domenica 10 gennaio 2016

LO SCANDALO DELL’ESTATE 2006: ZAPATERO NON VA ALLA MESSA DEL PAPA

Non si è ancora spenta in Italia la bagarre fra i cattolici e la stizza fra le istituzioni ecclesiastiche intorno ad un episodio di per sé insignificante, cioè alla non partecipazione di Zapatero alla Messa del Papa di domenica 9 luglio 2006, in occasione della visita ai cattolici spagnoli e della giornata mondiale per la famiglia. Il Premier iberico ha scelto una linea, quella del rispetto e della buona educazione. Diversamente dai nostri connazionali, siano essi costituiti in autorità o semplici cittadini, abituati ad atteggiamenti spesso viscidi nonché camaleontici in   occasione di queste manifestazioni. 
Primo punto: Zapatero ha rispettato i suoi obblighi istituzionali di rappresentanza. Egli è il capo del governo e del popolo spagnolo. Come protocollo vuole, ha accolto il capo dello Stato Città del Vaticano all’aeroporto senza enfasi e senza sussiego, ha dato la mano all’illustre ospite, gli ha rivolto un discorso di benvenuto, gli ha garantito due giorni di supervigilanza e sicurezza pubblica, ha mobilitato mezza polizia della penisola, allertato i servizi segreti di spionaggio e tutto finanziato anche con il denaro dei non cattolici, degli atei, dei musulmani. Al papa non gli è stato torto nemmeno un cappello, non gli è stato indirizzato nessun fischio, nessun petardo, nessun attentato dinamitardo. Bravo Zapatero, così ci si comporta con gli ospiti di riguardo. Ma prima di procedere, una precisazione è d’obbligo. La chiesa cattolica con il suo indispensabile apparato di ministeri, congregazioni, servizi, personale ha diritto ad uno spazio autonomo che dal 1929 viene chiamato Stato Città del Vaticano. Il toponimo, nome del luogo, risale al colle sul quale gli antichi romani facevano I loro vaticini, cioè i loro riti per allontanare scaramanzie e patrocinare lieti auspici per il futuro divinando fra l’altro per esempio la traiettoria del volo degli uccelli. Ovvio che tutto questo mondo necessiti di un territorio indipendente, neutrale, 0.44 kmq, con oltre mille prelati e addetti di cui 600 residenti e il resto pendolari. Dopo la breccia di Porta Pia del 1870, con cui i Papi sono stati privati dello stato pontificio, questo sembrava un sopruso. Si è rivelato poi tanta grazia di Dio. Riduzione o ritorno alle giuste dimensioni. Conveniente pure che il Papa abbia il suo segretario di Stato e la rappresentanza diplomatica presso i governi del mondo. Sono 174, solo 14 non hanno ancora aderito a tale gemellaggio. Rappresentanza che va ovviamente giustificata con l’opportunità di trattenere buoni rapporti con tutti allo scopo di collaborare per la pace fra i popoli, per l’intesa fra le nazioni, per la difesa dei diritti umani, per il dialogo fra le religioni, per la condanna di ogni guerra e di ogni tortura, per la lotta contro la fame e le malattie, Aids compresa. Legittima quindi questa stanza dei bottoni cattolica, ma che a differenza dei poteri mondani va esercitata con spirito di servizio, secondo il monito di Gesù: ”voi non siate come i potenti del mondo, siate come il figlio di Dio che non è venuto per essere servito, ma per servire.” È in base al pensiero di Gesù che bisogna chiedersi se a compiere viaggi di contenuto politico, diplomatico debba essere il papa, oppure il segretario di stato, se tali viaggi debbano esigere esibizione di sfarzo e di lusso come gli altri premier della terra, magari delle volte in evidente contrasto col tenore di vita dei cattolici residenti nei paesi sottosviluppati e pieni di morti di fame. Auguriamoci un po’ più di francescanesimo a Ratzinger, pellegrino di Dio. Queste riflessioni non se l’è fatte Zapatero, che ha steso tappetti imperiali ai piedi di Bendetto XVI, ma si sentono autorizzati a farle molti cattolici che non condividono lo scandalo patito e inscenato dai nostalgici dello Stato Pontificio.
                                      Una lezione di sana laicità
Non sono mancate voci di dissenso e di disapprovazione al gesto di Zapatero, come ovviamente non sono mancata quelle di approvazione di consenso. Ci permettiamo di riassumere le prime: la messa papale era una cerimonia dai contenuti importanti per gran parte degli spagnoli, che sono cattolici. L’assenza di Zapatero è stata un segno di inciviltà, maleducazione, spregio verso i grandi valori e le tradizioni che le autorità religiose incarnano. Al di là delle sue convinzioni personali egli ha inferto uno sgarro a tutto il popolo iberico. O temeva di beccarsi dei fischi causa tutta la sua politica rompifamiglie? Oppure l’ha buttata in ricatto, cioè vendicare la guerra civile di spagna 1936-39, allorché il dittatore Franco, sostenuto dalla Chiesa, causò un milione di morti? Ed infinite altre disapprovazioni su questa linea. D’altra parte però anche molte voci di consenso. Anzitutto c’è da distinguere tra la persona ed il ruolo di Zapatero. Come persona privata egli è un cattolico, battezzato, prima comunione, cresima, matrimonio in chiesa cattolica, fedeltà alla stessa donna, due figli pure loro battezzati, cresimati, cattolici, catechismo negli istituti cattolici, iscritti ai gruppi scout. Dunque Zapatero non è un gay, un omosessuale, (anche se di molto rispetto verso queste persone) un cigolò, un cicisbeo. Come ruolo politico invece deve tener conto di tante realtà umane diverse e varare pure leggi di compromesso. In questo senso un cristiano maturo, cioè rifiuto di usare la religione e il papato a scopo politico e viceversa sfruttare la politica a scopo religioso. Reciproco rispetto, debita distinzione. Un po’ diverso da nostro atteggiamento di parlamentari italiani, popolo di chierichetti, che, come si sono profusi in gridolini di gioia quando papa Wojtyla andò a Montecitorio il 14.11.03, così oggi battono la strada dell’opportunismo e dell’ambiguità. Dilagante ipocrisia nostrana dove politici di ogni colore fanno a gara nell’ostentare filopapismo d’altri tempi. È possibile che Zapatero come cattolico sia pure andato alla messa con il gruppo scout, ma a quella papale no. Al di là dei fischi prevedibili e della perdita di voti al suo partito. Era una mesa cattolica? A rappresentare i cattolici ci andava già il Cardinale primate di Spagna. Un capo di stato invece rappresenta tutti, anche minoranze non credenti. Ha preferito senza nessuna contrapposizione di distinguere i due ambiti. E anche qui, bravo Zapatero.
                         La messa non è uno spettacolo, né una parata istituzionale.
Ancora troppi sono i cattolici italiani che giudicano l’onestà di una persona in base alla messa domenicale. Mafioso, evasore fiscale, truffatore, ladro, manolesta? Sì però è bravo perché frequenta la messa domenicale. Anni di messette e di messone non hanno servito a capire che cosa sia la messa. Molti del mondo cattolico hanno della messa un concetto più basso di quelli del mondo laico. La messa non è un atto di ossequio al parroco o al pontefice, come ad esempio l’hanno concepito Fidel Castro a Cuba e Jaruzelski in Polonia. Né una cerimonia a carattere nazionale come le messe celebrate per i morti di Nassyria o per altre parate di carattere militare, con tanto di cappellani carichi di stellette come generali d’armata. Né una dimostrazione di forza della chiesa così come la intendono i settori più belligeranti della chiesa stessa, Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo, Focolarini, Neocatecumenali, Movimenti dello Spirito quasi per mascherare nella grandiosità la progressiva perdita della fede. Metodo poi che è una variante occidentale del fondamentalismo. Oggi dilaga il fascino religioso dove la fede viene calcolata in base alle emozioni, confondendo ciò che è impressionante con ciò che è importante. La messa è soprattutto la cena del signore, il dividere e mangiare il pane suo e nostro nella vita di tutti i giorni. Se poi si vuole aggiungere anche che essa è il sacrificio della croce, significa che i partecipanti si vogliono sacrificare, cioè giocano la loro vita perché nessuno più venga crocefisso. Se la mesa è condividere in primo luogo il pane fra i poveri, allora ci è lecito pure dissentire che sul fatto che a Valencia il 9 luglio per la messa papale si siano investiti Frs.180.000 solo alle strutture del palco, mentre a 2 km di distanza gli immigrati sono costretti a dormire sotto i ponti perché come Maria e Giuseppe non c’è posto per loro nell’albergo, cioè nelle case popolari. Mentre Gesù al suo banchetto invita ciechi, poveri, storpi (Lc.14,21) noi alla messa papale esigiamo la presenza di dignitari, cavalieri con pennacchi e feluche, capi di stato ad omaggiare l’insigne celebrante di turno. Queste sono le presenze scandalo, non l’assenza di Zapatero. Quanto sarebbe gratificante se nei prossimi viaggi del Papa in giro per il mondo venissero riservati i primi posti per “gli ultimi” e poi, spazio permettendolo, anche per i “primi”. La messa è la cena del Signore in cui tutti i partecipanti si mangia il pane della comunione e se a qualcuno la si dovesse vietare non saranno certo i conviventi, o divorziati, o gli omosessuali i primi ad essere esclusi, ma i fabbricanti d’armi e tutti coloro che giocano e sfruttano la qualità della vita della povera gente. Se questi fondamenti mancano, allora al posto della messa il Papa potrebbe organizzare un incontro religioso multiculturale multietnico in cui i vari Zapatero del mondo possono convenire indipendentemente dal loro credo. Che magari non si voglia rinunciare alla messa cattolica per paura di perdere prestigio e controllo del mondo. È gratificante vedere tutti in ginocchio davanti a noi, specie se sono capi di stato. Quanta noia, si rammaricano giustamente molti credenti, per le lunghe liturgie fasciate di ermellini, di mantelline, di broccati, di sfarzose sete prelatizie, dove spiccano anelli grossi come padelle, tanto lontane dal cielo come dalla terra. In una trasmissione televisiva Celentano predico’: ”Il Papa è rock, Zapatero è lento, lentissimo.” Suscitò disagio perché voleva colpire poco nobilmente il capobanda dei finocchi. L’espressione andrebbe rivista e corretta, perché almeno Zapatero nell’argomento qui sollevato, è pure rock. Grazie Zapatero per questo atto di coraggio. L’occasione per una riflessione religiosa sulla messa senza ambiguità.

Autore:
Albino Michelin
07.09.2006

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