lunedì 14 marzo 2016

LA SPIRITUALITÀ DEGLI ATEI

L’affermazione pare una contraddizione, ma solo a prima vista. Se la si considera scevra da pregiudizi e preconcetti non la si troverà così scontata. Anche sul significato del vocabolo “ateo” vi sono molte confusioni e diversità. Ad esempio nulla a che vedere con anticlericale, nel senso che quest’ultimo non rifiuta un rapporto con dio, ma col clero, o perché uscito da esperienze polemiche, o perché lo ritiene un potere autoreferenziale, o perché preferisce fare da sé, cioè andare direttamente a Dio senza intermediari. Ateo ancora nulla a che vedere con “non praticante”. In effetti se per caso ci si mette a discutere con qualcuno che non frequenta i riti, i gruppi di riferimento religioso e gli si appiccica l’etichetta di ateo, lo si vede reagire quasi oltraggiato. Esiste oggi una serie di atei che potremmo definire parziali come quando si sente qualcuno affermare di non credere al Dio del Vecchio Testamento, di non credere al Dio della Bibbia, al Dio di Maometto, di Budda, o degli Indù. Atei in fondo costoro non sono, perché ammettono di avere un rapporto con un essere assoluto, al di sopra delle parti, non categoricamente definito e codificato, come lo vorrebbe a modo suo ogni religione. In effetti potrebbero anche avere loro ragione perché ogni descrizione su Dio in genere non è una definizione, ma una limitazione. E’ un tentativo, quasi inutile, perché il modo migliore per capire Dio forse è il silenzio. Premessa questa precisazione si potrebbero distinguere atei positivi e atei negativi. Anche questa un po’ teorica e libresca. L’ateo positivo sarebbe colui che avrebbe delle prove per dimostrare che Dio non esiste, quello negativo sarebbe chi non ha prove sufficienti per dimostrare che Dio esiste. A suo tempo nel 1200 San Tommaso D’Aquino, dottore universale della Chiesa, tentò di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso cinque vie, basate non tanto sulla fede, ma sulla ragione umana. Nella prima spiega ad esempio che in questo mondo tutto è movimento, vedi nell’universo e nella natura creata. Allora ne deduce la necessità di un “motore primo”, di una scintilla iniziale che ne avrebbe dato il via e lo chiama Dio. Pure nella quarta in cui costata che tutte le realtà esistono come ordinate ad un fine, ad esempio la pianta con il fine di produrre sempre lo stesso frutto, pur non essendo intelligente. Oppure la legge di gravità, per cui un sasso lanciato in aria non prende il volo ma tende e cade verso il basso. E conclude che qualcuno tutto abbia dotato e diretto verso un fine. Questo qualcuno egli lo chiama Dio. A 900 anni di distanza lo stesso concetto venne rielaborato da Teilhard de Chardin (+1955), il san Tommaso dei tempi moderni, ed egli apre la frontiera non tanto dal creazionismo fissato da Dio, ma dell’evoluzionismo intelligente, animato dallo Spirito di Dio. Come noto, J.Monod biologo ateo, premio Nobel 1968, è di tutt’altro avviso. Cioè il mondo è frutto del caso, di aggregazioni chimiche, si sviluppa e si mantiene per una necessità intrinseca, istaurata fra le singole parti. Con un’ovvia obbiezione dalla parte opposta, che un biologo non è un tuttologo e non può varcare frontiere e spazi propri di altre discipline complementari. Anche S. Agostino verso il 400 d.C. ha tentato di dare una prova dell’esistenza di Dio chiamata a priori, cioè non potremmo cercare Dio se non avessimo in qualche modo la nozione o il sentimento della sua esistenza. Dio è un’idea innata come esigenza fondamentale del pensiero. Celebre la sua frase: ”inquieto è il cuor nostro finché non risposa in te”. E anche qui i filosofi atei degli ultimi due secoli ribattono che in tal caso Dio sarebbe creato dal nostro bisogno di sicurezza, una proiezione del nostro desiderio, cioè un’illusione consolatoria. In effetti Dio è morto, aggiungeva Nietzsche. Dobbiamo ammettere che lungo la storia della Chiesa gli atei sono sempre stati denigrati e con ostilità financo perseguitati, perché considerati immorali e pericolosi. Ci riferiamo all’editto di Teodosio 385 d.C. il quale prescrive che chi rifiuta di essere cristiano o è uno stolto o un demente, per cui oltre che con la giustizia divina dovrà fare i conti anche con la giustizia umana. Ed è da questo momento che la chiesa cattolica, in precedenza dall’impero romano perseguitata, diventa a sua volta in parte essa stessa persecutrice. Un salto al tempo attuale: Teodosio è il precursore dei nostri contemporanei teocon, cioè dei cattolici ultraconservatori ed intransigenti come i gruppi Opus Dei, Comunione e Liberazione, Legionari di Cristo.ecc.
                                              La fede e la morale degli atei.
Limitiamoci ad un‘analisi dei veri atei convinti, quelli non proselitisti, non polemici, per i quali Dio non esiste, in quanto logicamente non dimostrabile. Le statistiche parlano di un miliardo e duecento milioni su 7 miliardi di abitanti. Una cifra che va presa con le dovute interpretazioni, in quanto al loro interno esiste una galassia di sfumature. In tutti i casi vi è oggi un diverso approccio nei confronti degli atei. Infatti è recente l’uscita di una collana editoriale di studi sulla “Spiritualità senza Dio”, diretta dal sociologo L.Barzano, di cui un interessante saggio “Spiritualità per atei” di Comte-Sponville. In sintesi: che cosa resta quando si rinuncia alla fede. L’ateo alla domanda se esiste Dio risponde: ”non lo so”. Se crede in Dio risponde: ”siccome non so se esista, quindi non ci credo”. Rifiuta la trascendenza (esistenza di un Dio, dell’aldilà) ma crede fortemente nell’immanenza, (nell’aldiquà), con serietà prende e vive oggi, in questo momento le realtà di questo mondo. La fede senza Dio è fedeltà qui. Più che una fede dopo la morte, è un’etica qui, ora. I veri atei, non quelli degli slogan, sostengono di avere una fede addirittura dogmatica nell’aldiquà. Non per il fatto di non credere in Dio rifiutano ad esempio il messaggio evangelico se in Europa, o il messaggio di Maometto se in Arabia, o quello di Budda se in Asia. Se si rinuncia ad un Dio chiaro e definito, non è un motivo per rinunciare a tutti i valori che abbiamo in comune, tramandati nel nostro mondo geografico. Se fossimo nati in Cina, saremmo debitori di altri valori di quelli che abbiamo ereditato in occidente. Fedeltà all’immanenza per l’ateo significa credere nell’universo e in questa umanità, anziché in Dio, ed agire con dogmatico rispetto dell’etica e della moralità. Significa fare il bene per un senso del dovere interiore e non per obbedire a Dio. Gratuita e infondata è l’affermazione di Dostoevskij: ”Se Dio non esiste, tutto è permesso”. Vi sono atei estremamente corretti, di un’etica personale, familiare, sociale ineccepibile, a volte molto più di certi credenti fedeli a Dio e ai santi suoi. L’ateo non spera, perché sostiene che chi spera nell’aldilà non è felice, e chi è felice quaggiù teme di perdere la felicità da un momento all’altro, quindi è sempre o spesso in ansia. L’ateo invece può essere una persona serena nella sua spiritualità. La spiritualità, che molte religioni ignorano o non prendono sul serio (in quanto considerata un hobby e non il fondamento di ogni religione, anzi di ogni fede), è la vita dello spirito, è silenzio, interruzione delle banalità, è mistero, è persino mistica, sospensione del tempo, della nostra conflittualità e schizofrenia interiore, è identità con se stessi, immersione nell’universo come la goccia d’acqua nell’oceano. L’ateo non prega, ma contempla, non si prostra ad adorare gli idoli, ma medita, seduto e rilassato, busto eretto. Il tutto frutto anche di un esercizio fisico, come lo zen, la respirazione, la liberazione dell’energia. Ovviamente come avviene nella spiritualità degli orientali che non credono in un Dio personale, mentre noi occidentali pragmatici e super produttivi, assenti da noi stessi, viviamo sempre con i nervi a fior di pelle e sprecati nelle futilità.
Personalmente io credo nel Dio di Gesù, perché sono stato così educato e ho interiorizzato questa fede. Ma non mi sento superiore a chi fosse nato in altro continente o professasse l’ateismo. Anche se Dio non lo si vede e non lo si tocca, ci credo come esiste la luce che non vedo e non tocco, ma attraverso la quale tutto vedo e tutto tocco. Come esiste l’amore che non si misura e non si pesa, ma che tutto muove e a tutto dà un senso. Non penso che Dio sia morto, sono morte e speriamo moriranno tutte le sue maschere. Però gli atei e l’ateismo hanno pure loro un messaggio che può esserci di riferimento e di riflessione, fino al punto che di un certo ateismo tutti abbiamo bisogno.

Autore:
Albino Michelin
29.09.2012

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