sabato 12 marzo 2016

QUANDO LE RELIGIONI SONO CREAZIONE DEGLI UOMINI

La domanda che oggi la gente sempre più si pone è a che cosa possa servire una fede e se questa sia ancora necessaria. E che cosa uno si perda disinteressandosi della fede, di una religione, di una chiesa. Senza una religione l'uomo non sarebbe più se stesso? Questa serie di domande nasce da una costatazione. Il mondo continua a migliorare, pure in mezzo a tante contraddizioni, senza riferimento diretto alla fede, anzi sembra a volte opponendovisi. Di qui nasce il sospetto che la religiosità appartenga di più alla nostra struttura psicologica soggettiva che non ad una esigenza oggettiva. Come dire: io credo perché ne ho bisogno e non perché esista un Dio, motivo del mio credere. Si nota cioè che spesso degli individui rimangono fortemente attaccati a convinzioni che, pur non rispondendo a situazioni reali e pure essendo poco ragionevoli, sono per loro una fonte di sicurezza. Così il bambino crede tenacemente al mondo delle favole, dei maghi, degli spiriti, delle streghe, dei Santa Klaus più per la sua struttura mentale che per dati obbiettivi in favore dell'esistenza di questi personaggi. Egli ha tante buone ragioni per credervi e ne riceve tutta una serie di vantaggi, dando per esempio almeno una utile, sebbene provvisoria giustificazione ai suoi desideri, alle sue paure o sensi di colpa. Però con la stessa disinvoltura abbandonerà tutto questo mondo, quando cresciuto si accorgerà che è inutile, ingenuo, perfino di impedimento alla sua maturazione e a scelte più responsabili. Non potrebbe essere altrettanto anche della religione, dei suoi simboli, dei suoi paradisi e inferni? Certo il pensiero tecnico e la cultura industriale sono nella loro natura atei, cioè prescindono se un Dio debba esistere o meno. Il mondo è mondano e solo mondano, il suo destino è affidato alla coscienza e alla responsabilità dell'uomo. Mi permetto di sottolineare coscienza. Nella cultura e nelle scienze egli ha imparato a cavarsela da solo, senza Dio. L'ipotesi Dio qui è più d'impaccio che non di aiuto. La conseguenza di quest'evoluzione è una crisi radicale delle religioni, le quali tutte sono nate e cresciute in un'epoca e ambiente agrario, e perciò venivano considerate necessarie e logiche nella civiltà preindustriale. Qui risiede il motivo di un calo generale della pratica in tutte le religioni istituzionali. Le affermazioni però su elencate necessitano di una certa analisi e distinzione fra Dio, spirito, coscienza da una parte, e fede, religione, chiese, templi, moschee, pagode e dall'altra. Questa confusione fa di ogni erba un fascio e arrischia di gettare l'acqua sporca con il bambino, cioè le espressioni storiche e mutevoli con la sostanza che è il DNA, il senso profondo dell'uomo.
                                          Altro è la religione, altro è la spiritualità.
Probabilmente metà del pianeta ha detto la parola fine alle religioni, in altra metà però si registra una effervescenza ed una rinascita. Vedi movimenti pentecostali, dello Spirito, carismatici, turismo religioso, neobuddisti e meditazioni orientali. Intanto è opportuno sapere che le religioni non esistono da sempre, non esistono nemmeno da quando l'uomo è apparso sulla terra (3 milioni di anni?). Sono di ieri, recenti, giovani. La più antica è l'induismo (pare esista da 4.500 anni), poi l'ebraismo giudaico (da 3.200 anni) su cui si è innescato il Cristianesimo di Gesù (2000 anni). Non dimenticando che secondo il pensiero di alcuni teologi cattolici non si è nemmeno certi se Gesù avesse voluto fondare una religione o un movimento spirituale. E che la prima sia stata opera specifica dell'apostolo Paolo, un autentico organizzatore. Comunque gli antropologi sostengono che le religioni più antiche siano sorte nel periodo della rivoluzione agraria (circa 10-12 mila anni fa), quando dal periodo paleolitico (antica età della pietra) di cacciatori e nomadi si è passati al neolitico di coltivatori e residenti sedentari. Qui l'umanità ha dovuto reinventare se stessa creando dei codici di comportamento che le permettessero di vivere in società con un diritto, una morale, un senso di appartenenza a beneficio della specie. Anche Mosè, il noto legislatore ebreo, si iscrive con i suoi 10 comandamenti in questa logica. In fondo è l'esigenza di senso e di esperienza trascendentale. La spiritualità però è più antica della religione. Appare con l'Homo sapiens (70-100 mila anni fa, oggi si suppone) che appunto coincideva anche con homo spiritualis. Ora l'esistenza della spiritualità sembra possibile solo se la riteniamo come emanazione da Dio, il che potrebbe essere comprovato se stiamo in ascolto della voce dell'universo e del creato. Si intuisce una presenza di Dio nel processo della cosmogenesi, cioè nel farsi evolutivo del mondo. Di un processo si tratta è non di una creazione completa e realizzata. Convinti che tale processo non è forse sempre lineare, si riscontrano involuzioni, progressi, fermate, stop, distruzioni di masse, riprese.
                                  Improbabile che gli uomini siano frutto del caso
Tuttavia guardando a ritroso, il processo rivela una direzione in avanti e verso l'alto. Ammettiamo che molti, pure fior di scienziati, rifiutino una intenzionalità ed una direzionalità dell'universo e parlino di caso. L'eventualità che noi siamo figli del caso esiste ed è di 1 seguito da 48 zeri. In matematica è numero da rompicapo, impronunciabile. Guardando a ritroso, ai 13-14 miliardi di anni seguiti al big-bang, non possiamo negare che vi sia stata una traiettoria ascendente. L'energia si è trasformata in materia, il caos è diventato generativo, la complessità è diventata vita, quindi coscienza, quindi spiritualità. Tutto nell'universo sembra essersi coordinato in maniera da permettere lo sviluppo della vita e della coscienza. La domanda inevitabile: chi ha dato l'impulso iniziale? Il nulla? Ma dal nulla nasce nulla. Segno che qualcuno, o qualcosa l’ha chiamato all'esistenza. Prima del nulla c'era il Mistero: nome che le religioni usano per esprimere ciò che chiamano Dio. L'irrompere dell'aurora, lo sbocciare di un fiore, un bimbo che nasce…. Come si può restare indifferenti? Se non ci è consentito di chiamarle prove, certo però che sono forti indizi a deporre in favore di un impulso vitale dato da un essere superiore. Se c'è un Dio egli ha creato l'universo come sovrabbondanza della sua pienezza. L'universo sta ancora nascendo e la sua espansione significa anche la rivelazione progressiva di Dio. Lo scienziato gesuita Teilhard de Chardin (+1955) sostiene che la materia stessa va spiritualizzandosi e che lo Spirito dell'uomo altro non è che il frutto di un lungo percorso attraverso tappe pazienti. Creato direttamente da Dio? Forse no. Da lui progettato come meta dell'evoluzione ed interprete della creazione, certo o probabile che sì. Quanto sopra è tentativo di dimostrare che lo Spirito dell'uomo ha un rapporto con Dio, mentre invece le religioni sono creazioni nostre. Lo spirito dell'uomo è anteriore e superiore ad esse. Le religioni sono forme storiche, mutevoli, mentre la spiritualità è una dimensione costitutiva dell'essere vissuta sì nelle religioni e nei luoghi sacri, ma anche fuori di esse. Possiamo prescindere dalla religione, ma non dalla dimensione di trascendenza dell'essere umano. Talvolta le religioni possono costituire addirittura un ostacolo a vivere la propria spiritualità. Dalla rivoluzione agraria ad oggi tutte le società sono state a modo loro religiose, rette dalla religione nelle loro strutture culturali e sociali. L'impulso religioso, la forza delle religioni è stato il motore del sistema operativo nella società. Anche nel nostro piccolo mondo, in Italia e in occidente fino al 1500-600 movimenti sociali e rivoluzioni hanno sempre avuto un supporto religioso. Tutto veniva gestito attraverso la sfera religiosa, come rivelazione e volontà di Dio, attribuendo la propria origine a Dio stesso. Ma l'intelligenza e lo spirito dell'uomo, costitutivo del suo io più profondo, ha reagito alle religioni mettendole in crisi con le loro istituzioni, riti, dogmi, obblighi di sottomissione. Alle imposizioni di una morale eterna venuta dall'alto, al controllo del pensiero, alle inquisizioni, condanne a morte e ai roghi, alla pretesa infallibilità dei capi (siano essi i sommi sacerdoti ebraici di ieri, i visir, gli imman, i papi di oggi). Ed ancora ha reagito alle interpretazioni unilaterali della volontà di Dio, proclamata dai vari libri sacri, al premio e castigo di un giudice universale. Sappiamo che di fronte a queste strutture dottrinali e rigide la gente abbandona, o è tentata di abbandonare religioni e luoghi di culto. Sia ben chiaro, non solo cattolici. Non si vuole qui fare un autoesame di coscienza: è un problema trasversale, eccezione fatta per le religioni rimaste agrarie (tipo forse l'animismo africano). O le religioni ritornano a rileggersi, rifondarsi quali espressioni dello Spirito dell'uomo e della sua spiritualità più profonda, oppure arrischiano caduta libera. Per fare un esempio, Spirito e spiritualità rappresentano il tronco, le religioni i rami. Lo spirito sarebbe la costante o il genere che permane, le religioni invece sarebbero le variabili o le espressioni, che potrebbero anche mutare o sparire.
                                   Dalla rivoluzione agraria a quella scientifica
All'inizio abbiamo accennato esservi stata una grossa rivoluzione religiosa con l'avvento della civiltà agraria, qualche decina di millenni di anni fa, la seconda rivoluzione pare stia avvenendo oggi con il passaggio dalla civiltà agraria a quella industriale e postmoderna. Perciò o le religioni si "reinventano" oppure diventano insignificanti. Il cattolicesimo ha intuito la situazione verso il 1960, organizzandosi un Concilio ecumenico. Poi però è tornato al ripensamento, tutti in difesa davanti al portiere. Forse la paura di dare spazio allo Spirito, alla spiritualità dell'uomo. Se in difesa invece non si ripiegherà, le religioni potranno scongiurare la loro fine, o la fuoriuscita di un sempre maggior numero di adepti delusi.

Autore:
Albino Michelin
09.06.2012

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