venerdì 17 luglio 2015

26 DONNE CHIEDONO L'ABOLIZIONE DEL CELIBATO DEI PRETI

Oggi   dentro e fuori il cattolicesimo stanno aumentando sempre più le voci favorevoli alla soppressione del celibato obbligatorio dei ministri del culto. 26 donne innamorate di preti hanno scritto recentemente un documento congiunto a Papa Francesco confidandogli    la devastante sofferenza che lacera la loro anima e dei loro compagni sacerdoti causa il divieto di sposarsi. Indubbiamente non è la democrazia cioè la quantità dei pro o contro che giustifica l’esistenza o la conservazione di una legge morale, ma le motivazioni che ne stanno alla base e all’origine. Il recente Codice di Diritto ecclesiastico edito da Papa Wojtyla nel 1983 al canone 277 chiude con catenaccio a doppia mandata questo discorso: ”I chierici (= preti) sono tenuti all’obbligo di conservare la continenza perfetta e perpetua per il Regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, dono particolare di Dio, mediante il quale possono aderire più facilmente a Cristo con cuore indiviso e dedicarsi più liberamente al servizio di Dio e degli uomini. Perciò evitino ogni familiarità (=con donne) che possa mettere in pericolo la loro continenza e causare scandalo. Ma Papa Francesco toglie il catenaccio a doppia mandata, e di ritorno dal viaggio in Israele afferma che il celibato non essendo un dogma di fede, la porta resta sempre aperta. E anche il suo segretario di Stato Mons. Pietro Parolin l’8 settembre del 13, in qualità di nunzio apostolico in Venezuela, dichiarò che il celibato obbligatorio dei preti non è un dogma della Chiesa e si può ridiscutere perché è di tradizione ecclesiastica. Per evitare che la gente sull’argomento continui con parole al vento, va distinto il piano della convenienza storica o meno da quello del Vangelo di Gesù. Che il celibato possa essere un dono per la comunità d’accordo, a patto che sia liberamente scelto. Ma si può imporre a tutti i preti ciò che Gesù, fondatore del Cristianesimo, non ha mai imposto ai suoi discepoli e loro successori? Una modesta osservazione diretta alla chiesa, anche recente, è che i fedeli sono “ignoranti” e confusi perché mai a loro è stato spiegata l’origine e il processo storico di tale obbligazione. La prima legge ufficiale in merito è tardiva, risale al 1139 nel secondo Concilio Lateranense. Veramente anche in antecedenza se n’era accennato e precisamente nel Concilio di Elvira, IV secolo, ma più per motivi economici, cioè che mantenere un prete single è facile, mantenere uno sposato con famiglia numerosa diventa complicato. Quali le ragioni di questa involuzione? La prima riguarda la purezza legale che proibiva rapporti sessuali prima di celebrare la messa e per i laici anche prima di ricevere la comunione. La seconda proviene dal dualismo platonico, cioè risalente alla dottrina del filosofo pagano greco Platone tre secoli prima di Cristo, il quale sosteneva che il corpo va mortificato quale ostacolo alla salvezza dell’anima e che questa va salvata anche a detrimento del corpo. Quindi la vita celibe veniva considerata come un plusvalore di fronte al matrimonio. Il corpo entrava in gioco solo per fare figli. Oppure “il matrimonio è per la truppa, mentre il celibato è per gli ufficiali” come affermava qualche decennio fa il santo fondatore della potente Opus Dei. La terza ragione chiama in causa ovviamente la donna. La demonizzazione della donna, ritenuta tentatrice, lasciva, libidinosa, passionale, sensuale, porta del diavolo, partner di Satana, in grado di condurre l’uomo alla perdizione, come predicavano i padri della chiesa. Ovvio che tutto ciò non deve indurre ad una critica globale del passato, ma collocare nella mentalità del tempo, allo scopo però di operare una evoluzione concepita addirittura come un ritorno alle origine autentiche del pensiero di Gesù. Basta accontentarsi di Paolo, vissuto poco più tardi del Maestro e considerato il primo organizzatore della chiesa nelle sue strutture essenziali. Scriveva: ”il vescovo deve essere irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento, ma benevolo, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la sua casa e i figli, perché chi non sa guidare la propria famiglia come potrà guidare la chiesa di Dio?”. Questo testo non è firmato da un movimento cristiano progressista, testa calda o contestatore dei nostri giorni che rivendica la soppressione del celibato obbligatorio dei sacerdoti, ma è tratto dalla prima lettera a Timoteo. Per Paolo e quindi per Gesù non c’è nessuna connessione essenziale fra celibato obbligatorio e sacerdozio. Gesù dice:” non potete servire a due padroni”. Non intendeva a Dio e alla donna moglie, ma a Dio e al denaro.

Autore:
Albino Michelin
30.07.2014

Nessun commento:

Posta un commento