venerdì 19 giugno 2015

TRA VANGELO E DENARO

II rapporto prete-soldi non è mai stato idilliaco nella sensibilità della gente. In effetti, anche ad un prete si perdonano tante cose, come lo sposarsi, ma non gli si perdona l'attaccamento al dio mammona. Disturba ·sentire qualcuno che anziché chiamare il proprio parroco con il nome di battesimo lo definisce ed individua con un "don palanca". Non andiamo a spaziare su orizzonti troppo vasti, restiamo nei confini elvetici. Si sa che è come gettare un sasso in piccionaia o in un vespaio, ma se non si è trasparenti in questo settore ogni elogio alla missionarietà diventa retorica bolsa. Due episodi. Il primo si riferisce ad un  missionario in Svizzera che dopo 5 anni torna in Italia. Don Pompilio Pati di Lucerna, origine tarantina, il quale per ben due anni venne nella mia parrocchia per una conversazione mensile sulla Bibbia, rinunciando esplicitamente all'onorario, alle spese di materiale, all'indennizzo viaggio. Questo rapporto di relatività   con   il denaro ha lasciato positiva per non dire ottima impressione alla nostra comunità cattolica. Il secondo episodio sta all'altro estremo, di opposto tenore. Mercoledì 29 gennaio 2003 in un convegno di spiritualità per i missionari di Svizzera tenutosi a Como, si riscaldò dopo cena un’animata discussione in un gruppo di nove preti e due operatrici pastorali. Tema dell'improvvisato dibattito: "se un missionario competente in una determinata materia possa tenere una conferenza formativa in un’altra comunità del territorio e offrirla gratuitamente nel caso che egli (missionario) sia mensilmente stipendiato dalle tasse di culto". Un no su entrambi i fronti. Non vogliamo pronunciarci sul primo. Saremmo però dell'opinione che certi muri di Berlino fra di noi dovrebbero cadere superando eventuali gelosie, d'altronde innate fra tutti i mortali. Questo fronte però chiaramente ci sorprende. Che un sacerdote stipendiato a Fr. 6'000 mensili debba venir ulteriormente foraggiato con Fr. 300 (tale la cifra nel dibattito decantata) per una conferenza da tenersi in altra missione può anche scandalizzare. Caso diverso ovviamente se il relatore fosse un libero professionista, senza lavoro fisso, senza mensile, nel qual caso il discorso cambierebbe. Ma tale non era il nostro in discussione. Legittima meraviglia fa alla nostra gente il sapere che in alcuni Cantoni della Svizzera i missionari ricevono uno stipendio di Fr. 5-6 mila al mese e in altri 2.500, roba da fame. La spiegazione sta nel fatto che in determinati cantoni esiste l'obbligo delle tasse del culto (dietro votazione popolare) ed in altri (Ticino e territorio romando) no. Al di là di questa spiegazione ci si deve chiedere: premesso che ogni operaio e quindi anche ogni prete è degno della sua mercede, non si dovrebbe fra missionari equiparare lo stipendio in modo che tutti si arrivi sui 4.000 franchi, senza essere costretti a fondazioni locali aleatorie oppure mettersi a vendere candele di S. Antonio o medagliette del santo patrono?  Spiritualità del denaro non significa anche uguaglianza professionale? Restringiamo il discorso ai missionari stipendiati dalle tasse di culto. Intanto sarebbe strano se la nostra gente non fosse informata sulle modalità e sull'ammontare del nostro mensile. In effetti esso proviene dai loro contributi. ln secondo luogo: dato che con tale sistema finanziario i cattolici hanno diritto gratuitamente a tutte le prestazioni come battesimi, matrimoni, funerali, ecc. avrebbe senso accettare offerte in occasione di questi gesti o celebrazioni di messe?  Vi sono missionari che nel loro comune (tasse del culto obbligatorie) annunciano che chi desidera fare un'offerta nelle circostanze su citate è invitato ad andare alla Posta, prendersi un vaglia e destinare libera aliquota, scopo beneficenza, senza passare attraverso il prete. E’ anche buona pedagogia religiosa abituare la gente a cogliere essa stessa le necessità di questo povero mondo, indipendente da controllo e dalla tutela dei sacri ministri. Se no che significa maturare i laici?  Ulteriore quesito. Sul fattore denaro il missionario italiano è spesso confrontato con le amministrazioni finanziarie della chiesa svizzera locale, oggi più che mai animate dal sacro furore di risparmiare sulla pelle dei cattolici stranieri. Potremmo anche convenire che il modo di gestire i fondi delle tasse del culto è penalizzante per le attività di missione. Ma detto e straripetuto questo, se la situazione si sblocca e se si vuole garantire un prosieguo di tali iniziative, al missionario non resta che mettere per primo mano al proprio portafoglio e al proprio stipendio. Il discorso qui si connette anche con gli Ordini e le Congregazioni religiose, Gesuiti, Francescani, Salesiani, Scalabriniani cui molti sacerdoti di Svizzera appartengono. Questi, come noto, sono vincolati dal voto di povertà. Il che significa, non capitalizzare il futuro a proprio favore e devolvere lo stipendio, trattenuta per se una ragionevole aliquota, all'Istituzione. Indubbiamente si tratta di armonizzare la povertà del privato con l’opulenza dell'Istituzione stessa. Tanto per citare un'opinione popolare che dice: "poveri sono i frati ma ricchi sono i loro conventi. La mia esperienza di missionario Scalabrini (in Svizzera siamo circa una ventina) mi insegna che la nostra Congregazione investe in progetti umanitari, terzomondisti che giustificano teoricamente e praticamente la nostra mensile solidarietà economica. D'altra parte però ci consente anche un margine per la carità e sostegno alla comunità di cui siamo animatori. Ad esempio: è utile che il Missionario pure lui sostenga le associazioni locali, paghi il biglietto di entrata alle varie feste, rinunci a privilegi ed esenzioni. Il prete stipendiato che fa l'uomo fra gli uomini lascia un segno positivo. Altro quesito: preti pensionati e denaro. Che dei missionari ultrasettantenni accettino uno   stipendio del 100% lascia perplessi.  Anche se lavorano a tempo pieno non possono certo rendere come un trentenne od un cinquantenne. Qualcuno suggerisce di acchiapparlo tutto ugualmente e poi darlo ai poveri. Ma questa è la solita furberia all'italiana, abituati come siamo ad approfittare del denaro pubblico. Non è da ministri del vangelo.  Però ad onor del vero non si dimentichi il caso di nostri missionari che finanziano iniziative encomiabili nei paesi terzi, come costruzione di scuole, asili, ricoveri, pozzi ecc. Indipendentemente dal fatto che tale doppia emigrazione apostolica può essere gratificante (basta un fischio per vedersi attorniati da un nugolo di bimbi di colore) assai più che restare a tempo pieno qui a zappare qui nel deserto dove nessuno o quasi ti ascolta, sarebbe degno di rispetto titolare queste opere a nome delle missioni di Svizzera che le sostengono. Tentazione da combattere quella di dedicarle al leader o prete che, così facendo vola sopra i sacrifici delle comunità stesse. Se no, è sempre Napoleone a vincere le guerre e costruirsi monumenti, mentre sono ì soldati a morire ignorati. Come pure il diffondere rotocalchi lussuosi inneggianti alle proprie benemerenze d'oltreoceano con il sostegno di banche, sponsor, istituti di credito anziché consigliare queste lobby a devolvere l’equivalente per ulteriori opere assistenziali a favore delle popolazioni povere. Come si vede, difficile anche per noi missionari evangelizzare ed evangelizzarci soldi alla mano. Ma è solo attraverso la spiritualità in questo settore che si potra’ migliorare la sostanza delle nostre comunità pastorali, con grande beneficio pure di tutta la cattolicità italiana emigrata in Svizzera.

Autore:
Albino Michelin
04.04.2003 

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