta ad ammansire per il momento la gente, Bux fa il suo ingresso ufficiale, come previsto, il giorno 7 maggio. La situazione da tesa diventa interlocutoria, ma tale resta solo per poco. In effetti nel frattempo il vescovo si fa costruire una nuova sede episcopale a Pami al posto della precedente scuola materna creando resistenze anche fra 45 famiglie che colà portavano i loro bambini. Si parla, si vocifera, si scrive di 40 miliardi di lire elargiti allo scopo dallo Stato. E quindi si va finire anche ad una interrogazione parlamentare e al Presidente del Consiglio, così si fanno circolare altri volantini lamentando che per la sua reggia in una regione povera Bux sperpera il denaro di Santa Madre Chiesa che è di tutti i devoti. Quali commenti riservare a questo episodio così nuovo e complesso?  Anzitutto il riemergere di un'antica dignità da parte di questa gente. Chi pensa o dubitasse che la gente del Sud sia così disponibile a lasciarsi mettere i piedi sul collo e spogliare da preti e vescovi della propria storia deve ricredersi. Anche il fatto spettacolo delle donne incatenate è simbolo di un mondo femminile del Sud per nulla affatto negoziabile. Scrivano quel che si vuole: Oppido protestataria, ironica, barricadiera, dalla dura cervice come i normanni, qualcosa da apprendere in questo pezzo di storia ce l’abbiamo tutti. In secondo luogo: la gente del nord o più generalmente della civiltà industriale è portata a liquidare re la faccenda con un: «andate a lavorare, avete tempo da perdere, nostalgici di un mondo che non c’è più e non ritorna più». Il fatto invece è che per la gente di Oppido e di quei territori la cultura del passato con i loro nomi e cognomi e vocaboli greci, latini, arabi, ecc.con le loro cattedrali, chiese, monumenti fa parte della loro identità. Togliendocela mancano di punti di riferimento. Portandoci via la sede vescovile li si priva di mille anni di storia, li si getta nell’isolamento. Piegati da tanti disagi secolari perderebbero la loro profonda radice affettiva ed una ragione di visibilità e di sopravvivenza, come cavarci la pelle. Infine la solita amara costatazione: ad Oppido riemerge con urgenza il rapporto piramidale Chiesa-Popolo di Dio. Anche al sud andrebbe rivista la elezione dei parroci e dei vescovi nei vari ambiti. Che un vescovo venga fatto piovere dal cielo come con il paracadute dal Santo Padre, anziché coinvolgere nella scelta anche la base, cioè il popolo di Dio, diciamolo, siamo ancora nella monarchia precoloniale. E poi francamente come potrebbe il papa conoscere personalmente 4000 vescovi del mondo e inviarci personalmente il mandato di espletare la loro missione? Anche qui si deve ricorrere ai soliti canali preferenziali, amicizie, conoscenza, lettere in alto (e non in basso) informazioni anonime ecc. Un caso che può aiutare a capire il problema: nel 1998 fu inviato a Zurigo un vescovo senza coinvolgere precedentemente i rappresentanti della cattolicità locale. Gli svizzeri zurighesi secondo il loro modo di procedere   fecero consultazioni, ampi dibattiti nelle parrocchie, una documentazione precisa al vaticano. Il vescovo discusso W.Haas è stato trasferito. Indubbiamente questo stile di rapporti non esiste ad Oppido e nemmeno in Italia perché siamo una piramide cattolica, però con la costanza e aumentando la corresponsabilità nella chiesa si può arrivare a soluzioni più propositive e meno impositive da entrambe le parti.

Autore:
Albino Michelin
10.06.2005

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