martedì 7 luglio 2015

A BERLUSCONI DIVORZIATO LA COMUNIONE IN MONDOVISIONE

Nel settimanale «Oggi» del 25.1.06 è stata pubblicata una foto di Silvio Berlusconi, Presidente del Governo italiano, che si accosta con nonchalange alla comunione, gesto che fatalmente ha destato fra i cattolici credenti (pochi o molti non ha importanza) una serie di recriminazioni per l'onta inferta ai divorziati del comune ceto mortale. A scrivere di questi argomenti si sa di camminare sui carboni ardenti però sono di incoraggiamento lettere come la seguente: «Caro Albino, ci siamo conosciuti nei lontani anni '60-'70. In treno   Milano-Basilea sto leggendo il tuo articolo sul settimanale italo-svizzero “Rinascita”. L'età non ti ha ossidato, sei rimasto come sempre, conformista nell'anticonformismo. Ma dai pennellate d'autore, con spirito graffiante, sempre costruttivo. Non sei un politico di quelli che parlano ore senza dir nulla, non sacrifichi la sostanza di ciò che vuoi comunicare alla forma espressiva, tu arrivi alle anime più che alle strutture. Chi non ti conosce e ti legge per la prima volta rimane perplesso, chi ti conosce o ti legge la seconda volta non può non entrare e non percorrere un sentiero di fede vera ed autentica". (A. L. Reinach).
Aggiungo che l'interlocutore è un credente dalla formazione essenziale, per niente pacioso devozionale, e pure praticante. Premetto questo perché nell'argomento in questione intenderei contribuire con una riflessione ragionata e pacata.
                         Messa senza comunione è come sedersi a tavola senza mangiare
Dunque il 21 gennaio 2006 Silvio Berlusconi, circondato dalle guardie del corpo, riceve la comunione dalle mani del vescovo di Tunisi, Mons. Faud Twal, durante la messa funebre di Bettino Craxi, in gremita cattedrale, sotto i riflettori di tutte le televisioni del mondo. E' noto che il Berlusconi nazionale è risposato con Veronica Lario dopo il divorzio da Carla Dall'Oglio. Una foto clamorosa che doveva rimanere nascosta, perché secondo le leggi della Chiesa un divorziato è pubblico peccatore, come cattolico deve frequentare la messa festiva, ma non ricevere la comunione. A meno che non si comporti come fratello e sorella. Non sembra essere questo il caso suo dal momento che Berlusconi qualche settimana fa promise di indossare la cintura di castità per darsi corpo e anima alla politica in vista delle prossime elezioni. Il che significa che prima la cintura di castità non la portava. Tra le innumerevoli critiche provenienti dai cattolici facciamo un po' di ordine. Anzitutto la Messa è la esperienza della Cena del Signore. Gesù non ha fatto quella volta una serie di preghiere e alla conclusione come dessert distribuito pane e vino. Al contrario egli ha invitato alla sua tavola del pane e del vino arricchendo l'evento di riflessioni, preghiere, canti. Ci si muove da casa per andare a ricevere il pane del Signore. Se no, se si tratta di pregare si può pure restarsene in camera propria. Di conseguenza la Messa non è come il cacio sui maccheroni, una cerimonia che si possa buttare là in tutte le occasioni, in una parata militare, in una sagra paesana in una kermesse da circo. E chi riceve il pane del Signore lo fa perché ci crede, non perché rappresenta lo stato, la nazione, chissà chi, gente senza arte né parte. Di qui ci si domanda pure che senso abbiano le Messe celebrate fra militari che vanno in guerra, che scopo abbiano cappellani e vescovi militari, a che pro le messe pompose dopo lo sterminio di nemici. Per Craxi e per quel mondo indifferenziato sarebbe stata più opportuna una Messa oppure una liturgia religiosa senza messa e senza comunione? Altra considerazione invitare ed obbligare la gente alla messa e proibire loro la comunione è come invitare uno al ristorante e togliergli il piatto dal tavolo. E' un'asserzione ormai trita e ritrita ma che vale la pena ripetere. Quindi se si vuole mandare i divorziati dietro la lavagna e condannarli allo sciopero della fame sarebbe conveniente non invitarli e tanto meno obbligarli al precetto domenicale. Non si può metterli alla gogna, alla berlina, additarli a tutti come irregolari e fuori legge.
                                             La chiesa è una comunità non un regime
 La cosiddetta cura pastorale dei divorziati risposati (ovviamente esclusi dalla comunione) non deve essere motivata dalla solita compassione pelosa da parte degli uomini di chiesa. Discorsi come «la chiesa è vicina alla vostra sofferenza, ma non può accogliervi alla mensa eucaristica» sa di autosufficienza e rischia di cadere nell'ipocrisia. Cito un caso fra i molti a mia conoscenza. A Breganze (Vicenza) esiste un gruppo di risposati dal titolo «Animati dalla Parola». Essi si incontrano una volta al mese, perché in fondo non vogliono perdere Dio del tutto. Il Vescovo diocesano li onora pure di una visitina con devozione e relativo buffetto: «fate i bravi, ma non fate la comunione. Non potete farla, perché il vostro secondo matrimonio, convivenza è una disubbidienza sacramentale». Mi scusino lor signori, sta predichetta sa un po' di sfritto. Si dirà che lungo la storia la chiesa è sempre stata fedele alla tradizione della indissolubilità, non ha mai concesso eccezioni, a costo pure di perdere poteri e ricchezze. Anche qui evitiamo affermazioni generiche ed antistoriche. Fino al quarto secolo con S. Agostino era pure concesso un secondo matrimonio. Poi: è vero che nel 1535 Papa Clemente VII scomunicò Enrico VIII, non permettendogli un secondo matrimonio con Anna Bolena e causando lo scisma d'Inghilterra, ma è altrettanto vero che nel Natale dell'800 Papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero nonostante avesse 5 mogli, sei concubine e 20 figli, non si sa da dove piovuti, e dichiarato dal precedente Papa Stefano III sposo legittimo, marito esemplare. Ma un dubbio pure ci sorge nella testa degli storici: che cioè Clemente VII preferì perdere l'Inghilterra piuttosto che la Spagna, in quanto l’inglese Enrico VIII ripudiò la cattolica spagnola Caterina d'Aragona. E il dubbio che a Carlo Magno tutto si perdonò perché alla chiesa portò in regalo non solo devozioni e reliquie a non finire, ma tanti regni e imperi.  Probabilmente anche a ciò pensava Papa Wojtyla, a questi due grossi incidenti di percorso dovuti a interessi mondani, quando nel 2000 domandò perdono al mondo per le colpe della chiesa o degli uomini di chiesa lungo i secoli. Il discorso sui divorziati va fatto nella logica di Gesù il quale invitò sì e senz'altro all'indissolubilità del matrimonio ma come ideale e non come obbligo giuridico. Gesù non disse mai: «guai a voi divorziati!» ma spesse volte «guai a voi o ricchi». E abbiamo invece che nelle nostre chiese i divorziati sono cacciati dalla comunione, mentre ricchi, banchieri, truffatori, truffaldini, mafiosi hanno il diritto ai primi banchi e al pane degli angeli. E pure con tanti auguri di buona continuazione. Rammento che quando Gesù incontrò un lebbroso saltò di pari passo la legge religiosa di Mosè che gl'impediva di conversare con l'immondo. Anzi lo toccò e lo guardi. Così è per il risposato credente di fronte alla comunione, anche se il paragone con il lebbroso suona chiara offesa. La differenza sta tutta qui: che per Gesù la sua chiesa è una comunità di misericordia, per noi talvolta è solo un regime di inclusione o di espulsione.
                                   Evitare conflitti fra il potere di Dio e quello del clero.
Si dice che Berlusconi facendosi la comunione in mondovisione è stato scoperto con le mani nel sacco. Membri della gerarchia cattolica ovviamente interpellati sulla stampa e in Tv sul perché a lui «sì» e agli altri nullatenenti «no» ci diedero risposte un po' imbarazzate. D'altronde non può essere diversamente. C'è chi disse che la comunione è un premio agli onesti, chi un diritto ai deboli, chi innocentò il vescovo di Tunisi perché forse non conosceva il Berlusconi in quanto divorziato, chi infine aprì la finestra per una bella ventata d'aria. Cioè affermò che di ognuno va vista la propria coscienza. Certo a parlare di coscienza agli italiani si arrischia di essere protestanti, quasi che questi fossero dei libertini. Ovvio che vi è dovunque il pericolo dell'abuso, di finire nell'arbitrio personale, ma in definitiva l'abuso non toglie mai l'uso. Se un paziente invece di una pastiglia di sonniferi ne prende una boccetta e si addormenta per sempre non toglie il fatto che il tranquillante per la maggioranza e in dosi adeguata è terapeutico. In questo dissenso va evitata la contrapposizione fra potere di Dio e potere del clero. Alla fine dei conti è sempre la propria coscienza l'ultima voce di Dio (Paolo ai Romani 14,12) non la voce del clero o della legge. Essa è senz'altro necessaria, ma penultima, orientativa e direttiva. Quindi se Berlusconi ha fatto la comunione non in quanto capo di stato, né per cerimoniale ma perché in coscienza la riteneva necessaria all'anima sua, va dato atto e rispettata la sua coscienza. A patto di trarne le conseguenze anche per tutti i berlusconi (b minuscola) di questo mondo. Non è più accettabile sentire che un prete salti la comunione ad un credente divorziato, né che i divorziati vengano consigliati a fare la comunione lontano dal mondo, in cappelle private, sottoscale, o andarsene nelle foibe. E' umiliante. Gli uomini di chiesa non per contestazione alla stessa ma per amore verso di lei dovrebbero qui darsi una mossa e parlare chiaramente alla luce del sole. Per finire mi sia consentita una perla, una chicca che non ci fa onore, viene dalla stampa. Il parroco di Marcellinara (Catanzaro) Giuseppe Mazzotta, il 19.7.05 rifiutò il funerale religioso alla signora Maria Talarico perché convivente con un divorziato. L'uomo di Dio annunciò che così egli aveva rispettato le norme della Chiesa. Nulla da eccepire (Canone 184,3) per chi mette l'uomo a servizio della legge, anziché (come Gesù) la legge al servizio dell'uomo. Si disse e si scrisse che la maggioranza del paese era d'accordo col prete. Solo l'assessore comunale Mario Paraboschi uscì allo scoperto con una critica diretta: «Sono perplesso su questa scelta». Finalmente una voce evangelica! Solo, troppo solo? Certo una rondine non fa primavera, ma può annunciare che una cera primavera potrebbe essere vicina.  

Autore:
Albino Michelin
17.02.2006   

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