sabato 12 marzo 2016

DON VERZÉ, L’ELOGIO DELL’AMBIGUITÀ

Scrivere al riguardo è difficile ed anche rischioso. Significa davanti a quest'uomo, prete-manager, affrontare le sfide dell'ambiguità. Spregiudicato imprenditore o servo dei poveri? Fondatore di un ospedale e di una università di eccellenza con indirizzo scientifico-moderno, o amico dei potenti interessati e protettore dei ricercatori cattolici più spericolati? Ideatore di un'opera grandiosa o liquidatore di un immenso patrimonio umano? Santo o peccatore? Questi e molti altri gli interrogativi che si pongono dopo il crack bancarotta di un miliardo e mezzo di euro, registrato negli ultimi mesi e dopo il suicidio del suo vice o braccio destro M. Cal, avvenuto nell'estate 2011. Don Verzé per l'ospedale San Raffaele di Milano era tutto. Fondatore, presidente, padreterno, anche se a copertura aveva costituito una fondazione chiamata i "Sigillini", Monte Tabor. E' morto alla fine del 2011, in coincidenza con la scadenza della messa all'asta dell'opera, da cui si era totalmente dimesso qualche settimana prima, e che poi è passata al miglior offerente, certo Rotelli, che con i suoi 350 milioni ha spiazzato l'offerta del Vaticano, banca Jor, fermatasi ai 250 milioni. Si sa che Verzé era malato di cuore, come in pratica quasi tutti i novantenni, dato che la vecchiaia è già una malattia per se stessa. Ma forse quella frase, rivoltagli da un infermiere, suo amico sincero da un quarantennio, incontrandolo per l'ultima volta nei corridoi: "si vergogni", deve essergli stata fatale. Per non fare di ogni erba un fascio tentiamo di distinguere l'opera, il manager, il carattere. Lunedì 2 gennaio ebbi l'occasione io stesso di partecipare ai funerali celebrati al suo paese natale, Illasi in provincia di Verona, situato fra le colline del vino Soave. Ciò mi ha permesso di raccogliere materiate di prima mano, oltre a quello già in possesso dalle numerose informazioni apparse sui media.
                                   Ospedale San Raffaele, opera di avanguardia.
Estimatore, confidente, complice con Berlusconi da oltre 40 anni, Don Verzé progettò la costruzione di un'opera sanitaria all'avanguardia accanto a Milano 2, terreno acquistato dal futuro capo del Governo per ampliare il suo potentato economico. L'ospedale San Raffaele è un polo di eccellenza, primo in Italia e fra i primi in Europa per cura, assistenza, ricerca. Vedi l'impulso alle ricerche sulle cellule staminali, le espressioni simpatizzanti per l'eutanasia, l’apertura verso i preservativi allo scopo di ridurre l'Aids e le malattie infettive, la frequentazione con persone di pensiero ritenute atee, tipo M. Cacciari, E. Severino ed altre: posizioni tutte in conflitto con la gerarchia cattolica. E qui si può anche collegare la sfuriata, come al solito folkloristica di Sgarbi, che all'uscita del funerale sul sagrato della Piazza si fece il suo immancabile show: "Don Verzé va messo nella categoria dei santi. Ha creduto fermamente che la fede non è in contrasto con la scienza. Ha fatto solo del bene, ha salvato migliaia di persone, ha diffuso valori umani e cristiani evitando che la chiesa diventasse proprietaria dell'Opera (Comunione e Liberazione), e quindi si assumesse il controllo delle idee e ne impedisse lo sviluppo". Detto per la cronaca, il panegirico show si trasformò in una rissa fra il tribuno Sgarbi e l'abitante del luogo certo Soarin, sedata per l'intervento delle Forze dell'ordine. Ma anche questo predicozzo indirettamente dimostra la qualità e la bontà dell'opera. Quanto a Don Verzé manager, qui il discorso si fa più complesso e intrigante. Questo prete è morto nel pieno di una bufera giudiziaria. Si tratta, come noto, di un buco di un miliardo e mezzo di euro accumulato dalla sua fondazione. Come e a che scopo, ancora non è chiaro. Alcuni misteri l'indagato se li sarà portati nella tomba. Se risponde al vero che spesso il nostro comportamento è anche legato alle nostre origini, allora va detto che la famiglia Verzé era da tempo immemorabile lo zoccolo duro ed antico di Illasi. Benestante e possidente, la sorella più vecchia Maria aveva sposato certo Pasqua, nobile Conte di Bisceglie. Fra le tombe nel cimitero di Illasi ve ne sono due monumentali riservate alla sua genealogia con persone di spicco, per quanto si tratti di paese agricolo. Il nostro Luigi Maria (secondo nome di battesimo Maria) è nato in questo ambiente un po' con l'istinto di primo della classe, dell'eroe. Un emergente, chiamato da Dio a compiere mirabilia.
                                               Prete non per fame, ma per fama
Divenne segretario di Don Calabria, il prete veronese dei poveri, per i poveri e con i poveri, che recentemente fu fatto santo. Questi preconizzò a Don Luigi di andare a Milano, che là avrebbe fatto opere di grande successo. A Milano dopo gli anni 50 del secolo scorso, un po' cavallo di razza e poco incline alla disciplina, fu sospeso tramite le competenti autorità dall'esercizio del sacerdozio. Ma il cavallo di razza cominciò ad intrecciare relazioni con ogni tipo di gente che conta, anche spericolata e di indubbia serietà. Volle fondare e costruire un grande impero sanitario: il San Raffaele. Una cupola più ampia di quella di S. Pietro, ed una gigantesca statua dell'Angelo Raffaele più alta della Madonnina di Milano. Il denaro, almeno così sembra, entrava a palate. L'istituto sanitario era tutto uno sfolgorio, perché il fondatore predicava: “i poveri sono Gesù. Ora Gesù abita nei calici, nei tabernacoli d'oro. Così deve essere l'ospedale: l'abitazione d'oro per i sofferenti.” Il discorso in se stesso calza bene. Però non tutto l'oro andava nella direzione annunciata. Don Verzé si acquistò un aereo personale da 20 milioni di euro, in Brasile e in Sudamerica si comperò delle ville per ospitare amici e gente di mondo. Una esibizione di grande sfarzo. E già da anni per questo fu ritenuto un megalomane, cioè maniaco di cose straordinarie. Nel 2007 ebbe luogo a Lavagno, paese del veronese vicino ad Illasi, la posa della prima pietra del Quo Vadis, un istituto d'avanguardia di benessere, cerimonia a cui parteciparono Berlusconi (che Don Verzé definiva l'uomo della Provvidenza), il futuro ministro Maroni (rappresentante di Bossi), Totò Cuffaro, presidente della Regione siciliana e poi in carcere per favoreggiamento a Cosa nostra. Di qui si intuiscono le sponsorizzazione del nostro prete. In paese nel giorno dei funerali si poté raccogliere anche qualche Amarcord. Come la testimonianza di un ex titolare di un distributore di benzina del luogo che riferiva essere Don Verzé un fanatico appassionato d'auto di grossa cilindrata. Facendosi riguardo di circolare con la Ferrari, si era acquistato una Mercedes dentro la quale l’amico Enzo Ferrari di Maranello vi introdusse per regalo il motore della "Rossa". Oppure, come ebbe a dire Armando Zambaldo, ex maratoneta olimpico, ancora in piazza dopo il funerale: "un uomo che ha sempre preferito frequentare i ricchi per farsi finanziare i suoi progetti, ma certo che costruire un albergo per i parenti dei malati a 120 euro la notte non è proprio una scelta da poveri". Indubbiamente i funerali sono stati uno specchio della sua attività manageriale. Il prete manager è rimasto un re nudo. Certo la parrocchiale era stipata da una folla innumerevole, ma praticamente nessuno dei suoi fans era presente. Fanno eccezione M. Cacciari, che fra l'altro ebbe un intervento infelice allorché tirò in ballo Don Milani: "che senso ha avere le mani pulite se si tengono sempre in tasca". Ma il concetto del prete di Barbiana era un altro, cioè che le mani si devono sporcare ma non perché si cede alle lusinghe della parte meno onesta della società. Per completare la lista delle presenze: partecipò pure V. Sgarbi come sopra detto, Cinzia Confisco senatrice del PDL, e qualche amministratore di grado subalterno. Mentre al mattino nella camera ardente a Milano, avevano fatto omaggio F. Fazio ex ministro della Sanità, il cantante Albano Carrisi, il comico B. Pozzetto.
                                                    Ai funerali assenti tutti i vip
Ma gli altri potenti che hanno stregato Milano e l'Italia, di cui Verzé fu complice dov'erano? Nessuno si è fatto vedere. Mancava Berlusconi, gran padrino del San Raffaele fin dalla fondazione, l'amico del cuore da mezzo secolo. Mancava la figlia Barbara laureatasi nell'Istituto del prete Manager, mancava R. Formigoni, presidente della Regione Lombardia, il "presidentissimo vergine di Comunione e Liberazione". Non c'era Daccò, faccendiere ciellino, cioè pure membro di "Comunione e Liberazione", il movimento catto-tradizionalista, che ovunque mette piede dove sente olezzo di denaro: assente giustificato perché in carcere. Mancava Pio Pompa mandato da don Luigi al Sismi, servizio segreto militare. Mancavano tanti amici del S. Raffaele, eccetto la sua badante. Mancavano tutti i soci in odore di camorra che hanno contribuito a costruire l'ospedale. Quando la barca affonda è meglio girare al largo e che i morti seppelliscano i loro morti. Quale differenza fra questo funerale e quello di Giorgio Bocca, scrittore marxista, pure di 91 anni, deceduto qualche giorno prima. Nella chiesa di S. Vittore c'era la Milano migliore, quella che non si è mai piegata ai potenti, ai corrotti, ai corruttori, ai bancarottieri di professione. Ateo? Non credente? Ma lineare! Per quanto riguarda il carattere di Don Verzé mi pare più che sufficiente ed indicativo estrarre alcuni punti della predica tenuta alle esequie dal vescovo di Verona, Mons. G. Zenti. "Di Don Luigi prete manager si è detto di tutto, anche fuori delle righe, senza clemenza. Del fango se n'è buttato troppo. Ma senza di lui non sarebbe nata quella struttura d'eccellenza, il San Raffaele. Don Verzé forse debordava, ma ai malati voleva dare tutto. Per loro amore ha compiuto degli eccessi. Solitario come tutti i geni, ma anche disposto a riconoscere di aver esagerato. Mistico con una fede radicata nell'Eucarestia. Detestava la mediocrità. Il 16 dicembre nell'ultima lettera mi scrisse che come Gesù stava portando la sua croce". Ci sembra un ritratto rispettoso del defunto. In quanto poi all'ultima espressione varrebbe la pena essere più cauti, cioè la pretesa di paragonarsi a Gesù. Ma per lui era ovvio, uscito dalla scuola di Berlusconi, il quale dopo ogni furbata, dopo ogni citazione ai vari processi annunciava in Tv a reti unificate che anche lui era vilipeso, diffamato, messo in croce come Gesù. La Croce, il nome di Dio e dei santi a paravento dei propri interessi. Don Verzé venne tumulato in una delle due cappelle del cimitero di Illasi, riservate alla fondazione Monte Tabor. Si presume verrà trasferito nella tomba dietro l'altare della Madonna nella chiesa interna all'ospedale S. Raffaele. Esposte solo due ghirlande: quella della Moratti, ex sindaco di Milano e quella dei Siggillini. Appoggiata sulla lastra una piccola targa con la dicitura: "Sacerdote Professore Don Luigi Maria Verzé, Medico come Gesù". Indubbiamente la sua opera in favore della Sanità non si discute. Discutibile resta la domanda se il fine giustifica i mezzi, leciti o meno. Sì, perché il buco di un miliardo e mezzo era pure di proprietà dei poveri. Un augurio: che l'Opera rimanga e si sviluppi soprattutto a beneficio dei malati e degli indigenti. Ma nella trasparenza!

Autore:
Albino Michelin
27.01.2012

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