sabato 5 settembre 2015

DIRITTO DI VOTO AI CATTOLICI STRANIERI NELLA CHIESA

Finalmente una buona notizia. Il Parlamento del Canton Zurigo ha in questi giorni (aprile 1982) approvato una modifica costituzionale che attribuisce alle chiese del Cantone la facoltà di decidere se gli stranieri (e i giovani) potranno usufruire del diritto di voto su questioni che riguardano le finanze della comunità religiosa. La decisione ultima su questo argomento spetta ovviamente al popolo svizzero che sarà chiamato alle urne il 26 settembre prossimo. Questa notizia non può che essere accolta con grande soddisfazione dagli ambienti di emigrazione, che attraverso le varie organizzazioni si sono sempre battuti sul tema della partecipazione. In prima fila questa volta ci dobbiamo mettere anche la comunità stranieri e il Consiglio-Pastorale di Uster, nonché il nostro portavoce ufficiale "Incontro". Chi non ha la memoria troppo "corta” ricorderà molto bene le vicende che tutti abbiamo passato nella nostra comunità dal 1972 all’80 per quanto concerne la partecipazione e la gestione tasse del culto. Nel Canton Zurigo, dopo un referendum popolare del 1962, tutti sono tenuti a pagarle, stranieri compresi. Sono tenuti, va sottolineato, non per volontà del Vaticano, della Missione cattolica, o del Vescovo, ma per una votazione fatta dal popolo. Quello che stonava in tutta la faccenda è che gli stranieri sono obbligati a pagare le tasse della chiesa, ma non hanno il diritto di decidere sul come vengono o debbano essere impiegate. Solo la chiesa svizzera ha sin'ora gestito gli ingenti fondi derivanti da queste tasse. Alle nostre interpellanze si è sempre risposto con una scrollata di spalle, con silenzi imbarazzati e con la solita solfa che i problemi si risolvono non con la forza, ma parlando insieme, nell'annuale festa della solidarietà, nelle spaghettate e nel buon vino generoso del sud Italia. Questo era importante se serviva a portare avanti il discorso, ma un alibi se con esso si intendeva insabbiare tutto. E noi il problema non l'abbiamo mai mollato. Perché questo sarebbe un atto d'ingiustizia nei confronti degli stranieri all'interno della chiesa. Per essere cristiani alla pari bisognava avere il passaporto svizzero.
Nel 1974 abbiamo fatto un tentativo di pubblicare l'ammontare delle tasse del culto degli italiani delle nostra Missione di Uster, Canton Zurigo. Questo ha creato comprensibile tensione fra gli organismi svizzeri locali, tensione che si è protratta per due anni. Ora a distanza di tempo, placate le acque e rappacificati gli spiriti, riconosciamo che avremmo dovuto sì tenere un metodo più morbido, non abbiamo però sbagliato ad affrontare il nodo della questione. Nel 1975 il nostro Consiglio pastorale ha organizzato una tavola rotonda, la prima del genere nello Zurighese, invitando autorità civili e politiche e il Presidente del Cantone a dibattere il diritto di voto nella chiesa. Nel 1976 abbiamo lanciato una inchiesta nella comunità tramite il Consiglio Pastorale con la specifica domanda se si ritenesse opportuno pagare per obbligo le tasse del culto e non potere decidere sul loro impiego e quindi se era auspicabile la concessione del diritto di voto agli stranieri nelle realtà di chiesa. La risposta è stata ovviamente favorevole e con valanga di adesioni. Abbiamo quindi allargato l'inchiesta ai missionari del Canton Zurigo e relativi Consigli Pastorali. Risposte identiche. Il tutto è stato passato al Consiglio Pastorale Cantonale che poco più tardi ha inoltrato una petizione al Parlamento zurighese, nel senso da noi auspicato. Dopo 5 anni è arrivata la risposta. Spiriti pacifici diranno che ci si sarebbe arrivati lo stesso, anche senza tante storie sollevate dalla comunità di Uster. Forse si, però abbiamo ugualmente la soddisfazione di aver camminato nel senso della storia, quella cioè che chiede giustizia alle minoranze straniere, specialmente all'interno della chiesa.
Si voterà a livello cantonale in autunno, se la proposta viene accolta si passerà a votazione comunale. Accetteranno gli amici svizzeri di Uster che i cattolici stranieri esercitino il diritto di voto nella «loro» chiesa? Questo dipende anche da noi, dalla nostra presenza e capacità di sensibilizzazione. Bisognerà organizzare assemblee miste, incontri, dibattiti. In questa campagna la comunità cattolica si propone di mobilitarsi con tutti gli strumenti consentiti dalla legge e dal rispetto verso i nostri ospitanti, ma anche nella consapevolezza dei nostri diritti. Consiglio Pastorale e "Incontro" si faranno un dovere di garantire questa conquista, che, se anche di marca cattolica, sarà di tutta e per tutta l'emigrazione.

Autore:
Albino Michelin
01.05.1982

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