sabato 20 giugno 2015

DOPO LA MORTE SOPRAVVIVENZA O FINE DELLE ILLUSIONI?

Che l’uomo dopo la morte continui e, sopravviva nella cosiddetta vita eterna è un dubbio che da sempre ha assillato l’umanità e anche oggi, ancorché rimossa   e derubricata   nell'apparente   indifferenza, riemerge   sotto   altre   forme, magari, sostitutive, superstiziose, banalizzanti.  La risposta cioè viene rinviata, ma non eliminata.  Di recente in diversi quotidiani svizzeri è apparsa la conclusione di un’inchiesta sull’argomento. Sono state intervistate circa 1100 persone, dislocate in diversi cantoni, di diversa   estrazione sociale, di diverse etnie. Riassumendo in cifre tonde: l'80% si è dichiarato religioso, il 15% crede alla vita eterna, il 15% ad una certa continuità nell’aldilà, il 25 % non si pone il problema, il 25% dichiara che con la morte finisce tutto, il 9% spera nella   reincarnazione. Indubbiamente le risposte a tale tipo di inchieste vanno sempre un po' relativizzate, dipendono anche dal tempo a disposizione, dalla situazione psicologica, e da altre circostanze. Comunque  orientativamente sono indicative .In questo articolo non ci interessa elencare le   forme di sussistenza o sopravvivenza dopo la morte: se per metempsicosi , cioè trasmigrazione dell'anima  da un corpo  all'altro,  se a  forma  di  scheol, cioè  specie  di sotterraneo in cui  albergano i defunti  ridotti  a  larve come per  gli ebrei, a  forma di Ade  come  per  i classici greci  o romani, se a  forma di  inferi  come per  la discesa  di Gesù dopo il  venerdì santo, se a  forma  di Paradiso, purgatorio,  inferno,  come per  i  cristiani , se a forma di reincarnazione in a altre vite inferiori  o  superiori,  in riferimento  al  comportamento tenuto  nell'esistenza  terrena.  Qui a noi interessa la realtà ultima: se cioè dopo la morte resti permanente la nostra identità personale, sia pure priva di questo nostro attuale corpo.  E qui vi sono diverse opinioni. Apparizioni, prove dell’aldilà?  Molti indipendentemente dalla religione di appartenenza sembrano tenere la pillola della certezza in tasca.  L’aldilà esiste perché lo dimostrerebbero fatti inequivocabili.  Esempi: il ritorno dall’oltretomba, cioè da uno stato di coma permanente. Alcuni con nostalgia   raccontano di un mondo meraviglioso fatto di luci, suoni, musiche divine, mondo nel quale vorrebbero rientrare. Al riguardo libri come «La vita oltre la vita» circolano a dovizia, anzi in continuo aumento. Oppure i fenomeni di spiritismo, voci d’oltretomba, medium, ecc. o bioplasma comunicatisi da persona a persona, tavolini o oggetti semoventi. Per non parlare, altro   esempio, delle cosiddette apparizioni di santi e Madonne sotto varie forme e sembianze dal medioevo in poi: Lourdes, Fatima, Vergine delle lacrime, Mediugorje. Terra, colline, boschi, fiumi, fontane popolate da celesti messaggeri. Aggiungiamo, altro caso, fenomeni satanici, possessioni diaboliche, esorcismi, e via di questo passo. Indubbiamente in tale congerie di fenomeni andrebbe fatta pure una certa selezione. Perché nel primo caso chi ritorna dal coma, non torna dall’aldilà, ma dall'aldiquà. Quindi non prova nulla a favore di una eventuale sopravvivenza ed esistenza eterna. Sui fenomeni addebitati all'influsso satanico andrebbe riservato un discorso a parte, cioè prove di un altro mondo dove i cattivi siano condannati in eterno. Sulle apparizioni e messaggi ultraterreni forse il discorso va fatto con più attenzione. Per quanto nessuno di noi sia obbligato a crederci e resti libero di ascriverli ad allucinazioni personali o collettive il discorso potrebbe restare aperto. Cioè, più che una prova potrebbero costituire un indizio che qualcosa al di fuori e al di là del nostro presente possa esistere.  Parliamo di indizio e non di prova. Spesso anche a noi capita di dire che la nostra gioia è così grande che sprizza fuori dai pori della pelle. Trasponiamo l’esempio. Perché non si potrebbe   pensare   che   il «divino» riempia   talmente   la nostra creazione e la nostra umanità che talvolta per sovrabbondanza non sprizzi fuori dal suo contesto normale rendendosi visibile, udibile e   tangibile a noi? La domanda resta aperta, ma a priori non si può negare che questo rappresenti un indizio. 
                           Vita eterna, proiezione del nostro istinto di sopravvivenza?
Ciò premesso non vanno sottovalutate le obbiezioni che ci vengono poste da coloro che negano la sopravvivenza o che hanno grosse difficoltà nell'accettarla. La maggioranza così concettualizza la propria posizione, che poi altro non è che quella espressa già dal filosofo tedesco Feuerbach (1804-1872). La religione è una proiezione dell'istinto di sopravvivenza nell’uomo, anzi è un suo prodotto.  L'uomo si crea Dio a sua immagine e somiglianza.  L'uomo costatando di   essere debole, impotente, indifeso, frustrato si crea un Dio che nell’aldilà gli garantirà sicurezza, felicità, eternità. Per completezza a questa teoria possiamo aggiungere anche quella di Marx (1818 -1883). Egli sostiene che la religione è l'oppio dei popoli. Afferma che i potenti, i detentori   della ricchezza, i sapienti detentori della scienza, il clero detentore del sacro, e di tutto ciò che attorno vi circola, per garantire la conservazione dei loro diritti raccomandano al popolo pazienza, sottomissione, silenzio, rinuncia, sacrificio. Così dopo la morte verrà abbondantemente ripagato con il paradiso eterno. La religione e la sopravvivenza diventano una specie di droga che rende sopportabile e meno amara questa valle di lacrime. Entrambe le posizioni sembrano però troppo modeste per poter esaurire il potenziale continuamente rinascente della speranza. E qui si pone una serie di domande: escludere a priori un Dio e un aldilà non sarebbe ateismo arrogante? Questo istinto all'autoconservazione, alla felicità piena non potrebbe avere fondamento e una meta reale?  L’aldilà sarebbe solo un appagamento di antichi desideri infantili, di fantasie ancestrali dell'umanità?   Sarebbe «soltanto» questo, oppure «anche» questo? Certo dal desiderio della sopravvivenza non ne consegue che essa necessariamente vi sia. Ma nemmeno ne consegue che essa non vi sia, e che tutto finisca nel nulla. Ai desideri millenari dell'uomo iniziati con le raffigurazioni di risorti nelle caverne, sino alle nostre selezioni televisive, che ci rendono immortali per altri versi, può seguire anche il nulla e la delusione delle illusioni, però potrebbe seguire anche l’opposto, la sopravvivenza. La nostra ragione umana non è in grado di offrire una dimostrazione convincente, ma seppure riesce a dimostrare il contrario. Non è certo esatto sostenere l'esistenza dell'aldilà solo perché la si desidera ma è altrettanto sbagliato sostenere che non esiste solo perché non la si desidera o non ci interessa. Ripetiamo che non esistono prove scientifiche per affermare l’esistenza dell'aldilà e della sopravvivenza come non esistano prove scientifiche per escluderla. Abbiamo degli indizi, però sono maggiori e più numerosi quelli che potrebbero comprovarla, mentre sono minori quelli che potrebbero negarla. Come si vede, qui si va in fiducia, ma in una fiducia motivata razionalmente, cioè non si va alla cieca. E' quindi motivato osare un sì fiducioso nei confronti di tale evento. Queste considerazioni ci portano a ridurre alquanto l'importanza del Venerdì Santo, del Calvario, della Passione per dare risalto maggiore alla Pasqua, alla Risurrezione, alla sopravvivenza. Facciamo troppe battaglie attorno al crocefisso, simbolo tardivo nel cristianesimo, mentre si vedono pochissimi simboli di Cristo risorto. Carenza totale nelle case e nelle famiglie dove giganteggiano Padre Pio e tutte le schiere dei santi e beati ma nessun Cristo risorto. Culto del dolorismo senza speranza. La Risurrezione di Gesù invece è il simbolo che il dolore e la morte non avrebbero nel mondo l'ultima parola: è speranza sufficientemente fondata!

Autore:
Albino Michelin
01.12.2006

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