domenica 5 luglio 2015

EROISMO SICILIANO: LA VERITÀ VIVE

Partanna, paese di 12 mila abitanti all’incirca in provincia di Trapani, posto in collina fra la valle del Belice e il mare, è famoso in tutta Italia e anche nel mondo per le sue cantine vinicole e i suoi oleifici di pregiata esportazione. Miracolato e benedetto se nemmeno il terremoto ce l'ha fatta a buttarlo giù in quella notte di gennaio 1968. Bello a visitarsi con i suoi gioielli barocchi racchiusi dentro le mura del castello normanno. Ma anche lì i figli di padri zappatori sono tutti a spasso, benché tutti intellettuali e professori.
A Partanna ci ero capitato per caso venerdì 31 luglio 1992 e mi ero soffermato più del previsto per assistere ad un funerale. Non ne sapevo nulla, chiesi informazioni. Si trattava di Rita Atria, suicidatasi a Roma, gettandosi dal settimo piano del Palazzone di Via Amelia 23. La bara non fu portata in chiesa, la cerimonia venne celebrata al cimitero, non c'era la banda a suonare l'Ave Maria di Schubert come da Rita desiderato nel suo diario, poca gente, atmosfera pesante e diffidente. Don Calogero Russo, parroco della matrice, officiante di turno, sbanda, si dilunga a parlare sul suicidio, un grave peccato, aggiungendovi poi considerazioni fuori luogo sulle depressioni della ragazza, a tal punto che un gruppo rappresentativo di 12 donne del digiuno provenienti da Palermo interruppero il predicatore gridando: "Rita non ha peccato, Rita ha parlato".
Due settimane più tardi lo stesso sacerdote fece circolare un foglio ciclostilato con furibonda arringa contro la stampa che aveva infangato il buon nome di Partanna e contro i giornalisti, un centinaio presenti al commiato funebre, colpevoli di aver esportato in tutto il mondo un immagine negativa del paese. Anche quest'anno 2004 ci sono ritornato, ho visitato la tomba di Rita, sulla sua lapide una semplice pietra di marmo assai eloquente, baciata dal vento del Sud: "La verità vive". Di fronte a messaggi del genere e conoscendo la storia del tanto sangue sparso e degli eroismi compiuti, non si può che mettersi in ginocchio e pregare perché a Partanna e in tutto il mondo l'odio e i segni di morte possano essere sconfitti.
                                                Rita per 17 anni mangia pane vendetta
Era nata in Via Pergole 24 nel 1974, in una famiglia coinvolta fino al collo nelle cosche mafiose. I muri della sua casa erano da sempre tappezzati di foto di gente d'onore e di picciotti. All'età di 11 anni le portarono a casa il padre (Don) Vito crivellato da colpi di mitraglietta, e sei anni più tardi il 24.6.91 la stessa sorte toccò al fratello Nicola, freddato davanti alla sua Pizzeria Europa nel paese di Montevago, 14 km di distanza. La moglie di questi, Piera Aiello, decise di collaborare con la giustizia e passò dunque dall'altra parte, saltò il fosso. Rita maturò la stessa scelta. Era stanca di assistere ad un viavai in casa sua in cui altro non si parlava se non di codici d’ onore. Regola d'oro, fra padrini o fotti o sei fottuto, un uomo d'onore non esce di scena. O resta nel giro di quelli che contano o crepa. Primo comandamento del sottobosco mafioso: essere uomini, non ominicchi o quaqquaraqua". Rita non sopportava più di essere prigioniera di questo giro dei "malacarne". Ragazza dalla testa dura e coraggiosa esce di casa e a 17 anni si iscrive all'Istituto Alberghiero di Sciacca, vuole cambiare vita. Entra in collisione con la madre, donna che Rita scriverà non volerla vedere nemmeno ai suoi funerali perché rinnega gli affetti familiari per quelli mafiosi. Donna che appunto, perché fedele più al codice d'onore che a quello materno, rinfaccia alla figlia che non avrebbe nemmeno dovuto venire al mondo, che l'aborto non è riuscito perché il padre si è interposto, che non deve immischiarsi di nulla, non deve dire fesserie, non fare la spiona.
Rita è una ragazza orgogliosa ma coraggiosa, travagliata fra il nuovo e il vecchio, al bivio fra la tradizione di omertà e la voglia di cambiare, non si arrende. All'inizio di novembre del 91 si presenta alla pretura di Sciacca, decide di parlare e di collaborare essa pure come la cognata Piera con la Giustizia. Denuncia tutto quello che aveva sentito all'interno della sua famiglia protetta e prediletta dai padrini locali. Elenca i nomi di uno ad uno di tutti i picciotti, mandati, mandanti, commissionati e committenti. Salta fuori tutto e di più: Partanna, città mattatoio fra il 79 e il 91, una ventina di persone, rimaste sul selciato, una faida che coinvolgeva le famiglie più insospettate. Mezzo paese messo agli arresti, posto in manette, girato in galera. Rita passa sotto la protezione del Giudice Paolo Borsellino, il quale per garantirle l'incolumità personale la consiglia di trasferirsi a Roma, come di fatto avvenne alla fine di novembre del 1991. Di lì, insieme con la cognata Piera, poté scrivere anche il suo diario che è un messaggio. "Come è bello essere fuori dal caos di Partanna, un paese di vedove e di orfani come me, come è bello essere puliti, sentire che non devi dire bugie. Non ce l'ho con i partannesi, ma con le vedove che non vogliono parlare. La Sicilia è un paese che muore". In un'altra pagina del suo diario 14 marzo 92 scrive: "L'unica speranza è non arrendersi mai. L'unico modo per cambiare è rendere coscienti i ragazzi perduti nella mafia che al di fuori c'è un altro mondo fatto di cose semplici. Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo". Ma, come noto, il 19.7.92 il giudice Borsellino del Pool antimafia viene assassinato. Ecco le ultime righe di Rita: "Prima di combattere la mafia devi farti un autoesame di coscienza e poi dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi. .. ". Poi la fine di Rita, anni 18. Morta non di solitudine, ma di mafia.
                                                               Rita, eroina inutile?
Nel maggio 2004 in occasione del 12° anniversario della strage di Capaci (uccisione di Falcone) l'Università di Palermo ha distribuito un'inchiesta fra 135 ragazzi. Risultati devastanti: Falcone, Borsellino, ecc. eroi inutili perché si sono fatti ammazzare. Meglio farsi gli affari propri che denunciare a uno sbirro ... Chi denuncia a uno sbirro è uno spione perché si schiera con le autorità e ne diventa complice ... Chi vuole immolarsi, per gli altri è un eroe stupido ... "Cu joca sulu, nun perde mai" (Chi gioca solo non perde mai). Desolante, ma c'è di più: alcuni membri del clero trapanese a fine luglio dissero: Rita è un caso gonfiato, è una romanzata sostenuta da alcune "cornacchie" di Palermo (donne antimafia). Probabilmente non è nemmeno morta, al cimitero al posto suo potrebbe esserci chissà chi...  "Bella sta chiesa siciliana, molto loquace e dalla parlantina facile". Proprio alla scuola del Cardinal Ruffini che negli anni 70 sosteneva che un mafioso vale più di 100 comunisti. Quello frequenta la chiesa ai primi banchi, questi la vogliono distruggere. Sullo stesso tono mi raccomandarono alcuni ben noti esponenti del paese: “stia cauto a scrivere su Rita Atria. E' una povera ragazzina montata eroina".
In tanta notte però la piccola luce di Rita brilla ancora. In effetti la piazza di Partanna prima Vittoria, poi Garibaldi, ora è dedicata a Rita Atria. Anche quest'anno a Roma in Via Amelia 23 il Gruppo di Don Ciotti e altri movimenti il 26 luglio si riunirono per una celebrazione ed un impegno, così pure sulla sua tomba di Partanna le donne "del digiuno" di Palermo. Segno che c'è gente a distanza di anni che non si arrende all'impotenza, alla logica mafiosa, alla sopraffazione, all'onorata società, all'illegalità. Un'opinione alla chiesa siciliana? Non ci sono soltanto i martiri per la fede cristiana e per Gesù Cristo da festeggiare e nelle feste patronali da esaltare a suon di cannonate e fuochi d'artificio. Vi sono anche i martiri per la libertà e la dignità di tutti gli uomini. Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, Mattarella, Livatino, Vitale, La Torre, Rita Atria, voi siete i martiri del mondo nuovo, anche se nessuno vi metterà sugli altari. Dai Rita, anche tu, non mollare, stellina di Partanna, gridalo sempre a tutti: "La verità vive!".

Autore:
Albino Michelin
15.10.2004

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