domenica 12 luglio 2015

A PADOVA RITORNA LA CONTESA SUL CROCEFISSO

A Padova il neoeletto sindaco Massimo Bitonci dopo la tornata elettorale del 9 giugno 2014 si è subito affrettato a indire la prima riforma: l’obbligo dell’esposizione del crocefisso in tutte le     aule scolastiche. Operazione finanziata dal Comune, ovviamente con i soldi dei contribuenti, anche dei cittadini non cattolici, cioè dai musulmani, buddisti, ortodossi, animisti africani. Baluardo a difesa della cristianità. Il   nostro Bitonci rincara le sue riforme: non viene concessa la palestra alla comunità islamica in occasione del Ramadan. Bitonci, di estrazione Lega veneta, imparentato con il Centro Destra, è come tutte le nostre Destre e da sempre vessillifero dei valori cristiani e della chiesa. Come ovvio, non per motivi di fede, ma perché i poteri forti si sostengono sempre a vicenda e si barattano i privilegi. Allorché sindaco di Cittadella, un grosso borgo nel padovano, dal 2002 al 2012, Bitonci aveva già fatto parlare di sé per diverse iniziative discutibili come il veto all’apertura dei negozi kebab e l’ordinanza che prevedeva un reddito minimo per risiedere nel territorio del comune. Ovviamente questi interventi toccano anche l’anima della religione cristiana, pur sapendo che in quella regione la maggioranza sono cristiani di parte cattolica, la quale condivide appieno le idee del suo rappresentante. Qualche voce invece di legittima contestazione si è fatta sentire, fra le altre quella di Adriano Toniolo, vescovo di Chioggia, città confinante, il quale scrisse francamente che quella del crocefisso non è una battaglia in favore della fede e della chiesa. I criteri per difendere i valori cristiani sono ben altri. Porre il crocefisso a simbolo dell’identità veneta è per lo meno discutibile. E poi che c’entra la politica con i simboli religiosi. Il crocefisso è un simbolo di fede libera, la sua esposizione pubblica non deve essere obbligata da nessuna legge statale o costituzionale. Tutt’al piu’ andrebbe lasciata ad una rappresentanza di genitori i cui figli frequentano una determinata struttura. E invece il tempo, cioè l’ultimo decennio è passato invano. E si ritorna a trattare il crocefisso come oggetto di battaglia ideologica. Di libertà per i cattolici, ma con l’intento di emarginare ed escludere socialmente i fedeli di altri culti. Il sindaco padovano dimentica l’evoluzione ed il nuovo corso, instaurato anche da Papa Francesco, che cioè la strumentalizzazione del sacro non appartiene o non dovrebbe più appartenere alla mentalità della chiesa dei cattolici. A Bitonci si affianca ovviamente M. Salvini, segretario del partito Lega Nord che proclama di non riconoscersi in una chiesa che ha favorito l’invasione islamica. Al limite si puo’ anche rispondere che se a Salvini non va questa chiesa, se ne puo’ costruire un’altra su misura, e quindi rinunciare al diritto di parlare in nome della comunità cattolica. Certo il sindaco voleva assicurare il suo elettorato e accattivarsi la simpatia di qualche o di molti intolleranti. Nasce però il dubbio che ciò possa contribuire alla coesione di una comunità che accoglie nel suo seno quasi 90 mila immigrati residenti, la maggioranza di fede islamica e seguace della parola del Corano. Se viene loro persino fatto divieto di pregare in palestra, quale alternativa si offre? Questi non sono gesti includenti, ma escludenti, e quindi motivo di possibili reazioni e microcriminalità. Il bel crocefisso obbligatorio è un cinguettante capolavoro da mettere pure nel twitter, ma la sorte dei valori cristiani non è affidata alla solidità dei chiodi cui è appeso il Cristo. La scristianizzazione, il laicismo, l’amoralità avanzano perché i cristiani l’hanno staccato non da quel legno, ma dalla loro coscienza, dall’anima. Questi simboli, seri e densi di storia e di significato, non vanno attaccati soltanto sui muri, o sulle giacche quanto vanno impressi ed espressi nella propria vita. Non c’è più bisogno di questo portachiavi o portafortuna, di questi spot pro cattolicesimo proselitista. E poi quella croce che Bitonci vuole esporre dovunque, non solo nelle scuole, ma forse anche negli uffici postali, nei bar, nei sottoscala…con quelle braccia aperte chiama soltanto all’accoglienza, alla fraternità, a fare gruppo e coesione, alla condivisione. Erano decisamente piaciute alcune pubbliche esternazioni che il neosindaco aveva pronunciato in occasione della festa patronale di S. Antonio da Padova il 13 giugno “Ricordiamoci di mantenere sempre aperti il nostro cuore e con esso le porte di Padova.” Ma il santo dei miracoli fu pure lui un emigrato, proveniva da Lisbona Portogallo e arrivò lì verso il 1230.Il Problema è che il nostro Bitonci se n’è dimenticato il giorno dopo. Come a dire, passata la festa ”gabbatu lu santu”.

Autore:
Albino Michelin
02.07.2014

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