martedì 12 gennaio 2016

PAPA RATZINGER NELLA POLVERIERA ISLAMICA

Martedì 12 settembre 2006 per Benedetto XVI ritornato in Germania e all'Università di Ratisbona dove ha insegnato dal 1969 al ‘77 deve essere stata la giornata più nera della vita. Se non altro per le conseguenze innescate dopo la conferenza. Non dimentico della sua professione di teologo tenne una magistrale lezione sul tema: «Fede, Ragione, Università».  In sintesi afferma che è secondo la fede usare la ragione dell'agire umano, e che è secondo ragione professare la propria fede in Dio. Più semplicemente: è contro la ragione usare violenza per costringere alla propria fede (discorso rivolto all'Islam), come è contro la ragione eliminare Dio per vivere nel relativismo e nell’indifferenza (discorso rivolto all’Occidente). Fin qui il messaggio fila liscio, nulla da eccepire.  L'occasione o la miccia per la rivolta mondiale, perché così si è rivelata, sta nel primo dei 4 capitoli (nostra articolazione funzionale), quello introduttivo che l'illustre referente avrebbe anche potuto tralasciare senza perdere nulla della sostanza.  Egli cita un passo dell’imperatore cristiano Bizantino, Manuele iI Paleologo, che “in illo tempore” (1391) conversando con un discepolo così si espresse: «Maometto ha portato solo cose cattive e disumane con la sua direttiva di diffondere per il mezzo della spada la fede che egli predicava». Tutto qui, non una riga in più, non una riga in meno, in un discorso di circa mezz'ora. Però ad un'attenta e ripetuta lettura di tutto il testo, al di là dei nostri schieramenti di parte, si constata che Ratzinger non prende le distanze da questa citazione, la espone semplicemente, come in vetrina. Sarebbe come se uno dalla nostra sponda opposta ci gettasse sul tavolo il brano di Matteo quando nel Vangelo Gesù dice: «non crediate che io sia venuto a portare la pace, ma la spada». Ovvio che se noi non la inseriamo la frase nel suo contesto ci viene da concludere che in quanto a fede-ragione, spada-guerra santa Gesù e Maometto sono due fratelli siamesi. Altra considerazione in merito. Forse tutto questo baccano si sarebbe potuto evitare se pensiamo che nel 1391 le otto-nove crociate dei cattolici, indette dai papi contro l'Islam, erano appena terminate e non c'era stata da parte dei musulmani nessuna guerra santa contro l'occidente. Aver riaperto la piaga è risultato anche per gli storici inopportuno. I rapporti fra i due avevano avuto pure tempi di comune collaborazione e di splendore nell’arte e nel pensiero.  In effetti filosofia e teologia cattolica devono ringraziare gli arabi Averroè e Avicenna se ci hanno tradotto la logica dei greci antichi, quella che fece da supporto all’impianto della nostra dottrina da S. Tommaso (1200) a oggi.
                                                       Il testo della discordia 
Il battere in testa solo Maometto ha lasciato il dubbio di una certa parzialità. Perché anche S. Bernardo (1090-1153) era stato in qualche modo sulla stessa linea. Questo grande dottore.  Della chiesa, fondatore di abbazie e riformatore della vita monastica, difese egli pure la santità della guerra (=guerra santa) condotta in nome di Cristo: «chi uccide un infedele (=islamico) è strumento nelle mani di Cristo per punire un malvagio, è un difensore dei cristiani. Se invece è lui ad essere ucciso, si deve affermare che non è morto, ma ha raggiunto lo scopo della sua vita». Strano, ma qui S. Bernardo anticipa i kamikaze. Se Papa Ratzinger avesse abbinato con la citazione su Maometto anche quella su S. Bernardo avrebbe completato il quadro; equilibrato gli opposti. Cioè a quel tempo, nessuno, né cattolici, né islamici usavano della ragione per propagandare la loro fede, ma la violenza. E quindi l’invito a tutti per convertirci superando la nostra storia fatta di troppo sangue in nome del proprio Dio. Che se alla fine vogliamo spingere il discorso all'estremo sostenendo che noi cattolici oggi siamo diventati civili, ma loro sono rimasti barbari, allora dobbiamo concludere di dare tempo al tempo, di aver pazienza (attiva!), che gli islamici sono oggi quello che eravamo noi ieri. E lasciamo stare i mea culpa. Se non ci fosse stata la contestazione interna dei protestanti nel 1500, il martirio del Savonarola e Giordano Bruno voluto dalla Santa inquisizione, Cartesio con l'avvento delle scienze moderne, l'illuminismo, il Razionalismo, la Rivoluzione Francese del 1790, la teoria marxista e del profitto, l'origine della democrazia e dei diritti dell'uomo, (tutte cose condannate pure dai papi del tempo fino al modernismo) noi non saremmo arrivati qui.  Grazie alla chiesa o nonostante la chiesa? L'interrogativo resta aperto, ma una cosa è certa. Che lo Spirito del Signore è riuscito a scrivere diritto attraverso le nostre righe storte, e ci ha condotto in più spirabile aere. Non potrebbe avvenire così anche per gli islamici, i quali finora non hanno avuto nessuna contestazione interna e nessun laicismo incalzante dall'esterno? 
                                        Il Vaticano mette mano agli estintori
«Voce dal sen fuggita più richiamar non vale», dice il poeta. La citazione di Ratzinger ha fatto in un lampo il giro del mondo, un big-bang, l’effetto di un detonatore. Il mondo   musulmano, il mondo della gerarchia ecclesiastica, il mondo dei tecno, cioè dei cattolici conservatori. L'integralismo islamico forse non attendeva altro che questa occasione, quale pretesto per ricominciare. Immagini del Papa bruciate sulle piazze, effigie del pontefice con la tiara in testa recante la svastica di Hitler, la bocca eruttante sangue, con la scritta «sgozzatelo». Gli addetti al Vaticano e alle congregazioni di curia allertano subito i vari nunzi di dialogare con i governi musulmani, tentano di ricucire lo strappo. Ma molti maomettani chiedono dal Papa pubblica ammenda e ritrattazione. Altri bruciano le chiese cristiane, altri uccidono come in Somalia Suor Leonella. Pur sapendo che la maggioranza degli islamici è moderata, che un terzo è già laico come gli adepti marocchini che passano al divorzio, donne senza velo, figli col contagocce, o come gli adepti nei Balcani che hanno reinterpretato il ramadan e le leggi sul cibo, però in questa circostanza del libello papale hanno fatto quadrato con gli integralisti, moderati e laici. E' il risveglio dell'identità di razza, non gettare il sasso nel vespaio. L'Episcopato italiano arruolato dal presidente Card. Ruini, si dichiara sorpreso e addolorato, chiede preghiere e sostegno in tutte le chiese a pro del Pontefice, frainteso e calunniato. Sul carro saltano anche i nostri politici che definiscono ignobile la reazione islamica, sollecitano anche i comuni per emanare dispacci di solidarietà a Ratzinger. La proposta del comune di Bergamo è stata dalla maggioranza di centro sinistra bocciata, in provincia e in diocesi si è mobilitata tutta una confraternita di flagellanti. Prodi, capo del Governo italiano, è stato assalito in Parlamento perché non lasciasse il Papa solo nel suo dolore. Al che con ironia (che si sarebbe potuta risparmiare) rispose che il Papa ha le sue guardie e può farsi difendere da loro. Al di là dell'ironia, meglio sarebbe stato rispondere: «Il Pontefice sa già quello che dice e che deve dire. Non ci insegnate voi che egli è infallibile, assistito dallo Spirito santo? Non ha bisogno dunque di avvocati difensori». 
                                        E se l’avesse fatto intenzionalmente?
C'è chi, specie fra i cattolici conservatori e falangisti, scarta l'ipotesi di una gaffe, di una svista, di una mala interpretazione e sostiene che Ratzinger va preso alla lettera, l’ha fatto intenzionalmente e bene fece, pane al pane e vino al vino, ora sappiamo chi sta di qua e chi sta di là. Potrebbero avere ragione costoro. In effetti chi conosce bene il carattere e fa cultura di questo Papa sa che egli è un identitario, cioè sente molto e difende alacremente l'identità cristiana. Peccato che tutti i nostri reporter, giornalisti e pure vaticanisti abbiano dimenticato il documento che egli scrisse quando era prefetto della dottrina della Fede «Dominus Jesus» (Signore Gesù) del 5.9.2000. In esso egli sostiene che solo Gesù Cristo è l'unico Salvatore del mondo, che la vera religione è quella cattolica, le altre come l'induismo e il buddismo, ecc.: sono filosofie e che il protestantesimo e gli ortodossi non sono la chiesa doc, ma gruppi religiosi, chiesuole. Anche allora creò scompiglio, ancorché il contenuto fosse più leggero e discorsivo. Dei cardinali come Cassidi e Martini parlarono di un documento inopportuno e che la salvezza è possibile anche per chi non crede in Gesù Cristo. La domenica seguente pure Papa Wojtyla si scomodò all'Angelus per metterci una pezza. Ora dell'intervento di Ratisbona non ci si deve meravigliare. Questo è il pensiero di Ratzinger, coerente con se stesso, egli ha voluto ripeterlo. Forse non si aspettava tanto clamore. Si spiegò la domenica 17 settembre 2006 ma non si piegò, si rammaricò per il trambusto non previsto ma non si scusò, né ritrattò. Onore al merito per aver ripreso l'osservazione, senza scomunicare nessuno e senza darsi l'aria di vittima incompresa. Benedetto XVI però ci permetterà un'osservazione. Abbiamo tutti il diritto alla verità, ma anche la verità ha i suoi diritti, nel modo, nel dove, nel quando. In un mondo oggi così carico di tensioni, dove le tre grandi religioni si sono tutte arroccate per gestire la loro identità fino all'intolleranza (Cristianesimo, Islamismo, Ebraismo), anche una piccola, breve, ma pesante citazione del genere può scatenare una polveriera. Una goccia di arsenico può avvelenare tutto l’ambiente. Anni fa la conseguenza del documento «Dominus Jesus» fu che il dialogo con i protestanti si bloccò. Oggi si blocca quello con l'Islamismo, nonostante le operazioni di restauro cui si tenta di ricorrere. Va soprattutto presso quest’ultimo emergendo la sensazione che noi si usa il dialogo come proselitismo, cioè per convertirlo alla lunga alla nostra causa. Un grosso equivoco. A noi la scelta

Autore:
Albino Michelin
13.10.2006

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