venerdì 19 giugno 2015

RUOLO DELLA STAMPA ITALIANA IN SVIZZERA

"Ruolo della stampa di lingua italiana e diritto all'informazione degli elettori all'estero". Forse più estensivo sarebbe stato titolarlo "dei lettori all'estero". Circa una quarantina i partecipanti all’assemblea di inizio maggio 2003 compresi i relatori, che nella loro esposizione si rivelarono altamente qualificati: Franco Narducci segretario del Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero) ed altri. Organizzato dal “Corriere degli italiani” mancavano però altre testate importanti come L’Eco. Il che diede luogo a qualche osservazione, cui Giangi Creti tentò di rispondere che questa giornata di studio costituisce l'unica occasione per incontrare gli addetti ai lavori e tutti gli interessati al problema. Cui si aggiunse il presidente dell'associazione Antonio Spadacini sottolineando l'importanza di proporre anche in futuro tali occasioni, anche se la presente non avesse conseguito gli obiettivi di programma. Rimane comunque la sensazione che questo sia stato più un convegno della stampa cattolica in Svizzera.
                                                                 Numeri e testate
Bruno Zoratto diede una relazione dettagliata sulla galassia sconosciuta della stampa e media italiani nel mondo. Restando ai dati del 2001 abbiamo un patrimonio inestimabile di 390 testate, 113 giornali e riviste per una tiratura annua di oltre 100 milioni di copie, di oltre 150 radio con 178 mila ore annue, di 29 televisioni con oltre 28 mila ore di trasmissioni annue, che impegnano quasi 2.500 dipendenti, la metà dei quali a tempo pieno. Tutto questo patrimonio fu sostenuto dalla misera somma di due miliardi di vecchie lire, diventati nel 2002 quattro, ma sempre insufficienti per il ruolo e la funzione della nostra stampa periodica. Il Ministro addetto al settore ha chiesto addirittura l'aumento di 10 miliardi. Tralasciamo alcuni dettagli relativi alla tiratura e ai finanziamenti destinati alla nostra stampa di Svizzera. In ordine alfabetico giova comunque elencare le 4 testate dei settimanali principali: Corriere degli Italiani, L'Eco, La Pagina, Rinascita. Inoltre le due riviste: Agora e Dialogo. Ulteriori informazioni nella circostanza potrebbero risultare indiscrete.   
                                                                   Ancora utile? 
Sulla domanda si costata una diversità di opinioni. Una dubbiosa, così esemplificabile: fra i 350.000 italiani Svizzera 150 mila sono forse della seconda generazione, con scarsa conoscenza della nostra lingua e della nostra storia. Questa diventa sempre più un panda in estinzione. L'altra risposta più robusta e maggiormente condivisa: l'italofonia (la parlata italiana) denuncia in Svizzera un calo vistoso. Tocca alla stampa di emigrazione sostenerle ed evitare un impoverimento culturale. Le occasioni immediate non mancano, come ad esempio una chiara illustrazione sull'esercizio di voto nelle proprie residenze all'estero. Altre occasioni non mancheranno. Importante è comunque per il futuro ripensare il concetto di informazione e disinformazione. Ad esempio limitare al massimo fatti di cronaca che oggi la gente viene a conoscere attraverso centinaia di canali televisivi a domicilio per specializzarsi invece sul commento e sull'interpretazione agli stessi. Ogni settimanale secondo la sua ottica e i suoi punti di vista. Cosi anche le nostre testate in terra elvetica pur correndo su binari paralleli evitano l'omologazione e notizie doppione. Non ha importanza la destra e la sinistra perché ogni osservatorio da cui si affronta la realtà è portatore di un messaggio specifico. Non basta dunque raccogliere la notizia, ma bisogna crearla con una propria visione e motivazione.
                                                               Bollettini di missione
Nel Convegno del '99 Giangi Cretti disse: "la stampa dei missionari è una potenza terrificante ". Beh, dal punto di vista della quantità si, dal punto di vista della qualità il discorso si presta a degli interrogativi. Indubbiamente però la stampa confessionale, cioè i bollettini parrocchiali, hanno il grosso vantaggio del radicamento nell'ambiente. Costruiscono cioè, indipendentemente dai loro contenuti, un rapporto capillare con la comunità. Si parla di 100 mila copie inviate alle singole famiglie. Però si registra un movimento inverso e quello registrabile nelle testate laiche. Mentre queste aumentano a livello regionale e vengono sempre maggiormente sovvenzionate dalle varie istituzioni allo scopo di rafforzare l’identità e la democrazia, come conoscenza e analisi di realtà circoscritte, i bollettini di missione invece vanno scomparendo o accorpandosi o addirittura fondendosi con il Corriere nazionale, il quale spesso è infarcito di orari religiosi, messe e pellegrinaggi, come se la pastorale potesse quantificarsi ed esaurirsi nel "precetto" festivo. l bollettini di missione dovrebbero costituire gli avvocati a tutti i livelli di una comunità, diversamente svantaggiata e abbandonata. Meraviglia e stupisce in effetti come grosse missioni locali quali Zurigo e Uster abbiano liquidato il loro mensile nell'unico foglio di categoria (Corriere d.l.), facendo perdere alla gente il senso della propria identità locale. La difficoltà finanziaria nel caso potrebbe essere solo una scusa, bisogna chiederci dove preferiamo investire i nostri soldi, in quale pulpito.
                                                                Par condicio
Gli italiani in Svizzera hanno il diritto di venire informati e tutte le aggregazioni (Centri, Missioni, Associazioni) hanno il dovere di informare. Questo dovere compete in primis alle missioni, anche per coerenza al titolo del Convegno. Orbene anche se testate dei nostri settimanali esistesse una litigiosità sotterranea (ammesso e non concesso), le missioni dovrebbero dare esempio di imparzialità e di apertura. In molte missioni non vengono esposti al pubblico certi settimanali perché di destra e contengono discorsi sui preti pedofili, altri perché di sinistra a difendere i pacifisti e sfoggiare poppe e chiappe delle star del momento, altri perché senza identità pubblicano articoli di qualche missionario in cerca di protagonismo e vittima di frustrazioni. Insomma o per un motivo o per un altro vengono cestinati settimanali non graditi al prete. E così si istaura un clima di oscurantismo, di ghettismo culturale, di arretratezza. Solo il Corriere degli Italiani deve campeggiare, magari distribuito ancora alle porte delle chiese quale buona stampa da suore, formichine e galoppini. Non ci passa neanche per la mente che questo tipo di lettori potrebbero essere soltanto delle anime morte. Solo il Corriere degli italiani deve esibirsi nelle sale delle Missioni fra libricini di P. Pio, coroncine del Rosario, novene di S. Antonio. Va bene cosi, ma non solo così!  
                                                             Un terzo convegno? 
Certo sarebbe utile, evitando però di parlarsi addosso. Anzitutto andrebbe preceduto da uno studio preliminare sui contenuti del "Corriere d.I.". In effetti al presente la sua linea è un po’ troppo involutiva, di restaurazione. Cioè non cattolico, se per cattolico intendiamo universale, aperto al confronto, al dibattito, alla diversità di opinioni in campo ecclesiale, a tribuna dei lettori franca e alternativa in un dissenso costruttivo. Esso è figlio di 90 padroni (missionari, suore, operatori pastorali) portati più alla conservazione del vecchio che alla ricerca del nuovo, figli di una società che ci manipola verso una pigrizia intellettuale di comodo. C’è da complimentarsi con il suo direttore se riesce a stare in equilibrio con tanti binocoli puntati e cecchini pronti a sparare. Premesso tale esame dei propri contenuti andrebbe sollecitato un organismo super partes; composto da Comites, Consigli Generali, Consolati per la programmazione di un tale convegno. Facendo però attenzione che non sia il Corriere ad invitare le altre testate, ridotte cosi a semplici scaldabanchi ed elementi decorativi, ma che tutte le testate stesse siano partner a pari diritto e opportunità. Come si vede, è un problema di modi e non di sostanza. Ma con ciò se ne avvantaggerebbe tutta la stampa e particolarmente gli italiani in Svizzera che quali destinatari hanno il diritto all’informazione e alla formazione.

Autore:
Albino Michelin
25.05.2003

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