mercoledì 24 giugno 2015

LE SANTE MESSE CHE DIO IGNORA

Un episodio emblematico tipico del cattolicesimo all’italiana è avvenuto il 4 novembre 2008. Nel comprensorio di Villafranca padovana, nel Veneto bianco, sagrestia d'Italia. Ma questa volta si tratta addirittura di una sfida alla religione di Stato, quindi un fatto di maturità, estremamente raro da quelle parti dove vive l'ossequio "Servitor suo, signor si". Fatto misfatto: le maestre, o una buona parte, non portarono quel giovedì gli scolari alla messa dell'anniversario. Si, perché un'ordinanza governativa, forse non proprio ma giù di lì esige che un'ora di scuola venga sostituita dalla Santa Messa, perché il 4 novembre cade il 90° anniversario della Vittoria. O con parafrasi più morbida: la fine della prima guerra mondiale 1914-18. Quindi tutti a ringraziare il "Gott mit uns" (Dio con noi), salmo di conio teutonico, ma d’impiego bipartisan, entrato cioè anche nel vocabolario italico-latino. Da qualche anno questa data si era riusciti a farla passare sotto l’uscio ed in effetti con tacito consenso filava verso la totale dimenticanza ed archiviazione. Ma ecco il rigurgito del manipolo dei nostalgici nell’'attuale Governo di Centro Destra, ad opera in verità della sua componente Destra Nazionale. Il 4 novembre, secondo costoro e secondo il Ministro della Difesa Ignazio La Russa, deve ritornare come il 25 aprile e il 2 giugno nella bacheca delle feste nazionali. Magari con una bella sfilata come il 2 giugno di tutte le forze armate, con un cardinale prelato a fianco del presidente della Repubblica a testimoniare che in Italia Chiesa-Politica sono un binomio inscindibile, che il significato delle guerre passate nella storia non sono esorcizzate e che i carri armati vanno ancora benedetti con copiosa acqua santa lustrale. L’espressione sarà anche un po' retorica, però il 4 novembre si è pure disturbato il su nominato Ministro della Difesa con l'invio di un messaggio di solidarietà al sindaco del comprensorio, ed i solerti difensori della Patria hanno pure chiesto al Ministro della Pubblica Istruzione M. Stella Gelmini di allontanare dall'insegnamento i maestri e professori che con il loro sciopero nei confronti della Santa Messa hanno inferto uno sfregio indegno all'Italia cattolica, alla Patria tutta. Disgraziatamente poi per gli scandalizzati si trattò di un chiasso gratuito in quanto la legge Dpr 316/1974 recita: "Atti di culto in orario scolastico e fuori dell'edificio devono essere deliberati dal Consiglio dell'Istituto con rappresentanti dei genitori". Consiglio che però in antecedenza aveva deciso di non adempiere a tale obbligo. Che poi gli strepiti dei catto-fanatici qualche risultato l'abbiano ottenuto pare anche dal momento che la Giunta Regionale del Veneto intende fare un'epurazione nelle scuole del comprensorio che avrebbero boicottato il rito religioso, il santo sacrificio della Croce. Ma è una vittoria di Pirro, perché così tutto finirà in una bolla di sapone.
                                 La messa non va celebrata per commemorare una vittoria 
ma per opporsi a tutte le guerre. Motivi di fondo? Anzitutto la Messa non è un atto decorativo da esibire in tutto le salse mondane e da svilire in cerimonie dalle finalità discutibili. La Messa è l'esperienza individuale e comunitaria della Cena del Signore, dell'ultima, nella quale egli comandò ai suoi di quel tempo e di questo tempo di mangiare e di condividere il suo pane con tutti, come simbolo di rispetto, di fratellanza, di reciproca unità. E noi ci vorremmo di fronte a questo sublime messaggio, lasciatoci in eredità alla vigilia della morte in croce, affibbiare una messa d'obbligo il 4 novembre per ringraziare il Signore di averci regalato nel 1918 una bella vittoria contro i tedeschi, dopo la carneficina e gli affogamenti avvenuti nel Piave e sul Monte Grappa, dove ancor oggi i turisti si incontrano con le ossa e gli scheletri dei vinti? E al di fuori di questi territori di guerra quanti sono altrove e in famiglia rimasti mutilati, mogli vedove, bambini orfani? Una domanda a noi italiani, sempre abituati al circo del dolore spettacolo: è accettabile che un morto italiano   valga più di cento morti negri od iracheni? Solo noi siamo i buoni e i bravi che lasciamo mogli, figli, fidanzate, una casa, una patria?  Gli altri, i "nemici" non lasciano pure loro sul campo di battaglia una famiglia, una casa, dei bambini, una patria?  E quale prelato si degna di celebrare loro una messa o indirizzare una preghiera? Ed avremmo il coraggio di celebrare una messa di ringraziamento per la vittoria contro i figli della Germania, che dopo tutto ci sono doppiamente fratelli perché pure cristiani come noi, testimoni dello stesso vangelo?  Il nostro attuale mondo dei credenti, quello specialmente dei costruttori di pace, non dimentica che la prima guerra mondiale resta un'inutile strage, come ebbe a dire Papa Benedetto XV nel 1917 anche se con altre finalità e sottintesi. La nostra attuale recidiva retorica bolsa si permette di definire eroi e di commemorare come tali quei poveracci mandati come carne da macello a morire per un pezzo di terra che si poteva ottenere anche senza l'entrata in guerra dell'Italia. 650 mila i nostri morti connazionali senza contare gli invalidi. Il metodo migliore per onorare i morti della prima guerra mondiale e di tutte le guerre, Iraq compreso, non è celebrare messe d'obbligo ma impegnarsi a qualsiasi livello a non preparare altre guerre, a non spendere miliardi per ulteriori armamenti, al contrario investire invece sulla scuola, la sanità, la giustizia. Mentre il 4 novembre 2008 ci informa che prossimamente saranno aumentati i militari italiani di 1.555 unità e gli insegnanti-maestri diminuiranno di 90 mila. Vada per i fannulloni, ma mica tutti saranno tali.
                                   Un Stato laico non dovrebbe imporre una messa scolastica
Meglio far saltare le contraddizioni della messa d'obbligo al 4 novembre. Ad esempio vendere armi e nello stesso raccogliere fondi per le vittime di quelle armi ha un senso? Ma qui salta tutto l’alfabeto etico del Vangelo. Come la Fin meccanica, principale leader armeria italiana, 60 mila dipendenti, fatturato annuo di oltre 10 miliardi di euro che ha venduto recentemente aerei militari al Marocco (ai tanto vilipesi marocchini vù compra) per 130 milioni di euro e poi si autoassolve girando 300 mila euro per le cure d'aids in Africa. Ritorniamo sulla domanda: una messa del 4 novembre verrebbe celebrata per mettere in discussione queste ipocrisie tipiche del nostro mondo cattolico italiano oppure continuiamo a seminare ignoranza ed abusare della credulità popolare? Diversamente queste sono preghiere che Dio non ascolta, messa che Dio stesso è il primo a disertare. In effetti non è dello stile di Dio accettare voti e devozioni quale copertura alla nostra fame di espansione, delle nostre rapine nei territori altrui. Dio non benedice né l'Italia, né l'America, né la Regina, né il nostro popolo, ma solo chi pratica la giustizia è a lui gradito. Queste preghiere e messe pagane frutto della volonta di potenza terrena non lo toccano minimamente anche se durante le nostre sante messe celebrate lungo i secoli lo abbiamo invocato come "Dio degli eserciti". Se è per questi motivi, sia pure impliciti ed inespressi che nel comprensorio di Villafranca Padovana alcuni insegnanti hanno rinunciato alla messa scolastica del 4 novembre, vada l'ammirazione ed il sostegno da parte di molti credenti italiani, costruttori di pace, che rifiutano l'orpello del clericalismo di Stato.   

Autore:
Albino Michelin
19.12.2008

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