giovedì 18 giugno 2015

SUI PRETI PEDOFILI: IN DIFESA DEL CARDINALE LAW

Con le dimissioni presentate al Papa da parte del Card. Bernard Francis Law di Boston il 13.12.02 è rimbalzato ancora una volta alla pubblica opinione il caso americano dei preti pedofili. Non vale la pena qui ripetere quanto già apparso su "Rinascita" del 19.4.02 dal titolo "traditori della chiesa?” con un interrogativo d’obbligo, in quanto le componenti interne al fenomeno sembravano e sembrano non siano tutte da addebitare agli accusati e distinguevo nell’articolo quattro aspetti: i fatti, le responsabilità, la colpevolezza, la terapia. Il caso delle dimissioni dell'alto prelato portano invece a trattare questo fenomeno deplorevole da un'altra ottica. Certamente il motivo immediato è quello della bancarotta finanziaria. La sua diocesi è crivellata da 456 cause intentate a carico di altrettanti ecclesiastici. Le vittime chiedono giustizia ma attraverso risarcimento finanziario. Sei anni or sono nella diocesi di Dallas il tribunale addossò alla chiesa locale l'indennizzo di 120 milioni di dollari, ma si riuscì ad evitare il tracollo tramite patteggiamento. Questa volta no. Per cui Law ha dovuto dichiarare fallimento e ritirarsi pe un lungo periodo in un monastero. Certo il cardinale non è stato accusato di pedofilia, ma di silenzio prolungato intorno ad una piaga scoppiata alla fine in metastasi sociale. Altri hanno calcato la mano, come sempre avviene in casi del genere, addebitandogli copertura e omertà. Con alcuni, di sponda però opposta, sono del parere che questo Pastore di Boston va capito, anche se non scusato. Egli è stato fedele agli insegnamenti ricevuti: "i panni sporchi, si lavano in famiglia, non vanno mai fatti trapelare i peccati degli uomini di chiesa". La chiesa deve apparire ovunque integra e incontaminata nel suo look e nella sua visibilità. Unica punizione del colpevole in casi del genere veniva rappresentata dalla soluzione di trasferimento silenzioso del colpevole da una parrocchia ad un'altra e tutto si poteva sistemare.
Allora perché gettare la croce tutta addosso a quest'uomo? Egli è stato il servo fedele e ubbidiente esecutore degli ordini dell’istituzione di appartenenza. Chi lo obbligava a fare il primo della classe, il gallo cedrone, il bastian contrario, il profeta di sventure, l'eroe destinato alla forca, a svendere la propria pelle prendendo in contropiede la pubblica opinione e denunciando in anticipo questa pericolosa situazione? Tale interrogativo piuttosto va girato a tutti i credenti, a tutto il popolo di Dio, dalla base al vertice, che usciamo da una scuola di mistero e tutto rendiamo misterioso, tabuizzato, inaccessibile, intoccabile, impronunciabile. Ricordiamo come alcuni anni or sono (1998) erano apparse sulla stampa cattolica USA informazioni che davano 34 mila su 85 mila le suore vittime di abusi sessuali, una cifra del 40%. Il 9% di costoro dichiarava di averli subiti da parte di ecclesiastici. Calato repentino silenzio per non dare alla faccenda un profilo sensazionalistico. Due anni fa notizie identiche o similari provennero dall'Africa tramite il "Reporter cattolico nazionale", autorevoli interventi della chiesa hanno consigliato di archiviare l'incidente sostenendo trattarsi delle solite fonti anticlericali, anticristo e massoni smaniosi di seminare discredito nei suoi confronti. Tutti appigli per una campagna diffamatoria contro quest'istituzione. lo stesso all'epoca mi autocensurai e rinunciai a trattare l'argomento onde evitarmi il giudizio di "civetta sullo sterco" e per un dovuto rispetto alla categoria missionaria di appartenenza. Improvvisamente da qualche settore della chiesa esplode un’anticrociata a tappeto „tolleranza zero verso i preti pedofili". Insomma una specie di esecuzione capitale, così di punto in bianco? Tentiamo una spiegazione. Nell'antico diritto romano circolava un adagio: "nessuno è tenuto ad accusare se stesso". Per quanto quel codice fosse stato emanato da uomini del potere in favore del potere (su un milioni di abitanti allora 900 mila erano gli schiavi senza diritti e solo 100 mila cittadini a pieni diritti) esso voleva evidenziare l'idea che in tribunale tocca all'accusatore dimostrare la colpevolezza dell'indagato, non è l'accusato a dover dimostrare la propria innocenza. Tale principio però è scivolato anche nel costume, diventando in parte norma morale d'azione. Con la conseguenza che nessuno sarebbe tenuto a confessare alla società la propria colpa, e le colpe del proprio gruppo, istituzione, ecc.  anzi potrebbe cautelarsi di fronte a tutti nascondendo deviazioni e trasgressioni, sia pur lesive a terze persone. Infatti anche la chiesa nella sua storia ha sempre insegnato in materia sessuale o di pedofilia il silenzio onde evitare lo scandalo e la perdita di credibilità. Meno si parlava, meglio era. La bocca tappata era più efficace della denuncia. Certo oggi si dovrebbe anche riuscire a ricuperare un uso cristiano degli scandali, ma si vede che allora i tempi non erano ancora maturi. Gli attuali interventi della gerarchia in fatto di pedofilia del clero ci dicono che la politica dello struzzo non paga più. Oggi il bene della chiesa non viene più salvaguardato dall’omertà ma dalla trasparenza e dalla sincerità. Le condizioni sociali e il mutamento dei tempi hanno apportato una maggior sensibilità verso il prossimo, il dovere di rendere a ciascuno il suo diritto, uomo o donna che sia, indipendentemente dalla classe sociale.
Questo, lo si voglia o no, è anche frutto delle spinte provenienti dalla moralità laica. Dio cammina anche con il mondo e non solo nella chiesa cattolica e cristiana. Talvolta, come nel caso del fenomeno in discussione, mondo e morale laica vanno anche ringraziati per il loro contributo all'onestà di tutti.   

Autore:
Albino Michelin
31.01.2003

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