martedì 16 giugno 2015

PADRE PIO IL SANTO DEI DOLLARI E DEI DOLORI

Nell'ultimo numero di "Rinascita" (307 del 9.5.03) è apparso un articolo a firma di Marcello Veneziani dal titolo “Frati   e chiesa non s'erano sempre amati”. Poiché in Italia ogni piccolo o grande incidente attorno a P. Pio diventa enorme molto più del caso Fiat, ci si permetta di ritornare sull’episodio completandolo da un altro punto di vista. Ormai la frittata è fatta: il Vaticano ha deciso di espropriare i frati cappuccini di S. Giovanni Rotondo(Foggia) da tutte le opere riguardanti il loro santo e santuario, soltanto secondo al mondo per il numero dei pellegrini dopo quello della Madonna di Guadalupe. Questo è la Benares dell’oriente induista, è la Lourdes del terzo millennio. Prima di ogni giudizio sommario va anzitutto sottolineata un’opera di alto valore umanitario costituitasi attorno alla figura di questo frate, cioè “la Casa di sollievo della sofferenza”, un ospedale con oltre   mille posti e 60 mila ricoveri all’anno. Però a fare del bene in questo mondo ci si puo’ arrivare in tante maniere e attraverso tante strade, non certamente attraverso il mercato nero. E questo purtroppo è il lato debole di tutto l’impero finanziario di S. Giovanni Rotondo. Il Vaticano è intervenuto: il controllo finanziario d’ora in poi sarà di una spettanza tramite il nuovo vescovo di Manfredonia, Domenico D’Ambrosio. Ai cappuccini resta la gestione, cioè dire messa, confessare, distribuire benedizioni, e accontentarsi di una minestrina al giorno. La decisione è recente, risale solo al 4 maggio u.s. Si sono accavallate innumerevoli interpretazioni. Chi sostiene che i frati non garantirono trasparenza, chi invece va verso l’ardita ipotesi che il Vaticano metta sempre le mani sulle galline dalle uova d’oro. Forse, anche al Vaticano il tesoro di P. Pio fa gola (e qui Papa Wojtyla, estimatore del santo, non c'entra), e al Vaticano non c'è frateria sulla terra che possa resistere. Comunque il dado è tratto e i buoni religiosi, anche se feriti, si dichiarano obbedienti. L’occasione però ci cade a pennello per una doverosa osservazione: questo è un ambiente, un territorio, un santuario da risanare. Già qualche anno fa si ebbe un crac da 9 miliardi, frutto di offerte di fedeli, consumato dai frati con un bancarottiere molisano, certo Nicola Avarino. In questa repubblica indipendente se ne vedono di tutti i colori, peggio o meglio che a Las Vegas. Fiera d’altoparlanti e di mercanti, gadget fuorvianti come il profumo di P. Pio, business delle messe, statue di bronzo e di gesso alte due metri, tagliaunghie con l’effigie del frate, accendini, tovaglioli, salvadanai, statuine fosforescenti, simulacri imbiancati da fiocchi di neve, pannolini di neonati con il santino del taumaturgo, mercimoni d’indulgenza. In mancanza di riformatori contemporanei un Lutero di 5 secoli fa sarebbe da inventare. Per di piu’ l’uomo dei dolori ridimensionato e ridotto a facile formato su misura dei boss, dei divi, delle star, delle veline che versando una piccola parcella dei loro lauti guadagni aggiustano ii conti con il Padre eterno, con la propria coscienza e con i poveri del mondo. Certo non si puo’ fare di ogni erba un fascio, non tutto è ciarpame, non sono tutti dei curiosi i pellegrini, dei creduloni, dei feticisti da cui prendere le distanze, ma l’ambiente porta forzatamente a queste sbandate. Per cui è giusto attendere dal Vaticano un secondo passo (dopo il primo le cui finalità prestano il fianco a delle ambiguità e dispute sul potere temporale): cioè smobilitare il baraccone e trasformare S. Giovanni Rotondo in un vero luogo di testimonianza cristiana. Girando tutta l’Italia, in tutti o quasi i paesi di emigrazione fino a Selinunte e Mazzara del Vallo, mi ci sono trovato bene dovunque. Ma a San Giovanni Rotondo non ci sono mai andato, né mi sono sentito invogliato. Che gli eventuali devoti comprendano questa difficoltà e mi concedano questa libertà di pensiero, cioè di stare con coloro che preferiscono un Gesù’ senza miracoli, che scaccia i mercanti dal tempio piuttosto che con P. Pio dai miracoli a josa nel degrado però di una religione ridotta ad un supermercato del sacro.

Autore:
Albino Michelin
16.05.2003

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