lunedì 28 marzo 2016

FRENESIA DI VISIBILITÀ: VIDEO DELL'OMICIDIO SUL WEB

Mercoledì 26 agosto nella cittadina di Moneta in Virginia (Usa) il reporter V.Falmagan ha ucciso con otto colpi di arma da fuoco la giornalista A. Parker mentre eseguiva un’intervista per una trasmissione in diretta nella TV locale, e il suo cameraman A.Ward. L’assassino ha ripreso il doppio omicidio con lo smartphone per rilanciarlo su FB e Twitter. Quindi è fuggito, si è autoripreso ancora con il suo smartphone e si è suicidato. Così omicidio e suicidio hanno fatto il giro del mondo. Inutile e quasi impossibile trovare le motivazioni: forse una resa di conti con gli ex compagni di lavoro, forse una vendetta contro quel bianco che il 17 giugno precedente aveva compiuto la strage di Charleston massacrando nove neri in una chiesa del Sud Carolina, forse delusione come afroamericano della politica verso la gente di colore da parte del presidente Obama pure afroamericano. Un mix ed un melange di motivazioni, tutti pezzi di un mosaico importante: la TV, la rete, i selfie, i social, il razzismo, la diretta, il narcisismo, la paranoia. Il vero movente probabilmente è nella convergenza di tutti questi elementi, che i delitti di questo tipo cercano pubblicità e notorietà. Per affermare ciò si collega anche ad altri episodi del genere. Come quello di Tolosa in Francia nel 2013 dove i killer avevano acquistato una videocamera indossabile per immortalare i colpi esplosi verso le vittime. Oppure quello di Parigi nel gennaio di quest’anno quando Coulibaly ha assaltato il supermercato ebraico dopo la strage di Charly Hebdo. Il nostro omicida-suicida della Virginia era consapevole che il suo film dell’orrore avrebbe toccato tutti, sarebbe arrivato ovunque, tanto più oggi che tutti hanno un cellulare con la videocamera in tasca. L’assassinio in diretta TV racconta il tempo della follia esibizionista, c’è una ricerca patologica di pubblicità in un massacro del genere. Non basta uccidere, si vuole condividere con tutti il misfatto, la bravata. Voglia senz’altro, non solo di apparire ma di sincerarsi di essere al centro della scena. Questo si desume dal fatto che V.Flamagan si è creato tutto questo montaggio con lo smartphone. Se avesse voluto semplicemente vendicarsi non lo faceva con tutto questo apparato pubblicitario. L’episodio spogliato dalla sua efferatezza estrema e non comune può rappresentare però la punta dell’iceberg ed essere emblematico anche per il nostro mondo quotidiano comune, dove la visibilità sta diventando non tanto un bisogno, ma una psicosi. Non ci interessa qui la visibilità quale fattore normale biologico, professionale, culturale-religioso. Cioè escludiamo quella della psicologia evolutiva: ogni bambino tende a salire sulla sedia ed essere il centro dell’attenzione degli adulti. Escludiamo quella professionale: ogni artigiano ha bisogno di réclame e di pubblicità per non venir tagliato fuori dalla concorrenza. Escludiamo anche quella culturale–religiosa, cioè attinente alla diffusione di una cultura o di una religione secondo il consiglio di Gesù quanto vi ho detto all’orecchio voi annunziatelo sopra i tutti (Mt.10,27). Oppure l’altro: “andate il tutto il mondo e predicate ad ogni creatura … “(Mc.16,15). Ci riferiamo qui e ci limitiamo alla visibilità personale legata alla tecnologia moderna. La convinzione che se qualcosa accade o passa in TV o nei media è più vero del vero, più vero della vita stessa, meglio della vita reale. E quindi se vuoi essere qualcuno, se vuoi valere, se vuoi influire devi diventare visibile in questo tipo di tecnologia. Ai tempi nel 1600 Cartesio diceva: “penso quindi, sono, esisto “. Oggi no: “sono visibile, quindi esisto”. Un tempo si diceva: non è importante avere, ma essere. Oggi si ribalta: “non è importante essere, ma essere visibili “. La nostra è una società dell’esibizione, dove il sapere, la cultura è diventata farsi vedere.
La visibilità investe tutto, nessuno ne resta immune. Dagli adolescenti fino alla terza e quarta età la visibilità attraverso i media, TV, twitter, blog e altri canali di rete ti fanno sentire vivo, attivo, influente. Per gli adolescenti, periodo fragile, disponibile a tutte le dipendenze e trasgressioni, è vetrina per mettersi in mostra e nel modo più becero. Ingstram dove le ragazzine 12-14 anni „postano„ le loro foto per farsi giudicare, per vincere una estenuante gara di bellezza. Se vengono cancellate si apre una piaga per tutta la vita. Con il cyber bullismo sempre in agguato, quel tipo di attacco continuo, ripetuto e sistematico, attuato mediante la rete, dove in breve la propria reputazione può uscirne danneggiata. “Maschietto nasconditi, sei senza muscoli. Femminuccia, sei già troppo grassoccia e chiattona, sparisci “. E talvolta con il cyber bullismo gli adolescenti finiscono anche per gettarsi dalla finestra o impiccarsi in cantina: conseguenze della mancata visibilità. Siamo in un mutamento antropologico che investe tutto e tutti. Anche e soprattutto i politici. Specie in Italia dove i politici (vedi Berlusconi) fanno persino i comici, e i comici (vedi Grillo) fanno i politici. E tutti sgomitano per farsi largo e trovarsi uno spazio. E poi in TV o nella rete, traboccanti di visibilità, non ti propongono un progetto politico che sia tale, ma basta loro garantirsi la notorietà. Basta che si parli, purché si parli, comunque si parli di loro. Anche i malandrini, carcerati, mafiosi, prostitute, attori di cento amori, pornostar, tutti in fibrillazione per essere intervistati ed acquisire visibilità. La voglia di apparire non conosce limiti alle volgarità nella esposizione delle proprie emozioni, sentimenti, del proprio corpo. L’uscita dalla scena mediatica per molti è la morte civile. Unica eccezione sembra quella di Papa Ratzinger, che sia pure dopo le dimissioni a vita privata, passa ancora sugli schermi, forse perché ha infranto le regole della ritualità. Un pericolo tuttavia in questo culto della propria immagine e visibilità oggi resta sempre in agguato ed è l’emulazione: cioè la voglia, il bisogno, la frenesia di ripetere per se stessi e a se stessi quanto si vede sia nel bene come nel male realizzato dagli altri, creando così nuove dipendenze a scapito della propria libertà e dei propri valori.

Autore:
Albino Michelin
28.08.2015

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