mercoledì 6 gennaio 2016

GIOVANNI PALATUCCI DI MONTELLA MARTIRE PER LA CAUSA EBRAICA

Stanno aumentando in questo periodo i segni di un ricupero del nostro passato, evidenziato nel tentativo di rivisitazioni storiche da parte degli studiosi e di frequenti celebrazioni "Giorni della memoria" da parte della sensibilità popolare. Fra gli altri merita una dovuta attenzione il  60° anniversario della Shoah, cioè dello sterminio ebraico, celebratosi il 27.1.05 a ricordo della liberazione del lager di Auschwitz (27.1.1945) per intervento dell'armata russa e la conseguente sconfitta della dittatura nazi-fascista. Queste memorie però fanno sempre riaffiorare emotività, nostalgie e contrapposizioni. Comunque un documentario televisivo del 12.1.05 dal titolo "La storia siamo noi" ha portato in primo piano persone a noi sconosciute che hanno dato eroicamente la vita per la causa ebraica. Fra gli altri Giovanni Palatucci (1909- 1945) di Montella, Avellino, morto a Dachau all'età di 36 anni. Mi soffermo su di lui anche per rivalutarlo fra gli italiani campani di Svizzera, in modo particolare fra i Montellesi, il cui numero in questa terra è estremamente elevato. Giovanni Palatucci più che un nostro "bravo cattolico" era un credente, cioè un cristiano di profonda fede. In effetti l'espressione evangelica "ama il prossimo tuo come te stesso" era quotidiana nella sua bocca, nella sua corrispondenza, nel suo comportamento. Laureato in giurisprudenza a Torino, entrò come volontario nel ramo della Polizia e dal 1937 divenne questore reggente della città di Fiume, oltre Trieste, responsabile dell'ufficio stranieri, in diretto contatto con una realtà di rara umiltà, in particolare con la condizione degli ebrei. Le leggi razziali erano oltremodo severe contro costoro sotto il nazismo di Hitler e dal 1930 anche sotto il fascismo di Mussolini. In quei territori di frontiera l'opera di solidarietà del Palatucci in favore degli israeliti divenne sempre più rischiosa, ma egli si rifiutò di diventare complice della persecuzione nei loro confronti. Combattendo anche contro l'animosità dei suoi superiori dopo lo scoppio della guerra 1940 istradava sempre più clandestinamente i profughi ebrei presso Campagna (Salerno) dove esisteva un campo di concentramento ad essi riservato e dove fungeva da vescovo lo zio Giuseppe Palatucci. In tal modo questa operazione umanitaria veniva pure facilitata. Intanto aumentavano il sospetto e l'ira dei capi nei suoi confronti, ma egli ebbe più volte a rispondere "ci vogliono dare ad intendere che il cuore sia un muscolo e impedire di fare quello che il cuore umano e la nostra religione ci dettano".
                                            Gli Ebrei trattali come miei fratelli
 Un'ispezione governativa del 23 luglio 1943 trovò manomesso l'elenco degli stranieri e mancante lo schedario degli ebrei. Con l'armistizio dell'8.9.1943 la situazione precipitò: Palatucci diventò questore rimanendo da solo in quella città a rappresentare la faccia di un'altra Italia che rifiutò di diventare complice dell'olocausto. Gli ebrei in città in quel periodo raggiungevano il numero di 3.500 in gran parte profughi della Croazia e dalla Galizia. Il capo della nostra questura fantasma si rifiutò di consegnare ai nazisti anche un solo ebreo, continuava a salvarne a centinaia indirizzandoli clandestinamente sempre verso Campagna o anche in Svizzera. Una sopravvissuta austriaca, signora Neumann, racconta che nel Natale del 43 offrì a molti ebrei un pranzo nel sotterraneo della questura. E la famiglia Schwartz rammenta che quando il Palatucci consegnava a qualcuno degli ebrei per metterli in salvo raccomandava: “trattalo come un mio fratello, come mia sorella, anzi come un tuo fratello, una tua sorella in Cristo". E allorché il Console svizzero di Trieste, conscio del pericolo imminente, lo invitò a mettersi in salvo e trasferirsi in Svizzera egli rifiutò osservando che non se la sentiva di abbandonare i fratelli ebrei nelle mani dei nazisti. Il 13.9.44 venne arrestato dalla Gestapo, trasferito nei campi di sterminio di Dachau dove il 10.2.1945 morì di stenti e di sevizie. Il popolo ebraico da allora non ha mai più dimenticato questo eroico personaggio, anche se lo Stato italiano lo ignorò per ben mezzo secolo. Sì, perché il Palatucci in pratica era stato un obbiettore di coscienza, aveva preposto l'amore verso l'uomo all'obbedienza della legge, non era stato un "missionario di pace", non aveva fatto onore all'Italia nell'eseguire le leggi antirazziali, non era stato un fedele servitore della Patria, ma piuttosto un traditore ed un disertore che non avrebbe meritato i funerali di Stato. Solo il 19.5.1995 il Presidente della Repubblica, Scalfaro gli ha conferito la medaglia d'oro alla memoria. Mentre invece le comunità ebraiche di tutto il mondo gli hanno tributato omaggio perenne. Pure una strada ed un parco a Tel Aviv, una foresta ecologica nei pressi di Gerusalemme portano il suo nome. Ho citato questa figura perché emblematica nell'eroismo in quanto ha saputo superare i condizionamenti di una bimillenaria cultura cattolica dalla mentalità e dal conformismo antigiudaico. Ai bambini cattivi di 50 anni fa si rimproverava: "sei peggio di un ebreo". E tutta la polemica orchestrata in questo periodo è stata sollevata ad arte. Fra una corrente cattolica borghese che vorrebbe Papa Pio XlI (1939-58) beato sugli altari interpretando il suo silenzio nei confronti dello sterminio ebraico quale diplomazia evangelica per evitare ulteriori ritorsioni naziste contro gli israeliti stessi, e l'altra corrente meno contorsionista che considera il silenzio di Pacelli una mancanza di coraggio ed un timore di finire lui pure nelle camere a gas, questo martire si staglia al di sopra della contesa con un personalità pura ed indiscutibile .
                                         L’inutile contesa sulla beatificazione.  
Sotto Pio XlI e il suo pontificato sia nel popolo come nella gerarchia regnava un profondo sentimento antisemita che per 2000 anni aveva criminalizzato gli ebrei quali deicidi (cioè uccisori di Dio in Gesù Cristo). Per cui Hitler, il nazifascismo, la Shoah, l'olocausto altro non furono che il frutto maturo di una pianta a lungo concimata e coltivata. Certo il periodo di quel Papa non fu semplice da gestire in riferimento alla vicenda ebraica. Però la storia ci dice che egli il 20.7.1933 in qualità di segretario di Stato Vaticano stipulò un concordato con la Germania nazista tramite F. Von Popen vice del Führer, che nel novembre del 38 alla notte dei cristalli contro gli ebrei la Curia romana tacque, così come in occasione delle leggi antirazziali di Mussolini (14.7.38), che dopo la sua elezione (2.3.39) egli cestinò l'Enciclica di condanna al nazismo preparata dal suo predecessore, Pio XI (Societatis Unio). Ci si obbietterà che non si può giudicare il passato con il metro del presente e che anche questo comportamento va contestualizzato. Nel senso che in quel tempo si riteneva che solo il cattolicesimo possedesse la verità, e solo la verità ha i suoi diritti. Per cui i non cattolici non possedevano la verità e quindi nessun diritto. Risposta? Indubbio che il pericolo per uno studioso è l’anacronismo storico, cioè ritenere che i valori e gli atteggiamenti mentali di oggi siano sempre esistiti e quindi possano diventare un criterio di giudizio della storia stessa. Si esigerebbe da quegli uomini (nel caso papa Pacelli) una lucidità sugli avvenimenti dei loro tempi che noi abbiamo acquisito proprio per le conseguenze dei loro errori. Cioè sarebbe stato anacronistico sul piano dottrinale che quel papa avesse fatto delle affermazioni concepite solo dopo il concilio Ecumenico o dopo 50 anni. Francamente l'obbiezione non trova tutti e del tutto consenzienti. Perché se è indiscutibile che Pio XlI ed altri uomini della gerarchia cattolica sul piano personale hanno protetto e salvato degli ebrei, però sul piano dei valori universali (amore del prossimo) la verità del Vangelo non resta condizionata e relativa nel tempo ma immutabile e come tale proclamata. Gente comune invece, appartenente alla chiesa popolo di Dio, hanno superato tutte le diplomazie e le liturgie papali, comportandosi da profeti, cioè agendo come Dio in quel caso avrebbe agito. Vedi il Palatucci, cui si potrebbe aggiungere D. Bonhoeffer (luterano), ed innumerevoli altri. Non sarebbe una colpa se per ipotesi Papa Pacelli non fosse stato un eroe nel periodo dell'olocausto, ma sarebbe inutile retorica proclamarlo tale. Oltre ovviamente ad aprire vecchie ferite non marginate nei confronti del popolo ebraico. E di contrappasso non spendiamoci nemmeno più di tanto per beatificare il Palatucci. Egli resta ammirevole e fulgido esempio al di sopra di tutte le nostre nuvole d'incenso. Una cosa è certa: fra chi ha costruito la nostra storia di rispetto verso gli ebrei e le altre religioni c’è 'anche lui, Giovanni Palatucci di Montella. Avellino.

Autore:
Albino Michelin
11.02.2005

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