giovedì 17 settembre 2015

LE SCUOLE DEI PRETI E DELLE SUORE

"Attenti bambini, arriva Gesù" così la maestra presentò il Vescovo ai ragazzini durante un'ora di scuola in occasione della visita pastorale in una parrocchia del Bresciano. In Italia la scuola di Stato è laica in teoria, di fatto resta ancora privata e confessionale. In un paese delle Marche diverse ore scolastiche nel dicembre 1996 sono state impiegate a costruire il presepio. A Bitonto (Bari) è stato fatto obbligo ai bambini della scuola di partecipare "in quanto scolari" alla processione del patrono e distribuire santini dell'Addolorata come espressione della cultura e della religiosità popolare. Nella Missione cittadina dello stesso periodo a Roma i docenti sono stati "caldamente" invitati a proporsi come teste di ponte fra il quartiere e la parrocchia. A Lipari (Messina) il prete insegnante di religione nelle scuole diede questo tema: "I testimoni di Geova: falsari di Dio". Prima di Pasqua in una parrocchia del comasco i bambini durante l'orario scolastico si muovevano intruppati e condotti a fare l'ora di adorazione al Santo Sepolcro. Per la maggioranza è stara un'ora di sport e di boccacce. Tutti questi episodi sono successi negli ultimi mesi del 96, a fondamento di una mentalità che continuerà, quando in Italia infuriava la polemica sulle scuole private e pubbliche, sul diritto di costituire scuole cattoliche, parificate e sovvenzionate dello Stato. Il 25 aprile 1997 i Vescovi della Sicilia hanno inviato al Ministero della Pubblica Istruzione una lettera aperta sottoscritta da docenti, universitari, presidi, insegnanti e da 20.000 genitori, insomma da tanti i siciliani. In essa si sostiene che "la libertà di educare è un diritto ed una responsabilità naturale delle persone e delle famiglie singole o associate. Non è la concessione fatta da uno Stato che si considera unico gestore della formazione dei giovani". Nessuno ovviamente contesta ai cattolici il diritto di costruirsi e gestire la loro scuole private, come ai valdesi, agli evangelici, ai testimoni di Geova, ai marxisti. D'accordo, il diritto alla libertà deve essere esteso a tutti, senza pretesa di egemonie culturali o di bottega. D'altra parte lo Stato laico deve rispettare queste libertà e non deve imporre a tutti la sua laicità abolendo le scuole private, di qualsiasi estrazione e tendenza esse siano. Il problema però delle scuole private, in primis della scuola cattolica, è la rivendicazione ad essere in toto equiparate alle scuole di Stato e debitamente finanziate, fino alle tegole del tetto. Alla faccia dell’art.33 della Costituzione Qui il discorso cambia. Mentre da una parte la gerarchia ecclesiastica in questa fattispecie è monolitica ed univoca nel senso di esigere totale sostegno finanziario, la comunità ecclesiale italiana invece, cioè il popolo cattolico-credente non è più dello stesso avviso, ma possibilista su diverse opzioni. Per quest'ultimo infatti importante è che lo Stato conceda la parificazione (esempio il riconoscimento degli esami di maturità) e un contributo finanziario. Contributo è diverso da copertura. Il rispetto verso la laicità dello Stato esige che il singolo non accolli a lui la spesa delle corone del Rosario, dei bollettini parrocchiali di devozione varia, dei settimanali esoterici indù, delle varie sure o commenti del Corano, dei midrash o racconti ebraici. Tutte iniziative ottime che possono servire anche allo Stato in quanto gli garantiscono più galantuomini e meno criminali e gli fanno risparmiare polizia, processi e galere. Però siano i credenti stessi delle varie fedi religiose e scuole private ad assumersi l'iniziativa e anche gli oneri di fondo. In effetti il timore di molti cattolici italiani, di quelli adulti e maturi nella fede, è di ritrovarsi di fronte ad una scuola privata fondamentalista, intollerante con gli spazi tutti e solo a sua disposizione.  Con la recondita intenzione di trasformare lo stato laico in una repubblica cristiana e di ritornare alla teocrazia di Gregorio VII. Il pericolo che una scuola cattolica privata sovvenzionata dallo Stato divenga dogmatismo, censura, chiusura, anziché dialogo e rispetto del pluralismo. Che si possa servire dello Stato (i fantasmi del mezzo secolo non sono del tutti scomparsi) per i suoi interessi. D’accordo per uno Stato che contribuisca finanziariamente alle scuole dei preti e delle suore a patto però che queste poi rispettino anche certi requisiti. E soprattutto si diano una regolatina sulle modalità interne di gestire cultura e religione, vedi gli esempi citati all'inizio. In effetti esiste un sacco di persone in emigrazione, con messa tutte le mattine e confessioni settimanali nel periodo dell’infanzia, uscite poi con le tasche talmente piene da piantare li tutto: chiesa, preti, frati, papa e messa domenicale. Professarsi anticlericali, addirittura cambiare religione. In effetti un po' dovunque i migliori e più attivi animatori dì movimenti religiosi contro la chiesa cattolica, sono spesso proprio quelli usciti dalle scuole dei preti e delle suore. Dopo tante frenetiche sciroppate di devozioni, di paure del peccato e dell'inferno chi avrebbe il coraggio di darci torto?

Autore:
Albino Michelin
31.05.1997

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